Abbiamo chiesto a Sandro Marano, scrittore e poeta ecologista, tra i fondatori di Fare Verde, di ricordare Paolo Colli nel giorno in cui Roma gli ha dedicato una via
***
Viale Paolo Colli. A 14 anni dalla morte, avvenuta per una leucemia contratta in Kosovo (dove era andato a portare aiuti ai bambini delle varie etnie coinvolti nella guerra), una strada di Roma, nei pressi dal parco archeologico di Tor Marancia strappato alla cementificazione, è stata inaugurata al fondatore di Fare Verde, l’associazione ambientalista “eretica” per le sue tesi di ecologia profonda, nata nel 1986. Come scrive in suo commosso articolo Gloria Sabatini su Il secolo d’Italia “’intitolazione arriva dopo oltre un decennio di burocrazia grazie alla costanza di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, un tempo militanti del Fronte della Gioventù insieme a Colli, a cominciare da Federico Mollicone, il primo a farne richiesta alla commissione toponomastica del Campidoglio per finire ad Andrea De Priamo, capogruppo al Comune e Stefano Tozzi, capogruppo del municipio del Centro storico della Capitale”.
Paolo Colli resta vivo nel cuore di tutti coloro che l’hanno conosciuto. Facendo suo il pensiero di Alex Langer, che invitava i movimenti verdi a non appiattirsi sui partiti tradizionali e a cercare una sintesi di valori tanto di destra che di sinistra, Paolo fece in modo che Fare Verde fosse autonoma dai partiti e dai gruppi di pressione economici, riunendo intorno ad un’idea forte, da tutt’Italia, una comunità umana. E con un metodo preciso: il dono di sé, il volontariato al 100%, senza compromessi e senza padroni. E con il coraggio di percorrere strade non facili e non troppo battute. Ben presto a Fare Verde si avvicinarono persone d’ogni provenienza politica e culturale accomunate dal metodo del volontariato e dalla critica al modello di sviluppo capitalistico.
Di Paolo ricordiamo questo duplice aspetto: lo slancio romantico, il bisogno di darsi da un lato e la preparazione culturale e scientifica, la meditata proposta di soluzioni dall’altro. Il vero ecologista – amava ripetere – non è chi vuole tornare indietro, ma chi sa guardare al cuore dei problemi, chi sa proporre soluzioni di ampio respiro, in cui scienza, tecnica ed economia siano dalla parte della natura vivente e non dalla parte del profitto ad ogni costo. “Abbiamo dato – diceva in uno dei suoi interventi – uno slogan al nostro agire, che è dare voce a chi non vota, cioè farsi interpreti di tutti quegli interessi che non trovano risposte in questo sistema e che vengono compressi: dagli animali agli alberi, ai mari, ma anche e soprattutto alle generazioni future”. Ecologia come questione di civiltà, l’uomo come centro di doveri e non solo di diritti. Ecco, in due parole, l’ideale che Paolo ha perseguito con tenacia nel corso della sua vita, senza risparmiarsi, a volte sacrificando gli affetti più cari, spesso pagando di tasca propria, partendo dal semplice quotidiano per elaborare campagne, interventi, azioni.
Onore a Colli. Ma la leucemia non si contrae come un raffreddore…
A solo scopo informativo preciso che la leucemia contratta da Paolo Colli in Kosovo è dello stesso tipo di quella contratta da centinaia di soldati italiani, molti dei quali sono morti, a causa dell’uranio impoverito contenuto nelle bombe sganciate dagli americani con la benedizione della NATO!