Maresca è nome (anzi, cognome) caro a chi tifi Juventus. Nel febbraio del 2002, in un derby della Mole conclusosi 2-2, il centrocampista bianconero Enzo Maresca segnò il gol del definitivo pareggio e immediatamente dopo festeggiò in un modo entrato a far parte della mitologia juventina, ovvero mimando con le dita, in maniera irridente, le corna di un toro. Il cognome Maresca, al contrario, risulta quanto mai indigesto a interisti e milanisti, ma non a causa del succitato Enzo, bensì del quasi coetaneo Fabio, il quale calca i campi della serie A non in veste di calciatore ma di arbitro. Agli occhi di nerazzurri e rossoneri, il direttore di gara napoletano si è macchiato in questa stagione di due imperdonabili colpe, vale a dire espellere per proteste l’allenatore dell’Inter, Antonio Conte (che aveva misuratamente reagito a una prima ammonizione con l’ormai celebre “Sei sempre tu, Maresca, sempre tu…”), e quindi, sabato scorso, il totem milanista Ibrahimovic. Delitti di lesa maestà che però, curiosamente, non hanno indignato soltanto le due compagini meneghine e i loro sostenitori, ma anche gli organi di informazione – sportivi e no – e a quanto pare persino i vertici arbitrali, se è vero che il giorno successivo ai due episodi si è potuto leggere e ascoltare dappertutto che Maresca, per punizione (di quale colpa, al di là delle battute, non si è tuttavia capito), non avrebbe più arbitrato per parecchio tempo prima l’Inter e poi il Milan. Ora, è del tutto evidente che questa pratica del tenere lontano da una squadra, a tempo indeterminato, un arbitro a essa sgradito sia assolutamente sconveniente, perché autorizza l’osservatore esterno a sospettare una sudditanza degli arbitri nei confronti dei club. Ma ancor più disdicevole è il fatto che tale potere di veto sia appannaggio esclusivo di Inter e Milan. Non risulta infatti che altre società lo abbiano finora esercitato.
Visto il precedente di Maresca con i nerazzurri, e prima ancora quello di Orsato (tenuto a lungo lontano dall’Inter per non avere inflitto il famigerato doppio giallo a Pjanic nel 2018), ero per esempio sicuro che, dopo il recente disastroso arbitraggio in Juve-Benevento, dannosissimo per i bianconeri, il direttore di gara Rosario Abisso sarebbe stato posto a distanza da Madama per un bel po’ di giornate (e lo stesso discorso, quest’anno, si potrebbe fare a proposito di numerosi altri arbitri che hanno diretto match della Vecchia Signora). Invece non è successo nulla e il designatore Nicola Rizzoli se n’è rimasto bello tranquillo assieme ai suoi collaboratori, forse perché troppo occupato a spropositare intorno a Calciopoli.
Insomma, io preferirei che questa prassi della ricusazione di un arbitro indesiderato (a torto o a ragione) non valesse per nessuno; ma se proprio deve valere, allora che valga per tutti e non soltanto per le squadre di Milano.