Francesco Storace nell’afa milanese non è a suo agio. È a Milano per partecipare a quella che lui chiama «una serrata convegnistica» della destra italiana, ma appena gli si chiede il perché di una disfatta elettorale così emblematica, ecco che, solo per sentirsi un po’ a casa, tira fuori una notizia letta sul Corriere della Sera capitolino. «Mi ha incuriosito un dato che conoscevo – dice a Barbadillo – ma non credevo potesse diventare una notizia. Volevano capire chi avesse preso più voti a Roma tra Alemanno, alle comunali, e Berlusconi, alle politiche. E chi ne ha presi di più? Io, il candidato alle regionali».
Quando Storace parla, avvolto nel suo abito blu, bisogna stare attenti alle sfumature, perché ogni parola è pesata con cura e tutto ha un significato preciso. La storia su chi ha preso più voti a Roma non la racconta per vanità, ma perché è da lì che vuole ripartire: «Oggi – dice con tono fermo – dobbiamo recuperare la passione, prima di ogni altra cosa. Per questo alla domanda “Ex An?” io rispondo “Next An!”».
Francesco Storace, per tutti il Segretario, non pensa che quell’esperienza sia stata un fallimento, ma sa che la politica segue la società e che tutto cambia in fretta. Ritornare alle posizioni di vent’anni fa sarebbe un errore imperdonabile che la destra non può permettersi di fare: il suo compito è quello di «far fare un passo in avanti non al partito, ma all’Italia e risolvere quel problema che solo la destra può sbrogliare legato alla sovranità».
Visto da destra, il nodo centrale è proprio quello: l’eurocrazia e il dominio delle banche sull’economia nazionale sono lo spauracchio vero del futuro e Storace, insieme ad altri protagonisti della politica italiana, vorrebbe metterci un freno subito. «Per vent’anni – dice guardandosi alle spalle – il federalismo è stato la battaglia che ha caratterizzato la politica della Lega e del centrodestra, oggi il tema grande è la sovranità. E se noi non siamo andati bene alle elezioni politiche è perché la sovranità col sovrano non si conciliano». Chi avrebbe potuto fermare la deriva era Berlusconi, ma per il leader de La Destra la colpa, in fondo, non è sua: «siamo stati noi a non convincere Berlusconi che la vera battaglia da fare era contro un determinato sistema d’Europa».
Quel “noi” riecheggia da un po’ negli ambienti della destra italiana. L’idea che essersi divisi non sia stata un’intuizione geniale si percepisce passeggiando tra le poltrone ben sistemate in occasione de Le Giornate Tricolore. Storace non ne fa un mistero, ma non vuole che parlare di nomi e cariche. «Ormai siamo diventati cinquantenni e dobbiamo renderci conto di come è cambiato il mondo. La nuova guida può anche essere Giorgia Meloni, ma dobbiamo portare al centro i contenuti. Vorrei trovare un partito che prende voti in base alle idee che presenta e che non faccia restare in piedi governi sacrificando quelle stesse idee». Nonostante i buoni propositi, però, Francesco Storace un futuro per sé lo immagina e non ha alcuna remora a confessare il suo sogno per il futuro: «mi piacerebbe trovare un secchio, della colla e dei manifesti da attaccare per un progetto in cui credo». Lo dice con malinconia e quindi c’è da credergli.