A questo punto, la vera tragedia sarà se questa scalcagnata e confusa nazionale riuscisse, per una botta di pallone, a centrare la qualificazione a Russia 2018. Uno spettacolo indecoroso, quello di Torino. L’Italietta di Ventura si fa rimontare dalla coriacea e volenterosa Macedonia. Uno a uno, secondo posto (quasi) in fresco grazie alle goleade spagnole, non certo per meriti propri.
Una squadra di fantasmi, di povere anime esorcizzate dall’assenza di idee valide e di grinta. Gli azzurri sono impalpabili, giochicchiano. Un incubo lungo novanta minuti, in cui si fatica a credere che quelli in campo siano gli stessi che si vedono in campionato. L’unico coerente appare Bonucci, che conferma le scialbe prestazioni milaniste anche in nazionale. La squadra difetta in personalità, gioco e organizzazione. Insomma, una serataccia.
Il ct Ventura, onestamente, dice di sentirsi in discussione. Ma poi se la piglia con la stampa, con i club e con la sfiga. Sarà come dice lui, ma il campo ha parlato fin troppo chiaro: l’Italia è riuscita nell’impresa di tremare contro il vecchio Pandev e Nestorovski, stellina del Palermo in B. Non è abbastanza, non può bastare timbrare il cartellino e rifugiarsi nei luoghi comuni, magari sperando di ottenere comprensione perché ci sono troppi stranieri in serie A. Tutto questo è drammaticamente irritante.
Se la nazionale è questa, bisogna aggiornare il catalogo delle dichiarazioni apocalittiche dalla Federazione. Non sarà una tragedia mancare la qualificazione: con questa squadra, la vera tragedia sarebbe centrarla. In Russia, se tutto va bene, ci dovremo sciroppare un’altra penosa pantomima, dopo l’orripilante mondiale in Sudafrica (il grato Lippi, come Bearzot dell’86, e Italia umiliata da Slovacchia e Nuova Zelanda) e quello fantozziano in Brasile (alla storia solo per il morso di Suarez a Chiellini, nel match decisivo tra azzurri e Uruguay).
Se la nazionale è questa di Torino, se è quella che s’è letteralmente schiantata al cospetto della Spagna, stare fermi un giro farà bene. Come ha fatto bene alla Francia (niente Usa ’94, campioni del mondo l’edizione dopo), o alla Germania (dopo l’orribile Euro 2004 s’è trasformata nella corazzata che conosciamo). Ricominciare da zero, ricominciare sul serio.