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Barbadillo
Home Sport/identità/passioni

Calcio&Politica. Se il Boca Juniors lascia l’area liberista di Macri e passa con i peronisti

by Giorgio Ballario
23 Novembre 2019
in Sport/identità/passioni
1
La curva del Boca Juniors

Parafrasando Von Clausewitz, si potrebbe dire che in Argentina il calcio è la continuazione della politica con altri mezzi. A circa un mese dalle elezioni presidenziali che hanno incoronato il peronista Alberto Fernandez e detronizzato il presidente uscente Mauricio Macri, della destra neoliberista, quest’ultimo sembra debba ingoiare un altro boccone amaro. Una sconfitta che, ovviamente, andrebbe molto al di là della semplice gestione di un ente privato quale è un club sportivo.

La questione è l’imminente elezione della nuova dirigenza del Boca Juniors, squadra che contende al River Plate la palma di formazione più amata dell’Argentina, oltreché conosciuta e apprezzata anche al di fuori dai patri confini. Come in molti Paesi sudamericani e in Spagna e Portogallo, anche in Argentina i club sportivi di solito non sono di proprietà di un imprenditore o di un gruppo finanziario privato, bensì entità ad azionariato diffuso, in sostanza appartengono ai tifosi che periodicamente eleggono una dirigenza. Il Boca, ad esempio, ha 140 mila soci.

Dal 1995 il Boca Juniors era nell’orbita di Mauricio Macri, all’epoca solo rampante politico locale e figlio di un potentissimo e ricchissimo costruttore edile di origine calabrese. La gestione Macri, in prima persona e successivamente attraverso un uomo di fiducia, Daniel Angelici, è andata avanti per 24 anni con molti successi (17 titoli, di cui 11 nazionali), alcune battute a vuoto e parecchie polemiche (problemi fiscali e accuse di corruzione). E pareva destinata a proseguire, perché nei delicati e complessi giochi di potere dei mesi che precedono le elezioni (si vota l’8 dicembre prossimo) la coppia Macri-Angelici sembrava aver di nuovo messo insieme i numeri sufficienti per tornare a vincere nelle urne attraverso un altro uomo di fiducia, tal Gribaudo.

Riquelme idolo del Boca

Due giorni fa, però, è successo il patatrac. Ma non è successo a caso, si è poi venuto a sapere. Da mesi alcuni dirigenti del Frente de Todos, la coalizione neoperonista, e pare lo stesso Fernandez in prima persona, hanno lavorato sotto traccia per far emergere una cordata alternativa a quella di Macri, fino a sganciare la bomba: con la lista di Jorge Amor Ameal e Mario Pergolini si presenterà anche Juan Romàn Riquelme, uno degli ultimi idoli della Bombonera, il fantasista che dal 1996 al 2002 ha vestito la maglia gialloblù per poi tornare a indossarla, dopo alcuni anni al Barcellona e al Villareal, dal 2007 fino al 2014. In caso di vittoria, Riquelme – amato dai tifosi del Boca quasi quanto Maradona – ricoprirà l’incarico di vice presidente del club.

La candidatura del “Torero” ha già spostato gli equilibri e sembra che quasi due terzi dei soci xeneises abbiano intenzione di votare la lista Ameal-Pergolini-Riquelme, ripetendo nelle urne della società polisportiva più o meno il risultato elettorale delle presidenziali. Per Macri e i suoi sarebbe un’altra cocente delusione e soprattutto un gravissimo danno d’immagine: perdere anche il Boca Juniors, con i suoi milioni di tifosi e la conseguente passerella mediatica, per l’ex presidente argentino rappresenterebbe un colpo forse fatale, visto che pure all’interno del suo partito, il Pro, comincia ad esser messo in discussione.

Viceversa per Alberto Fernandez, che pure è tifoso dell’Argentinos Juniors, la vittoria di una cordata filoperonista alla Bombonera sarebbe in miglior viatico per la presidenza della nazione, che andrà ad occupare nelle prossime settimane.

@barbadilloit

Giorgio Ballario

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Tags: argentinaBarbadilloBoca Juniorsfernandezgiorgio ballariomacrìpoliticaRiquelme

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Comments 1

  1. Guidobono says:
    3 anni ago

    Forse una squadra di calcio non lascia un’area liberista o non, passa al ‘oficialismo’, come pure logico. Macri da Presidente de los ‘Xeneises’ (‘bosteros’ per las ‘gallinas’ de River…) mica faceva dell’antiperonismo militante e meno che meno suo padre Franco, imprenditore che sempre stava dalla parte del potere… Poi, ridurre la politica argentina ad una lotta tra liberisti ed antiliberisti non solo è una forzatura eccessiva, ma credo assai fuorviante. Saluti!

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