Grillology? Il Movimento 5 Stelle che prefigurava una nuova politica, o ancor meglio un nuovo modo di far politica, si è arenato in una contraddizione insanabile: non si può essere contemporaneamente un partito di élite (gli eletti del popolo della rete) e un partito popolare (popolano e populista). Un paradosso. La forza di Berlusconi è stato il metodo comunicativo ma soprattutto quello figurativo: incarnando le fantasie degli italiani e declinando l’american dream in salsa nostrana. Grillo, tentando di compiere la stessa operazione, attualizzandola, pretende di incarnare la rivoluzione digitale, ma non riesce a cogliere interamente le dinamiche avanguardistiche della rete.
Internet è un luogo prestato alla politica, ma è soprattutto una piattaforma eretica e post-partitica oltre che post-politica. Ancora si è in attesa di trovare un nome a quel magma indistinto di informazioni, fake e ribellioni anonime che la Rete ingloba, alimenta e sprigiona. È ancora da venire il raggiungimento delle paventate neodemocrazie digitali, cyberpolitiche e elezioni digitali. Probabilmente è una questione di tempo, ma potrebbe pur essere che la Rete prenda strade completamente altre rispetto all’amministrazione del potere così come lo conosciamo, finendo per non piegarsi al semplice ruolo di strumento rivoluzionario controllabile da un leader.
Non si può intercettare, inoltre, il consenso popolare se non si compie un’operazione di intelligenza emotiva verso l’elettorato. Grillo è caduto nel solito gioco del sigillo dell’ignobile applicato all’elettore che non lo sceglie. La nostra sinistra ha costruito molti dei propri insuccessi sulla retorica del “noi siamo i migliori, tutto il resto è roba da smacchiare, redimere e spesso addirittura non accogliere neanche (come le primarie hanno sancito)”.
Quella classe dirigente, da Occhetto a Bersani, ha compiuto un’opera di costante delegittimazione di alcune categorie professionali e di alcuni mezzi di informazione, considerate le une dannose all’integrità sociale di un paese, gli altri invece accusati di essere fautori di un impoverimento culturale degli italiani. Grillo ha selezionato con queste elezioni i nuovi cittadini da marchiare come i colpevoli del mancato rinnovamento che lui propone. Scende la maschera, si rivela l’inganno. Ma il problema vero che dovrebbe porsi è dare una ragione concreta di azione politica, che non declassi i 5 Stelle da movimento a setta parolaia, quella di Grillology.