“Sono morti”, tuona Beppe Grillo in riferimento ai partiti. Ma non è che le trasmissioni di dis informazione televisiva stiano molto meglio. Santoro, chi era costui? Sparito il suo nemico numero 1, Berlu, il suo Servizio Pubblico ha perso ogni interesse. Soliti ospiti, solite banalità, ore di vuoto pneumatico per arrivare a gustare qualche vignetta di Vauro. Davvero poco. E il post sovietico Floris? Vive sul traino di Crozza, su servizi a volte intelligenti, e poi crolla nelle banalità da studio, di nuovo con la compagnia di giro dei soliti noti ed insopportabili, per arrivare alle comiche finali degli sbarellamenti di Pagnoncelli con dati a cui crede solo lui. E le Invasioni barbariche della Bignardi in Sofri? La nuora di Adriano Sofri, condannato come mandante dell’omicidio Calabresi (condannato in via definitiva, come amano ricordare i politicamente corretti a proposito di Berlu), si permette di chiedere ad un parlamentare grillino come ci si senta ad essere figlio di un fascista (nato alla fine della guerra, dunque in realtà missino e non certo un combattente della Rsi), e tutto va bene.
Ma quando sul blog grillino qualcuno chiede a Bignardi come ci si senta ad essere la nuora di uno condannato in relazione ad un omicidio, i difensori della comunicazione a senso unico insorgono: “aggressione intollerabile”, “attacco inaudito”, “fascisti”, “picchiatori mediatici”, “squadristi”. Il solito ricorso ai due pesi e due misure. Ma, al di là delle polemiche, che ascolto ha la Bignardi? Ed i suoi numi tutelari? Ascolti complessivi in continuo e drammatico calo. Certo, gli investitori pubblicitari continuano a pagare per gli spot che accompagnano queste trasmissioni. Perché i responsabili della comunicazione fanno parte dello stesso mondo radical chic e non si rendono conto di quanto stia succedendo. D’altronde i consumi calano ed i prodotti che compaiono negli spot si acquistano sempre meno, ma gli esperti proseguono a regalar denaro a trasmissioni senza pubblico. Sino a quando? Probabilmente sino a quando gli altri, gli esclusi, non capiranno a loro volta che un vecchio mondo è finito, è cambiato il mondo ed è cambiato il modo di comunicarlo.
E’ il momento di nuove iniziative, di nuovi progetti. Realizzare una tv, sul web o con il digitale, costa sempre meno. Costa la frequenza, per il digitale. Ma ci sono moltissime emittenti locali sull’orlo del fallimento. Prive di soldi perché, in precedenza, prive di idee. Con padroni ottusi che, di fronte al disastro, non cercano partner per ripartire sulla base di nuovi progetti, ma cercano polli da spennare a cui affittare a caro prezzo un canale che nessuno vede. Quanto potranno resistere in questa situazione? Possibile che nessuno abbia il coraggio di investire per rilanciare l’emittente? Eppure gli spazi ci sono, e tanti. La Rai sopprime il programma di informazione sulle montagne e nessun privato raccoglie la sfida?
Una sfida che potrebbe essere raccolta anche dalle tv sul web. Sempre più viste, sempre più importanti, ma frammentate. Occorre passare dalla trasmissione vista da un ristretto numero di appassionati ad una emittente che faccia opinione, che diventi sede di confronto al di là dei confini provinciali o regionali. Il momento è quello giusto, le chiacchiere dei soliti noti sulle solite tv hanno stufato, i costi per nuove iniziative si sono ridotti, un pubblico sempre più vasto si sente privo di una informazione credibile e di riferimento. C’è un vuoto, ma tutti i vuoti vengono, inevitabilmente, riempiti. Si può lasciare che a riempirli siano gli stessi che li hanno provocati. Oppure si può scegliere di avere coraggio.