Gli anni ’80 verranno ricordati essenzialmente per tre cose: il duo Thatcher/Reagan, i focolai di guerra in tutto il mondo (dal Libano al Centro America, passando per le Falkland e l’Afghanistan, arrivando all’Iran e all’Iraq) e soprattutto per il crollo del gigante comunista. C’è però un giorno di questo decennio che avrebbe potuto cambiare, forse come non mai, il destino del mondo. Brighton, 12 ottobre 1984. Protagonista è proprio lei, Margareth Thatcher, la Lady di Ferro, suo malgrado. Il fatto: un attentato, il più clamoroso, perpretato nei suoi confronti da parte della PIRA (o IRA Provisional), la reincarnazione meglio organizzata del vecchio Esercito Repubblicano che aveva combattuto nella Guerra d’Indipendenza e in quella civile tra il 1919 e il 1923. Dopo questo fatto di sangue, la questione irlandese prese un altro corso, più politico, che ha portato fino all’evoluzione nei nostri giorno.
Contesto storico e antefatti
Erano anni difficili, storicamente parlando, tanto in Gran Bretagna, quanto nell’isola di Smeraldo: il governo della Lady di Ferro (al 10 di Downing Street dal 1979 al 1990), non aveva fatto altro che peggiorare le cose. Oltre allo smantellamento progressivo dello stato sociale, arrivò addirittura ad abolire le razioni gratis di latte nelle scuole, la stessa non esitò a reprimere duramente manifestazioni di dissenso. Gli scioperi dei minatori del 1984-1985, contrò i quali usò il pugno di ferro, sono solo un esempio lampante. Quelli però erano anche gli anni dei “Troubles”, orribile eufemismo usato per definire le lotte tra “cattolici e protestanti” in Nord Irlanda. Una vera e propria guerra civile che in trenta anni (dal pogrom di Bogside nel 1969 alla ratifica dell’Accordo del Venerdì Santo nel 1998) causerà oltre tremila morti. Guerra che sembrava non aver fine; alla violenza di stato, ai paramilitari lealisti, all’apartheid legalizzato, le oppresse comunità cattoliche non potevano che affidarsi all’IRA, praticamente l’unica forza che, ricorrendo al terrorismo e alla lotta armata, sembrava poterli difendere dai soprusi. L’IRA stessa però, in quei primi anni ’80 commise un grave errore strategico. Dopo lo sciopero della fame del 1981, in cui morirono il martire Robert Sands e suoi nove compagni, i paramilitari e il loro braccio politico, lo Sinn Fein, avevano ottenuto un crescente peso politico. Lo stesso Sands infatti, poco prima di morire, era stato eletto a Westmister, in controtendenza anche con il noto astensionismo repubblicano. Il movimento repubblicano invece, anziché puntare su una decisa strategia politica, continuò convinto anche nella lotta armata. Dopo un grande gesto politico come quello dello sciopero della fame che aveva commosso il mondo intero, altri attentati, come quello di Enniskillen nel 1987, risulterranno impossibili da legittimare, anche per i più intransigenti.
L’attentato
Quando il Grand Hotel Royal di Brighton, maestoso edificio in stile vittoriano, venne scelto come sede per il congresso del Partito Conservatore, in quel 1984, nessuno poteva sospettare. D’altronde, gli episodi di violenza al di fuori del Nord Irlanda erano stati piuttosto sporadici, anche se non meno efferati. Invece, alle 14:54 locali di quel 12 ottobre, esplode una bomba. La bomba fu in realtà piuttosto atipica, “appena” 9 chilogrammi ma l’effetto è devastante. Era stata piazzata da Patrick Magee tra il 14 e il 17 settembre nella camera 629, una piano sopra alla suite in cui la Thatcher avrebbe dovuto tenere le conferenze. L’albergo è stato praticamente sventrato, solo lo scheletro restò in piedi. Nonostante la potenza, il clamore e l’ardore, l’attentato in sè si rivelava un vero fiasco: non solo la Thatcher rimase pressoché illesa e tenne un infuocato discorso in quella stessa convention, attaccando non solo l’IRA ma anche i laburisti e ribadendo l’impegno britannico nelle sei contee dell’Ulster. Non furono tuttavia così fortunati suoi cinque compagni Tories, rimasti uccisi nell’esplosione. All’evento seguiranno parole di cordoglio da parte dei principali leader, parole che non faranno altro che screditare e delegittimare l’esercito repubblicano.
Gli effetti: il trattato di Hillsborough del 1985
Tra i tanti messaggi di cordoglio, quello di Garret FitzGerald, all’epoca Taoiseach, primo ministro, in Eire, assunse un particolare significato: lo stesso, pur non perdendo occasione per ribadire la ferma condanna nei confronti della lotta armata, sottolineò come effettivamente il problema delle sei contee andasse risolto in maniera democratica ed efficace una volta per tutte, convocando tutte le parti in causa. Piuttosto liberale in patria, FitzGerald si era contraddistinto per la sua avversione repubblicana, anche durante il periodo degli scioperi della fame. Tuttavia in questo contesto, oltre a far forza sulle rivendicazioni territoriali presenti fino al 1998-1999 nella costituzione dell’Eire, riuscì a strappare un accordo con la stessa Thatcher: era il trattato di Hillsborough del 1985. Questo trattato concedeva voce in capitolo al popolo irlandese e alla stessa Dublino negli affari del nord e avrebbe rappresentato il primo passo verso il difficile compromesso che, sottoforma del Good Friday Agreement, diciotto anni fa scrisse la parola pace, seppur così fragile e controversa, in questa triste storia.