Nell’immaginario collettivo, al di là di ogni approfondimento e conoscenza più o meno diretta, la spada è sicuramente tra i simboli più conosciuti ed evocativi dei Samurai, gli antichi guerrieri del Sol Levante. Quanto alle arti marziali, che anche nel loro declinarsi più moderno hanno comunque tutte legami strettissimi con la tradizione, la spada e la Via ad essa connessa si articolano in più discipline, che andremo in questa sede brevemente ad illustrare.
Il Kendo (letteralmente “Via della Spada”) nasce come evoluzione delle tecniche di combattimento con la katana anticamente utilizzate dai guerrieri giapponesi nei campi di battaglia (dette kenjutsu). Fin dall’antichità l’uso della spada – insieme all’equitazione e al tiro con l’arco – era considerato la base della preparazione militare dei samurai. In seguito, anche in conseguenza del divieto di pratica di arti marziali tradizionali dopo la sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra mondiale, la disciplina si è trasformata – pur mantenendo le sue radici e il suo significato – in quello che è il kendo moderno, legandosi con più profondità ed evidenza allo zen e acquisendone aspetti spirituali e filosofici. Vale, a tal proposito, quanto illustrato in un documento della Confederazione Italiana Kendo in cui si precisa tra l’altro che “lo scopo della pratica del Kendō è: formare la mente ed il corpo; coltivare uno spirito forte e, attraverso un addestramento corretto e severo, sforzarsi di progredire nell’arte del Kendō; tenere in considerazione la cortesia e l’onore; associarsi agli altri con sincerità e ricercare per sempre il perfezionamento di sé stessi”.
Per tracciare brevemente un quadro sintetico e concreto della disciplina in questione (avremo modo, nelle puntate seguenti di questa rubrica, di approfondire alcuni aspetti relativi alla spada giapponese nelle sue multiformi e variegate caratteristiche sia quanto alla pratica sia quanto a tutto ciò che è legato alla stessa), possiamo dire che innanzitutto che nel kendo si usano spade di legno (bokken) per i kata e spade di bambù (shinai) per i veri e propri combattimenti – consistenti nell’esecuzione di diverse tecniche – durante i quali i praticanti, sopra all’abbigliamento da keiko (pratica) composto da giacca (keikogi) e gonna pantalone (hakama), indossano un’armatura (bogu) composta da elementi separati che proteggono testa (men; si indossa sopra ad un fazzoletto di cotone chiamato tenugui, avvolto attorno alla testa), tronco (do e tare), mani ed avambracci (kote).
A proposito della diffusione del kendo (praticato da uomini e donne), in Giappone questa disciplina ha più di un milione di praticanti ed è anche insegnato nelle scuole e nelle università. Moltissimi i kendoka (o kenshi) anche nel resto del mondo: quanto all’Italia, i praticanti di Kendo (insieme a quelli di Iaido, Judo e Naginata) sono raccolti nella Confederazione Italiana Kendo
Parallelo al kendo e ad esso intimamente connesso c’è poi lo Iaido, anch’esso legato alla tradizione dei samurai e anch’esso nato dall’evoluzione delle pratiche militari sui campi di battaglia poi influenzate dal pensiero zen. Per comprendere il significato di questa antichissima disciplina marziale, riportiamo la descrizione che se ne fa nel sito della Confederazione italiana kendo: “lo iaido è l’arte dell’estrazione della spada, ma letteralmente significa via (do) dell’unione (ai) dell’essere (i). Scopo ultimo di questa disciplina, infatti, è la perfetta e armonica unione con sé stessi e con l’Universo. Storicamente lo iaido trovava applicazione nei duelli tra samurai dove la morte di un contendente (o di entrambi) solitamente avveniva dopo uno o al massimo due scambi. Ovviamente in tali condizioni l’abilità tecnica richiesta era massima e infatti era altresì possibile che un duello si concludesse anche solo con l’estrazione della spada ed il successivo singolo fendente. Ecco quindi spiegata l’importanza fondamentale dell’arte dell’estrazione della spada nella vita dei samurai”.
Lo iaido, la cui essenza è sintetizzata nel motto “vincere con la spada nel fodero” (cioè dimostrare una forza e capacità tali da indurre l’avversario ad abbandonare la battaglia ancora prima di cominciarla) è praticato da uomini e donne senza limiti di età. Come nel kendo, i praticanti indossano una giacca (iaido-gi) e una gonna-pantalone (hakama) a cui si aggiunge una cintura (obi) e utilizzano una spada in lega metallica non affilata (iaito).
A proposito della pratica, consiste nell’esecuzione di 12 kata (forme) di base, stabilite dalla All Japan Kendo Federation (associazione giapponese di riferimento). In seguito, acquisita la padronanza di tali kata, è possibile passare allo studio dei vari stili antichi delle diverse scuole.
Quanto alle discipline legate alla spada è da citare, infine, il Battodo, che mira ad insegnare ai praticanti il reale uso della spada, al quale sono connessi, essendo anch’esso una “Via”, elementi filosofici e spirituali. Tra essi, in primis, il combattimento contro sé stessi, che porta ad affrontare e superare i propri limiti.
Dedicarsi a quest’arte marziale, infatti, significa educare la mente e il proprio io interiore attraverso una pratica costante di ricerca finalizzata al progressivo e continuo miglioramento di sé stessi. Una pratica fatta di concentrazione, costanza, sacrificio, controllo delle emozioni, delle paure, dell’orgoglio e della volontà di apparire.
Il Battodo prevede inizialmente lo studio di tecniche di base (kihon) per passare poi ai kata (forme), eseguite con una spada di legno (bokken) o di acciaio (iaito). Solo dopo, quando cioè il praticante è divenuto a detta del suo Maestro sicuro ed esperto, si arriva all’esecuzione dei tagli con una spada affilata (shinken) su un makiwara (fascina di paglia). Tagli che sono – si legge in diversi blog a tema – la conseguenza logica e naturale della tecnica acquisita: devono infatti essere volontari, coscienti, premeditati e non casuali ed avere precise caratteristiche legate alla direzione e angolazione dell’arma e al controllo della stessa (giusto dosaggio di leggerezza e forza).