Ancora qualche considerazione sul virus che ci ha cambiato la vita (e ha invaso gran parte dei palinsesti di tv generaliste e non, specie nella categoria “servizi giornalistici” e “talk show”). Intanto, una premessa: credo nel Coronavirus e nella sua diffusione e perfino nella sua pericolosità; osservo tutte le misure precauzionali che ormai da mesi vengono propagandate da tutti i mass media: indosso la mascherina (perfino nelle passeggiate tardo-serali col mio cane); cerco di osservare la legge del distanziamento, avendo fra l’altro il privilegio di potermi astenere dal salire su di un mezzo pubblico; lavo e/o igienizzo le mani tutte le volte che entro o esco da un esercizio commerciale; esco poco (giusto il necessario, anche per la mia salute mentale). Insomma, sono tutto, meno che un “negazionista”.
Detto questo, non posso ignorare lacune ed esagerazioni dell’Informazione Pubblica. Ad esempio: non mi sembra venga dato alcun risalto agli indici di mortalità di questo Covid in rapporto alla popolazione, in Italia e nel mondo (le cifre diffuse, ma sottovoce, dagli Istituti e dagli Enti ufficiali oscillano fra lo 0,01% della Germania e lo 0,09% del Belgio) e meno che mai vengono evidenziati paragoni omogenei con altre patologie del presente e del passato, sia virali – influenze varie, tbc – che non virali (in particolare malattie tumorali e cardiovascolari), tutti malanni con i quali abbiamo imparato a convivere.
Mentre scrivo, continua a salire la curva dei contagi (ma anche quella dei tamponi effettuati), così come crescono i dati dei ricoveri, anche in terapia intensiva (tutti numeri, peraltro, molto lontani da quelli della tragica primavera scorsa, specie i decessi). Intanto, infuria la polemica politica: l’opposizione rimprovera al governo i ritardi e le insufficienze delle misure varate; il governo sottolinea l’ “antichità” dei problemi italiani, specie in materia di trasporti pubblici e sanità, comunque sbandierando i provvedimenti economici e sanitari adottati. C’è un aspetto che, a mio avviso, non viene messo in luce a sufficienza: i 40 miliardi risparmiati nel settore Sanità nell’ultimo decennio (chiusura di ospedali, tagli nelle assunzioni) sono diretta conseguenza delle draconiane direttive dell’Unione Europea, a cui si sono aggiunti i nostri vizi endemici, ad esempio quelli che hanno svilito la figura del medico di famiglia (fin dai tempi del film di Sordi “Il medico della mutua”) o quelli che hanno mortificato, in termini di retribuzione, i protagonisti di quel vitale settore, ora retoricamente indicati come “eroi”. Del resto, discorsi non troppo diversi andrebbero fatti per la scuola, con i professori ridotti al rango di travet e il patrimonio edilizio scolastico lasciato a deteriorarsi, in ossequio a illusori pareggi di bilancio.
E, sempre sul fronte della polemica politica, non si ferma quella riguardante il MES e le altre misure economiche individuate dall’Unione: navigare sempre più al largo nel mare dell’indebitarsi necesse est, ma raramente sono stati illustrati al pubblico (anche da quelli che agli “aiuti” europei sono contrari o semplicemente sono scettici) tutti gli aspetti del problema; ad esempio, che il MES è insidioso non tanto per l’oggi, quanto per il domani: se dovessero perdurare o ripresentarsi le attuali difficoltà, questo nostro creditore privilegiato – caratteristica che scoraggerebbe altri eventuali finanziatori chirografari – avrebbe diritto ad una “sorveglianza rafforzata”, da spingere fino alla pretesa di imporre nuove insostenibili tasse o nuovi peggioramenti del welfare. Del resto, gli stessi interventi a fondo perduto compresi nel “Recovery Fund” implicano un appesantimento delle contribuzioni e dunque delle imposte a favore dell’Unione da parte dei singoli Stati aderenti (e dei rispettivi cittadini contribuenti).
Di fronte all’emergenza, più d’uno torna ad agitare il fantasma dell’unità nazionale, con il governo che al massimo pretende di ottenerla con il mero coinvolgimento informativo (a costo di eludere il passaggio parlamentare), e l’opposizione ondivaga che, mentre sembra adombrare ipotesi di “Grosse Koalition”, subito dopo respinge ipotesi – peraltro mai formalizzate – di incarichi e poltrone. Manca la “visione”, si sente ripetere, manca ogni strategia. E questo, anche nella “guerra” contro il Covid: decisioni centralizzate o decentrate? Stato o Regioni e Comuni ad assumersi oneri? Scuole in presenza o a distanza? Palestre e attività sportive chiuse, limitate o aperte? Coprifuoco o lockdown parziale? E via enumerando problemi e soluzioni alternative, che avevamo avuto tutta l’estate per valutare. Si continua poi a elogiare il “caso italiano”, ma i numeri, via via che la stagione autunno/inverno avanza, cominciano a darci torto (e c’è l’esempio-Svezia, i cui esiti positivi nessuno ci ha ancora spiegato).
In questo mare in burrasca, ogni tanto sembra emergere una figura di politico e amministratore sulla quale fare affidamento, soprattutto a livello locale; ma le illusioni – e la popolarità – durano poco, di questi tempi, e le misure-tampone, tipo la proroga della cassa integrazione o del blocco dei licenziamenti, allontanano di poco l’uragano. E non saranno la chiusura anticipata di bar e ristoranti o i fucili puntati sulla movida a salvarci. Quanto a noi cittadini, non ci resta che tentare di conciliare prudenza e vita normale, sul filo di quella saggezza che nessun governo ci può dare sul terreno della vita privata, ma che dobbiamo pretendere su quello della vita pubblica.
Invece che sempre a pensare a indebitamenti e nuove tasse si potrebbe cominciare (sul serio) a risparmiare e senza toccare la sanità. Ad esempio annullare lo stolto Reddito di Cittadinanza, vari ammortizzatori sociali, i contributi alle cooperative ed a favore del Lumpen africano ecc.ecc.. La nostra è (anche) una Repubblica degli Sprechi fondata sull’Indebitamento e le Tasse Ingiuste.