Mala tempora currunt: sotto il fuoco dell’estate più torrida, il Covid sembra prendersi la rivincita su tutti quelli che ne pronosticavano l’indebolimento nella stagione del solleone e ritenevano imminenti le contromisure farmaceutiche. Vuoti gli stadi, piene le discoteche e le spiagge, i contagi hanno ripreso vigore da noi, ma anche di più nel resto del mondo. Il governo, per ora, sembra uscirne rafforzato, ma l’autunno batte alle porte, con il suo carico d’incertezze e di crisi (prima fra tutte, quelle del sistema scolastico) e con i nuovi appuntamenti elettorali.
La fine degli -ismi
Per il momento è meglio occuparsi ancora di calcio, in vista degli ultimi appuntamenti di questa anomala stagione senza altro pubblico che quello televisivo. Basso tenore di adrenalina, moderato interesse, malgrado la “caduta degli dei” evocata da Barbadillo. Il calcio, ad onta delle cifre da capogiro che continuano a girare (ma con tendenza al ribasso), sembra stanco. I profeti delle innovazioni tattiche sono stati sconfitti, e squadre come il Lione – ma anche il Siviglia, di cui si parla troppo poco – hanno dimostrato ai massimi livelli come il vecchio motto “prima non prenderle” paghi, quando si dispone di qualche onesto pedatore capace di sfruttare al meglio le poche occasioni create in contropiede.
Il buon vecchio gioco all’italiana
Gioco all’italiana, cioè, secondo il maestro Brera, aedo di Rocco e Trapattoni, gioco adatto a un popolo tropo spesso sotto dominazione altrui e fisicamente inadeguato, ma qua e là esaltato dal singolo eroe vittorioso, da Riva a Paolo Rossi, da Mazzola a Baggio (questi ultimi in verità poco vittoriosi in campo mondiale), da Cannavaro a Totti. Esempio sommo di questo calcio astuto e coriaceo (e vittorioso): l’Inter di Herrera e il Milan di Liedholm, che dai fortini assediati e comandati da Guarneri e Picchi e Cesare Maldini, grazie alle sortite e ai lanci geniali di Rivera, Suarez e Corso, colpivano e battevano gli avversari.
Delle analisi storico-antropologiche di Brera si sono dimenticati soprattutto gli addetti ai lavori, persi dietro alle pseudo geometrie dei nuovi guru, oggi in crisi.
Il fatto è che il declino parte dalle scuole calcio e dal diffuso disinteresse delle società per i settori giovanili: le prime, non insegnano più, per esempio, a saltare l’uomo e le seconde – le società – preferiscono investire a suon di milioni (spesso a debito) su talenti di paesi calcisticamente emergenti.
Un altro gioco
A questi fenomeni specifici della galassia calcio, si aggiungano processi in atto da tempo anche in altri campi, quali la prevalenza schiacciante della finanza e della TV, l’impotenza delle Federazioni nazionali (in politica, dei governi), la generalizzata avidità dei centri di potere (nel calcio, di procuratori, campioni e gregari), la mollezza dei costumi, l’ “infedeltà” eretta a sistema, le divaricazioni crescenti tra ricchi e potenti e i meno fortunati, insomma, si tenga conto di tutto questo, e molto della crisi attuale (del calcio e non solo) verrà spiegato.
Bel pezzo di cui condivido anche la chiusa finale, però da non amante del gioco all’italiana(che poi è più una mentalità secondo me ed anche molto poco onorevole) devo dire che non mi pare equilibrato esaltare queste squadre e questo gioco quando vincono un anno o due per qualche contingenza particolare per poi dimenticarsi che la storia del calcio e delle squadre vincenti è storia soprattutto di squadre dominanti e gioco offensivo: Brasile, Real Madrid etc Insomma non guardiamo a questi “casi” particolari di un annata strana come questa, guardiamo tutti gli anni precedenti chi ha vinto e facciamoci una domanda, non guardiamo solo il Lione di Garcia o L’Inter di Conte, ma guardiamo anche il Bayern dallo stile “gegenpress” o il Lipsia del trentatreenne Nagelsmann che non giocano certo di rimessa… L’Analisi deve essere completa se si vuole fare un quadro completo in quanto le eccezioni alla regola sono tali proprio perchè esiste una regola.