C’è una regola che nel giornalismo senza scrupoli troppe volte fa vendere molte copie: è quella dello sbattere il “mostro” in prima pagina. Se poi il “mostro” prende le sembianze dell’ultras o dell’estremista, ancora meglio. Soprattutto perché così si possono invocare nuove leggi speciali e il carcere duro. Peccato che in molte di queste occasioni, l’iter processuale dica esattamente il contrario. Il risultato? A tante, troppe persone, viene rovinata la vita: paginate intere sulla propria vita personale, su amici, parenti, con tanto di nomi e cognomi. Quando però i verdetti delle aule di tribunale ribaltano il tutto, gli stessi giornali che hanno sbattuto il “mostro” in prima si guardano bene dal dare la notizia.
Alcuni giorni fa, girando su facebook, notiamo che Lorenzo Contucci, avvocato penalista romano famoso per le sue battaglie al fianco degli ultras e contro le leggi speciali, dà spazio a due notizie praticamente inesistenti nel cosiddetto mainstream. Proprio per questo ne abbiamo voluto parlare con lui.
Partiamo dalla prima notizia “ignorata”, ovvero l’assoluzione e le molte riduzioni di pena per i ragazzi arrestati per i tumulti a Roma dopo l’omicidio di Gabriele Sandri. Ci può raccontare gli ultimi sviluppi giudiziari?
Tutto iniziò con una caterva di arresti, molti mesi di carcere e poi arresti domiciliari, per una quindicina di ragazzi accusati di aver partecipato all’assalto alle caserme della polizia dopo l’uccisione di Gabriele Sandri. La sentenza di primo grado risentì, a parere del sottoscritto, di una eccessiva approssimazione e dell’attuale sistema giudiziario che non prevede un giudice realmente terzo. Fatto sta che la Corte d’Appello ha ricondotto ad una maggiore obiettività quanto realmente accaduto, soprattutto sotto il profilo delle singole responsabilità: la maggior parte delle persone sono state assolte, nonostante avessero avuto in primo grado condanne fino a nove anni di carcere. Le restanti pene sono state di molto ridotte e, soprattutto, è caduta la fantomatica ipotesi di associazione per delinquere tra tifosi della Roma e della Lazio che, in sostanza, era stata ricavata solo dai fatti dell’11 novembre 2007. Per i miei assistiti che sono stati condannati ricorrerò comunque in Cassazione, ma con uno spirito diverso da quello che mi aveva assistito durante la stesura delle 136 pagine dell’appello: lì sapevo che stavo scrivendo contro una ingiustizia, per il prossimo ricorso scriverò da un punto di vista squisitamente tecnico.
La seconda notizia invece riguarda l’assoluzione di 11 tifosi della Roma e della Lazio, dopo 9 anni, per i disordini del “derby del bambino morto”. Anche qui ci racconti com’è andata a finire?
La vera notizia non è “cinque tifosi condannati per il derby del bambino morto”, come si è letto sui titoli dei giornali, ma “undici tifosi assolti per il derby del bambino morto”! Si tratta di un processo quasi fotocopia del precedente. Questo è addirittura iniziato prima. Anche in questo caso, l’accusa iniziale, e più grave, era quella di devastazione e saccheggio, caduta in sede di udienza preliminare. Le restanti accuse di resistenza aggravata a pubblico ufficiale sono cadute per la massima parte degli imputati nel corso di un processo lunghissimo, che ha visto persone completamente innocenti finire in carcere, ai domiciliari, diffidate con obbligo di firma e costrette in alcuni casi a non poter intraprendere una attività lavorativa per via della pendenza giudiziaria. Eppure era tutto filmato, già dall’inizio si sapeva che la maggior parte dei ragazzi erano innocenti. E’ un processo che mi ha lasciato molto perplesso, specie nella parte iniziale, quando gli orari su un video girato dalle forze dell’ordine – poi incomprensibilmente ritrovato tagliato – erano spariti: senza gli orari, era inizialmente sembrato che quei disordini fossero avvenuti durante la partita e non prima. Ciò aveva consentito di sostenere l’accusa iniziale di devastazione, visto che i danneggiamenti erano stati attuati, per l’appunto, durante la partita e non prima. Incredibilmente, su un DVD riassuntivo depositato dalla Procura durante il processo, quell’orario che mancava è magicamente riapparso e ciò ha consentito di contestualizzare temporalmente i disordini. Forse durante la duplicazione sarà stato spinto un qualche tasto sbagliato: da videoamatore non sono comunque mai riuscito a levare il timelap da un video che lo aveva.
Da conoscitore di questi processi, si è fatto un’idea del perché siano stati portati avanti in questo modo? Si poteva dire fin dall’inizio che i ragazzi erano innocenti?
Sia nel primo che nell’altro caso senz’altro si poteva dire che la maggior parte degli assolti erano innocenti, sin dall’inizio. Quando avvengono fatti eclatanti che suscitano allarme nell’opinione pubblica, è necessario intervenire immediatamente, dando una risposta alla folla assetata di sangue entro pochi giorni. Se non accade, l’opinione pubblica ritiene che le forze dell’ordine siano guidate da incapaci. A quel punto, ad avviso del sottoscritto, avvengono delle forzature, che portano a trovare “un” colpevole piuttosto che “il” colpevole. Ovviamente non si tratta di persone prese totalmente a caso, ma semplicemente di soggetti che magari si sono trovati nell’ambito di una determinata circostanza in un determinato luogo ma che non hanno commesso il reato. Sotto altro profilo, da parte delle procure si ritiene che determinati fenomeni debbano essere stroncati e che quindi si debba intervenire con durezza, anche forzando un po’ norme penali decisamente mal scritte, come il reato di devastazione e saccheggio, norma aperta che è ormai utilizzata per punire il dissenso violento, con una interpretazione da parte dei giudici di legittimità che credo si sia sovrapposta allo spirito iniziale della norma. Visto che questo articolo, il 419 del codice penale, è stato utilizzato più negli ultimi tredici anni che non nei restanti ottantadue, è evidente che ci sia una forzatura in corso. Paradossalmente, credo che lo spirito con cui il delitto di devastazione e saccheggio è stata inserito nel Codice Rocco del periodo fascista sia più democratico di quello con cui lo stesso viene oggi interpretato dalla Cassazione del periodo repubblicano.
Alla fine del suo post su facebook ha scritto “Erano innocenti, e lo sapevate. È per questo che noi vi odiamo”.
Ho volutamente usato una frase forte e provocatoria per far capire che il sistema che fa nascere l’antipolitica si nutre di fatti come questi. L’odio di cui parlo, e che anche io a volte provo, è diretto a chi, nell’ambito del sistema, perde di vista la propria morale e l’obiettività, trattando una persona come fosse un numero per interessi superiori.
sono d’accordo ha ragione il testo del articolo toca un punto importnte – avvocato droga stupefacenti Fiumicino, studio legale diritto penale Faenza