Il tumulto scatenato dalla Superlega ha messo a nudo l’ipocrisia di un mondo che pare essere agli sgoccioli e che di sportivo non ha veramente più nulla.
Per quanto ritenessi sbagliato il concetto elitario ed esclusivo della super-competizione, non si può negare la libertà a dei club di poter organizzare il proprio torneo con le proprie regole perché in difficoltà (economiche o organizzative). Un alienabile principio di associazione e di libertà che avrebbe consentito un decisivo passo in avanti verso un calcio forse definitivamente sdoganato dallo sport e tendente alla pura economia, come però d’altronde sta già diventando.
Il negativo fondamento di questo altro calcio che si sarebbe andato a creare era e sarà sicuramente il futuro anche del calcio protetto strenuamente dalla UEFA, i cui connotati di organizzazione di stampo pseudo-mafiosa si vanno delineando sempre più saldamente. Se in un primo momento Ceferin, sembrava il paladino della giustizia e dell’uguaglianza, le successive minacce, derisioni ed attività punitive sembrano ricalcare quelle di un dittatore spietato e cieco che fa solo i propri interessi a scapito di tutto. E’ veramente un calcio meritocratico quello che vede andare in finale squadre come il Manchester City che spendono 2 miliardi di euro in campagna acquisti e non sono mai soggette a Fair Play finanziario, che invece attanaglia le squadre non di vertice? E’ un calcio coerente quello che vede sempre le solite squadre contendersi i tornei internazionali in virtù di un potere economico ormai saldo e inavvicinabile? Che fine ha fatto il Nottingham forrest? Che fine hanno fatto le favole di Porto e Monaco?
Quella che pareva essere una difesa strenua per il calcio del popolo però altro non è che una difesa degli interessi del calcio dei potenti mascherata dalle nefandezze della UEFA, un’organizzazione capace di fagocitare ogni singola briciola di ogni club e nazionale e non attaccare chi è molto potente. E se federazioni come quella inglese possono ancora concedersi il lusso di essere dalla parte del tifoso, perché economicamente stabili, le società nel resto d’Europa e, principalmente in Italia, sono schiave del denaro e della Televisione a tal punto da rinnegare i principi di meritocrazia invocati fino a qualche settimana fa: rendere la Coppa Italia (competizione di dubbio gusto e appeal) un torneo elitario per le sole big del calcio italiano (serie A e serie B) ne è l’ennesima conseguenza. Perché senza gli introiti della tv quale è il destino delle squadre italiane?
È giusto negare al tifoso del Pordenone il sogno di vedere la propria squadra giocare a San Siro? Ormai il calcio sembra destinato a morire e così la sua poesia, in virtù di illusioni e ipocrisie che soffocano la vena creativa dello sport più seguito al mondo.
Per ricominciare servirebbe davvero una nuova lega, fatta di gente che preservi il valore morale e sportivo del calcio e rinneghi questo grattacielo fatto di macerie e schiavitù.