Mauro Bellugi giocava in serie A e nella Nazionale portando al collo un medaglione col volto di Mussolini. Si sapeva e ciò a parte del pubblico non piaceva. L’altra parte era indecisa se tifare per la propria squadra o per lui per via del Duce…
“Incerto su chi e con quali intenzioni l’avrebbe atteso fuori dagli spogliatoi alla fine delle partite, Bellugi girava armato. Arrivò a Genova – ricorda Maurizio Cabona – col Bologna ed estrasse la pistola. Un carabiniere, che sapeva e che lo marcava stretto, gli impedì di sparare a un tifoso di casa, poco cordiale. Quarant’anni dopo Bellugi era ancora ammirato per i pronti riflessi del carabiniere, anche perché l’episodio restò confidenziale”.
E lei come lo ha saputo, signor Cabona?
“Molti anni dopo me lo ha detto Bellugi stesso”.
Eravate amici?
“L’ho incontrato solo due volte: alla prima me ne ha parlato”.
Lei raccoglie insolite confidenze…
“Sì, soprattutto perché non le cerco”.
Mi spieghi meglio.
“Nel 2008, al Centro Svizzero di Milano, conducevo I Lunedì del Giornale, incontri in pubblico con celebrità”.
E aveva invitato Bellugi!
“No, avevo invitato Gigi Rizzi per la ristampa delle sue memorie su Brigitte Bardot e su altre conquiste. Titolo del libro, curato da Giangiacomo Schiavi: Ho ammazzato Gigi Rizzi. Bellugi era tra il pubblico”.
Rizzi e Bellugi si conoscevano?
“Certo Bellugi non era venuto per me”.
E poi che cos’è successo?
“l pubblico si è divertito. Ma Rizzi diceva e non diceva”.
E allora Bellugi ha estratto la pistolaper uccidere Giri Rizzi?
“No, non ha estratto nulla. Pensi che io ero genoano, come quel tifoso poco cordiale. E accanto a Bellugi non c’era alcun carabiniere. C’era Tomaso Staiti”.
E allora?
“… Staiti ha ascoltato Rizzi e me, come ha fatto Bellugi”.
Come siete arrivati alla confidenza di cui mi ha detto?
“Siamo andati a cena: al ristorante ci ha raggiunti Mario Corso”.
Vecchie glorie dell’Inter, unitevi!
“Staiti tifava per la Juventus”.
Una cena tra uomini di mondo.
“Bellugi e Corso non si vedevano da un pezzo”.
Una serata di rimembranze?
“Anche. Corso aveva segnato l’unico suo goal di testa proprio a Genova e contro… l’Inter. Bellugi, che allora era al Bologna, non lo ricordava: ‘Tu hai segnato di testa?’ Corso rise. Il sottinteso era che Corso non era un gigante”.
Niente politica?
“Rizzi e Staiti erano colleghi nella mondanità, Bellugi e Corso colleghi nell’Inter, nella Nazionale e nel calcio in genere. Credo che quello più a sinistra tra loro avesse votato Dc”.
Mentre lei…
“… Io li ascoltavo”.
Veniamo al secondo incontro con Bellugi.
“Fine gennaio 2013, Castellanza, provincia di Varese. Giacomo Airoldi, interista, festeggia il compleanno del Circolo 13 Gennaio. Tra i relatori, con Stenio Solinas e Armando Torno, Bellugi e io”.
E qui avrete parlato di politica.
“E di storia. Bellugi racconta episodi non noti della sua carriera di calciatore, che coincide cogli anni di guerra civile strisciante dell’Italia. Lascia capire che, all’occorrenza, non si tirava indietro né come atleta, né come cittadino”.
E il pubblico?
“Applaude. Anche juventini e milanisti applaudono”.
Erano lì con le bandiere o lei li conosceva tutti?
“C’era tanta, tanta gente: c’era perfino mio figlio! Conoscevo i più sensibili alle contrapposizioni degli anni ’70 – ’80”.
Insomma, le due serate con Bellugi & C. sono…
“… Sono state, come quelle con l’avvocato Peppino Prisco, tra le più belle della mia vita pubblica”.
Bel ricordo.
Bei ricordi! Vorrei aggiungere che, come ho appreso dall’amico Giuseppe Duvina, Bellugi era anche guardia d’onore dell’Istituto nazionale delle Guardie al Pantheon, ente morale fondato nel 1878, di ovvia ispirazione monarchica, di cui fecero parte molti decorati al valor militare, come Durand de la Penne e l’attuale tenente colonnello Giuseppe Paglia, rimasto paralizzato in Somalia, poi deputato e sottosegretario alla Difesa, oltre a caduti nelle missioni di pace, come il vicebrigadiere dei Carabinieri Giuseppe Coletta, perito nell’attentato di Nasiriyah. Oltre che per il Duce, Bellugi aveva simpatie anche per il Re.