Tre…due…uno…partiti!. Anzi falsa partenza, scappano tutti inseguendo il britannico che però è partito prima dello sparo…tutti tranne uno, Jacobs, fermo al blocco 3, in posizione e concentrato. Chiuso in se stesso quasi in un momento mistico di meditazione, in cui ripercorreva centimetro dopo centimetro quella pista, quei 100 m che l’avevano già consacrato come miglior centometrista nella storia olimpica italiana: prima qualificazione in finale e record europeo. Il sudore, la fatica, gli allenamenti a rincorrere le macchine, tutto racchiuso in soli pochi metri, metri che fanno tutta la differenza del mondo tra l’epica e la tragedia. Quando si pensa all’atletica si pensa inesorabilmente alla gara dei 100m piani, perché concentra in sé l’emozione e il brivido della velocità, la gara che consacra l’uomo più veloce al mondo. Questi saranno stati i pensieri che scorrevano nella testa di Marcell Jacobs mentre tutti gli altri si riposizionavano sui blocchi, tutti tranne l’atleta britannico, ormai squalificato. La corsia 4 vuota si diceva potesse essere uno svantaggio perché avrebbe costretto l’italiano a confrontarsi visivamente con lo statunitense Kerley, ma la concentrazione catartica di Jacobs sembrava comunicare ben altro.
Momenti di silenzio prima dello sparo che poi arriva e l’italiano parte benissimo, inizia ad aumentare la falcata e procedere dritto senza mai distogliere lo sguardo dal traguardo che secondo dopo secondo sembrava essere sempre più vicino. Ultimi metri e Marcell guarda la corsia 4, vede che ha mezzo metro di vantaggio e passa il traguardo. 9’’ 80. Primo. L’uomo più veloce al mondo è italiano e registra il decimo tempo nella storia delle finali olimpiche sui 100m. Da non avere mai avuto un’atleta in finale nei 100m, abbiamo il campione olimpico tinto d’azzurro.
Corsa trionfale fino al capitano, Gimbo Tamberi, pronto ad abbracciarlo rigonfio di una gioia infinita, sia per la vittoria dell’amico che per la propria. Ah sì, perché pochi minuti prima, Tamberi aveva iscritto il proprio nome nell’Olimpo, classificandosi primo pari merito con l’amico-rivale Barshim, nel salto in alto. Peccato che l’ultimo salto valido di Tamberi sia stato 2.37m, superato di almeno 5-6 centimetri in scioltezza. Ma alla fine che gli importa e che ci importa? Gimbo, il supereroe che riesce a saltare più alto di tutti ha riscritto la sua storia personale, dando un senso alle notti insonni, alla sofferenza patita e agli infortuni. Vedersi strappare u’ olimpiade per un infortunio è tremendo.
E dover aspettare non 4, ma ben 5 anni, restando al top della competizione, beh, non è propriamente una passeggiata. Invece, il nostro eroe si è andato a prendere Tokyo, con lo stampo del gesso che gli aveva rovinato la carriera solo pochi anni fa, quasi a far vedere anche alla sfortuna di cosa è capace un uomo quando combatte per un sogno, per andarsi a prendere la propria vita nascosta tra allenamenti e dedizione. E in quelle urla e quel pianto del capitano, c’è tutto, c’è la vita, c’è la sofferenza, c’è la liberazione e anche l’orgoglio per sé e per l’Italia. E se tutti gli atleti, anche di altre nazioni ti vengono ad abbracciare e a complimentarsi vuol dire che oltre un grande atleta sei un grande uomo. E altresì non potrebbe essere data la carica che Jacobs stesso ha confessato di aver ricevuto avendo visto l’oro del suo amico e compagno Tamberi.
Oggi 2 agosto, siamo tutti convinti di aver assistito, ieri, alla giornata più sensazionale delle olimpiadi per la storia italiana e di avere due nuovi supereroi di cui narrare la gesta ai posteri: Gimbo, l’uomo che salta in cielo e Crazylongjumper (come Jacobs si chiama su Instagram), il fulmine azzurro.