Tentando un gioco distopico, potremmo facilmente affermare, non senza il rischio di spararla grossa oppure, al contrario, di cadere nel banale, che ad un filosofo e teologo pentito come Friedrich Nietzsche, la musica rock non sarebbe affatto dispiaciuta. Nietzsche ha sparigliato indubbiamente ogni partita, qualsiasi fosse il gioco. Un asso lanciato senza troppe remore che porta con sé l’abolizione, oltre che la distruzione, di ogni sistema moralmente predeterminato. Lungi dall’iniziare una trattazione sull’autore di Così parlò Zarathustra, il suo pensiero prorompente e anti-sistemico si incastra alla perfezione con la potenza dionisiaca del rock. Matteo Palermo lo scioglie e lo divincola dal panorama accademico e cattedratico per trasportarlo in un bar, commentario e crocevia di ogni contemporaneità. Cantautore pugliese, esordisce con un album in lingua inglese, A Coffee with Nietzsche, in formato ep. Sei pezzi sostenuti e fluidi come una piastra bollente. Strumentalmente non ha nulla da invidiare ai Foo Fighters. Un ep d’esordio che offre al rock di contaminare il proprio contenuto con le riflessioni del filosofo adattate dalla mano del cantautore. Nietzsche entra volutamente in frizione con l’idea stessa di sistema, di struttura, di morale.
Manlio Sgalambro diceva che <<la musica leggera è la fattispecie dell’auto-dissolvimento della musica”. in anni di dissoluzione, in crisi di sonorità, l’ep di Palermo racconta e riproduce parti di sé, punti di contatto usciti indenni dal travolgere degli eventi che hanno reso il rock, ed i suoi derivati, vessilli opachi, vuoti e, ormai, liquidi esattamente come il modello sociale preconizzato da Zygmunt Baumann, anch’egli spesso piegato a bandiera, destino che è toccato anche a Nietzsche.
Utilizzando Nietzsche come spalla, come amico, come alleato, Matteo Palermo offre lo spunto per un ritorno a sonorità di inizio millennio che sciolgono i lacci dell’acredine e riconducono l’hard rock ad una dimensione di interesse, trasformandolo in una lente per leggere sé stessi slegati, almeno intellettualmente, dal superfluo del contesto.