Voleva fare il punk e invece finì come un Leopoldo Mastelloni qualsiasi. Durante la recente tournée in Italia, Billie Joe Armstrong, vocalist e leder dei Green Day, ha pensato bene di mettere in scena una simpatica gag ripetuta in tutte e quattro le date (Milano, Trieste, Roma e Bologna): sparare, nel bel mezzo del concerto, un bestemmione d’altri tempi. In italiano. La scenetta – come testimonia YouTube – si è ripetuta più o meno identica in tutte le tappe: nel bel mezzo di Hitchin’ a Ride, BillieJoe si lascia andare, sempre nell’idioma di Dante, a un elogio dell’italiano come “lingua di Dio”. A cui però segue uno sprezzante «Porco…». A meno che non si trattasse di una faida rock fra i Green Day e Ronnie James Dio, l’impressione è proprio di aver a che fare con un’italianissima imprecazione.
La storia della “lingua di Dio”, in verità, non è chiara: forse Billie Joe confonde italiano e latino (e comunque, a voler essere fiscali, la lingua di Iahvé era l’ebraico e, saltuariamente, l’aramaico, se è di questo che stiamo parlando). La chiosa finale, invece, è chiarissima però sa decisamente di stantio. Non che la cosa sia particolarmente scioccante o che sposti di un millimetro lo Zeitgeist etico. Anzi, il punto, semmai, è proprio questo: che noia, che barba questa ritualità della profanazione che non profana più nulla. Un po’ come quel Carneade che al concerto del primo maggio se ne uscì con la solita tirata sul preservativo per fare scandalo, roba che Sinéad O’Connor faceva già vent’anni fa. Nel frattempo lei si è convertita 3 volte e ha cambiato 4 acconciature mentre questi sono sempre qua.
Nelle marachelle da chierichetto di Billie Joe non c’è neanche l’appiglio strapaesano a cui poteva rifarsi Marcello Lippi quando disse che di fronte a una possibile sconfitta avrebbe solo tirato due o tre bestemmioni, facendo imbestialire i bacchettoni. «Capisco che l’Italia è un Paese cattolico – fu la replica dell’ex ct – e non ha la filosofia toscana, ma se io dico che ho tirato un paio di bestemmie in maniera scherzosa, subito spunta un cardinale… Si tratta solo di un modo di parlare nostro». Nulla a che vedere neanche con le imprecazioni blasfeme in veronese stretto di Germano Mosconi, il giornalista scaligero passato alla storia del web per i suoi vulcanici fuori onda. Siamo semmai più vicini al “corso di bestemmie” che organizzarono anni fa gli studenti del liceo Tasso, a Roma, durante un’occupazione. Perfino Santoro, che li stava coccolando in diretta, si trovò in difficoltà di fronte all’immagine dell’impegno giovanile sinceramente democratico che si risolveva infine nello sghignazzo infantile. Perché poi alla fine è sempre lì che si va a parare.
Togliete al punk l’eroina e la conseguente possibilità del Live Fast, Die Young e quel che resterà saranno solo i ridacchiamenti furbastri per le parole sporche e le bricconate da oratorio. Tutto questo quando i punk d’inizio Novecento già aravano i territori dell’eresia con ben altra profondità. Pensiamo a certi corsivi usciti su Lacerba con titoli al vetriolo come “Bestemmia contro la democrazia” o “Bestemmia contro il giornalismo”. Quello sì che era bestemmiare. Quella sì che era invettiva. Affilata, coraggiosa, colpiva là dove fa davvero male, là dove qualcuno strilla davvero per il colpo ricevuto. Ecco, caro Billie Joe: la prossima volta che torni prova a bestemmiare sul serio. Prenditela, che so, con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Questo sì che sarebbe davvero punk. Quasi come Lacerba. Quasi.
@barbadilloit