A Milano, come ti distrai un attimo apre un ristorante. Di ogni tipo, di ogni regione, di ogni religione, di ogni livello, di ogni pretesa, di ogni orientamento, di ogni paese. I ristoranti sono la nuova frontiera della ristorazione. No, do i numeri, li danno loro. Bisogna sempre inventare qualcosa di nuovo e siccome in cucina è sempre più difficile, ormai si è inventato tutto e il contrario di tutto, più che sui piatti ci si sbizzarrisce con il resto. Senza carne, con la carne, senza pane, con il pane, con il soppalco o senza, con il dehors o senza, con i tavoli senza tovaglie, con tovaglie che sembrano il red carpet degli Oscar, con il centrotavola originale, fatto a mano, lavato con Perlana, con la cucina a vista, di più con la cucina che ti viene addosso, con il menu che ordini tu quello che vuoi, con il menu che ti scegli gli ingredienti, con il menu dove scegli gli ingredienti ma non come abbinarli, quello lo fa il cuoco, senza coltelli, con i coltelli, con le forchette, senza forchette, con i cucchiai, senza cucchiai, con la stoviglia tre in una, con il piatto che tira a destra, al centro, a sinistra, ma siccome ormai è tutto poco chiaro, allora centrodestra, centrosinistra e perfino quello “famolo strano” alla 5 Stars, con il bicchiere storto, con il vino che te lo puoi portare da casa. Il ristorante dove devi mangiare con le mani, senza mani, solo con la bocca. O solo con la testa, cioè devi immaginare il piatto e se c’hai preso te lo portano. Il ristorante con il menu, senza menu, con il menu sul tablet, con il menu che appare come la Madonna Pellegrina e poi scompare e non ce n’è più traccia.
E poi il ristorante nell’ex stazione di servizio, nell’ex fabbrica di automobili, nell’ex palazzo della luce, nella birreria, nella merceria, nell’autolavaggio, in alto, in basso, sospeso nel vuoto, sul tram, sul treno, sul battello, sottoterra, sugli alberi. Il ristorante dove mangi quello che è avanzato e dove non butti via niente e ti costringono a spazzolare tutto quello che hai nel piatto.
Vabbè, esco sempre di meno. Solo se c’è qualche amico e qualcuno simpatico. Altrimenti me ne sto a casa.
Vabbè, posso sopportare tutto. Ma ogni tanto a uno gli girano i cabasisi e da qualche parte si deve cominciare a dire che me li avete rotti. E mo’ basta con le pizzerie gourmet. Big Ben ha detto stop. O meglio basta con le pizze fatte come se il pizzaiolo fosse un incrocio tra Michelangelo, Galileo e Cartesio. Di Franco Pepe ce n’è uno, Simone Padoan l’hanno già inventato, il mio amico Paolo Ghidini è in attività. Aggiungetene un altro paio. Poi basta. Fine, alt. Facciamo le cose perbene ma semplici.
Un sabato sono stato in una pizzeria “pizzificio” cioè di quelle tipo catena di montaggio, non si prenota, si arriva, si dà il nome e se ti va bene in mezzora ce la fai. Arriva il menu. Ci sono margherita e marinara, tanto per accontentare la base e poi si passa alle pizze regionali. E via con abbinamenti di ogni genere. Io volevo una quattro formaggi. La quattro formaggi, la quattro stagioni sono scomparse e io mi sento come Pasolini con le lucciole. Perso.
Ma anche un po’ incazzato. Perché il male non è la quattro formaggi e neanche la quattro stagioni. Sembra che uno che fa la quattro formaggi è come quello che mette nel menu la pasta al pomodoro. Che orrore! Che cheap! La pizza gourmet non è inventarsi cose strane, è fare la pizza bene e con ingredienti di prima qualità. Questo è il più alto senso di pizza gourmet. Non è schifare il tradizionale, ma rimpolparlo con materie prime di pregio. Non il prosciutto crudo sgrauso o il cotto gonfiato con la pompetta, non il carciofo unto e bisunto o le olive nella plastica. Gourmet vuol dire alta qualità. La pizza, poi, è la pizza, con la pummarola ‘ncoppa. Fate un bel menu con le pizze normali, con i nomi normali, con quelli di quando ero bambino, ma con grandi ingredienti. Invece, oggi, o rischio dal kebbabbaro all’angolo o una quattro formaggi non la fa più nessuno. Non è disonorevole, la quattro formaggi, lo dico a voi pizzaioli in odore di stelle Michelin. Non c’è bisogno di stupire per avere successo, basta fare le cose semplici per bene.
Chi me la fa una buona quattro formaggi, prima che scompaia del tutto?
*Da Perri’s bite