Le forze del centrodestra scenderanno in piazza il 2 giugno prossimo. Si tratterà di un importante evento politico che darà chiavi di lettura per interpretare quali saranno i rapporti di forza, ideali e non, sia interni che esterni allo schieramento. Ma per Pasquale Viespoli la piazza, da sola, rischia di trasformarsi in un boomerang. “Ci vogliono le idee. Per farlo occorre ripartire dalla stagione della destra di governo”.
La piazza non sia un bene rifugio
“La destra si ritroverà in piazza. Nell’attuale temperie che stiamo attraversando, la piazza ha un grande valenza simbolica e grande forza comunicativa. Ha senso se serve a dare spinta e dimensione popolare a una proposta forte di ricostruzione nazionale. Può dare la scossa, rappresentare un colpo d’ala, trasmettere energie positive per alimentare la speranza oltre le paure se serve a indicare la strada della nuova modernizzazione italiana. Altrimenti la piazza diventa una sorta di bene rifugio, una ridotta propagandistica per coprire un vuoto d’idee e soluzioni, quello che caratterizza quella che qualcuno ha definito la spirale “decadente” del sovranismo.
E la destra di oggi sta rinunciando a fare la destra, dimenticando un’intera stagione della sua storia, quella destra di governo. E lo fa in una fase in cui peraltro si aprono grandi spazi su grandi questioni che proprio alla cultura della destra sono congeniali”.
Sovranità senza (più) Stato.
“Sono passate praticamente inosservate due date. La prima di queste riguarda i cinquant’anni del regionalismo e il quasi ventennio della scellerata riforma del Titolo V della Costituzione. La pandemia ha avuto il “merito” di rimarcare il ruolo e la funzione dello Stato e la necessità di un riassetto costituzionale profondo, per recuperare la di una revisione di quella riforma del centrosinistra nel 2001 che ha determinato una frantumazione dell’entità statuale. L’articolo 114, difatti, ha messo sullo stesso piano tutti gli enti: Stato, Comuni, Regioni, Province, Aree metropolitane. È l’orizzontalità delle istituzioni che mortifica il ruolo dello Stato. E quindi si impone una considerazione: come si fa a parlare di Sovranismo se manca lo Stato?
In una recentissima intervista al Fatto Quotidiano, Gianni Cuperlo ha chiesto scusa per quella riforma orrenda che la sinistra fece – e potrei autocitarmi – per rincorrere l’elettorato leghista. La fece manipolando la Costituzione a fini elettorali. Per ammetterlo ci son voluti diciannove anni e una pandemia. Ma almeno a sinistra c’è stata una riflessione. Si è aperto un dibattito. Da destra, invece, nessuna riflessione anzi una sorta di appiattimento su una posizione di conservatorismo costituzionale e di difesa del parlamentarismo: verrebbe da dire si è passati da Carl Schmitt a Sabino Cassese”.
Il tema del lavoro sembra centrale. Eppure….
“La seconda delle date “scordate” dalla destra riguarda il 50esimo anniversario dell’approvazione dello Statuto dei Lavoratori. Cade, questa ricorrenza, proprio quando tutto intorno a noi pare dar ragione alle battaglie storiche della destra. Con la fine del liberismo e la crisi del mercatismo si inizia a invocare un ruolo più decisivo dello Stato.
Una destra che è stata al governo ricorda e rivendica il fatto che che per la prima volta al di fuori dei cancelli della grande fabbrica fordista, nelle aziende “sottosoglia”, la cassaintegrazione in deroga stata concessa grazie a un governo di centrodestra.
Ma ora si dimentica la stagione di una destra che si è posta l’obiettivo strategico dello statuto dei lavori, le questioni della democrazia economica e della partecipazione; in questa fase una destra che vorrebbe assolvere al suo ruolo dovrebbe rilanciare il modello partecipativo, l’idea comunitaria dell’impresa, studiare il tema delle nuove relazioni industriali in una fase di ricostruzione nazionale, un rapporto nuovo in cui capitale e lavoro superino il conflitto e cerchino vie nuove verso la partecipazione e la cooperazione”.
L’Italia riparte dal Sud.
“Non bisogna ripetere l’errore del 2008, quando tutte le risorse furono indirizzate sul centronord. Occorre uscire, una volta per tutte, da quest’idea della locomotiva che si trascina dietro il peso del Mezzogiorno. L’Italia riparte dal Sud.
Lo dice Fabio Panetta, membro del comitato di controllo della Banca centrale Europea, che, in una recentissima intervista al Corriere della Sera, ha parlato del Sud come di una miniera non sfruttata ma dal potenziale immenso. Bisogna trovare strumenti, come la fiscalità di vantaggio, e strategie per farla fruttare. E per farlo si deve trovare il coraggio di superare la frantumazione regionalistica, individuare luoghi di coordinamento a livello centrale e spendere, finalmente bene, i fondi a disposizione e accompagnare la macchina degli investimenti, dalle infrastrutture al digitale. Il Sud è stato cancellato dall’articolo 119 della Costituzione. Ora occorre ritrovare il coraggio di restituirgli centralità: senza il Mezzogiorno, l’Italia non può pensare a una ripartenza”.
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“È l’orizzontalità delle istituzioni che mortifica il ruolo dello Stato. E quindi si impone una considerazione: come si fa a parlare di Sovranismo se manca lo Stato?”: infatti, il modello federalista o similfederalista come quello attuale, non solo rende fragile l’unità nazionale ma rende impossibile qualsiasi discorso sovranista.
Anche in Spagna ci sono tre destre. Ma almeno una (VOX) scende in strada a protestare… Da noi il nulla…
Ma infatti il sovranismo non esiste. È una bubbola. E da noi gli unici populisti sono i vaffanculisti… Meglio rimuovere dal dizionario della ‘destra’ sovranismo e populismo. Andiamo a leggerci Scruton… Da noi, come ha detto qualcuno ‘la meridionalità deteriore il governo l’ha già dimostrata nei suoi atti: facendo stanziamenti a pioggia e senza visione strategica, puntando a dare assegni di sussistenza, spesso promettendo e neppure adempiendo’.
‘persone che hanno dell’economia una idea arretratissima, paleo-assistenziale’….
Viespoli dice bene, ma non troppo, sul regionalismo. Il regionalismo non è altro che una delle facce dell’antifascismo che ha frantumato l’Italia dandola in pasto a clericali e comunisti.
Poi sono venute le liberalizzazioni, lo smantellamento delle banche pubbliche ed il servaggio dell’Italia agli usurai europei (sono sempre quelli del 1939/1945: niente di nuovo).
Ed ora Viespoli dice che si dimentica la destra di governo.
Per fortuna, va detto, dimenticare che c’è stata al governo la più infame delle deformazioni del pensiero nazionale che si chiamava AN, è uno dei pochi fatti positivi.
Chi si ricorda che è esistito AN? Credo ben pochi.
Che poi si continui a parlare di destra, concetto che rappresenta il vuoto pneumatico, dimostra che non c’è nessuna volontà di fare, ma solo di partecipare al potere (che, per fortuna, sta marcendo).
A Lucià: dicci per chi voterai la volta prossima!
Bravo Luciano: hanno governato vent’anni a livello nazionale ,regionale, comunale e hanno fatto solo disastri. Infatti non ce n’è uno che ricordi una legge o un provvedimento di marca An , che abbia portato qualsivoglia beneficio al popolo.
Per Guidobono e Gallarò.
Come Buttafuoco potrei rispondere che senza il MSI non so chi votare, ma anche Buttafuoco dichiarò di votare Fiamma Tricolore ed io mi sono illuso candidandomi dal 1996 al 2005 proprio con MSFT.
Ora non mi illudo più, non voto anche perché le liste sono bloccate.
Gallarò dice una pura verità storica. Del resto, la scelta di stare con il trafficone Berlusconi ed i secessionisti della Lega, cosa poteva portare?
Inutile poi ricordare le follie liberiste di cui oggi paghiamo il conto con la svendita dell’Italia agli usurai europei e mondialisti.
Mi arrabbio quando, grazie alla pandemia, c’è chi rimpiange l’autarchia, le banche pubbliche, lo stato interventista.
È un vero peccato aver (quasi) sempre ragione, ma non potere fare nulla per convincere gli altri.
La Fiamma tricolore è stata, nonostante tutto, una bella esperienza; mi ha permesso di conoscere un sacco di persone in gamba. Era purtroppo molto eterogenea ; nonostante ciò riuscimmo a far perdere al centrodestra le elezioni del 1995 :Ora io sono iscritto a Cpi .ps x guidobono non l’ha detto il dottore di andare a votare , se non ci sono movimenti validi si sta a casa; la democrazia è solo voto di scambio e oligarchie.
“Infatti non ce n’è uno che ricordi una legge o un provvedimento di marca An , che abbia portato qualsivoglia beneficio al popolo.”: certo, AN non era né carne né pesce. Non a caso accettò di fare la fusione a freddo con Forza Italia per dar vita al PdL, che si rivelò di fatto un insuccesso a differenza di quella tra DS e Margherita che portò alla nascita del PD.
Ma se non si va a votare è come voti dati alla sinistra!