Si è chiusa domenica, a Matera, la tre giorni della festa nazionale di “Idea- Identità e Azione”, il movimento conservatore di Gaetano Quagliariello (ieri ospite ad Atreju). Al centro dei dibattiti la volontà di dar vita ad una proposta concreta e di governo.
Senatore, un’istantanea, dai Sassi, della vostra festa.
“È andata molto bene, se confrontiamo i numeri con un anno fa le presenze sono quadruplicate, centinaia di persone si sono fermate per tutto l’evento. Il livello dei dibattiti è stato elevato e abbiamo definito una proposta politica chiara. Il centrodestra ha problemi, ma è l’ipotesi di governo più reale. Deve concentrarsi sui programmi e meno sulla leadership: noi abbiamo lanciato l’idea della “Federazione delle libertà”, un contenitore liberale, cristiano e conservatore. Dobbiamo affrontare compatti i problemi dell’agenda del nuovo secolo”.
Quali?
“Identità, sicurezza, trattati europei, riordino dello Stato, fisco. Ce ne sono tanti e va rimessa in moto un’officina: dalla festa si è capito che il moderatismo non funziona, la classe media è la più arrabbiata di tutte. Il luogo d’incontro non può essere la moderazione, ma una componente di destra affiancata a quella liberale. Va ripreso il modello Pdl con più maturità”.
Allora c’è una sintesi tra populismo e popolarismo?
“Il popolarismo dev’essere per forza populista. Ciò che è popolare non può essere per sua natura élitario. La categoria del populismo è stravagante: è naturale che la sovranità debba appartenere al popolo”.
Dicevamo della classe media. Sono i ‘patrioti’ protagonisti di Atreju?
“La patria è da rilanciare, esiste ma è sopita, l’ho appena respirata sui luoghi della Prima guerra mondiale. Ma la problematica non è questa, non si ferma qui. La Brexit e la Catalogna dimostrano che da una parte ci sono dinamiche globali alla perenne ricerca di masse d’urto e dall’altra un bisogno di identità e del senso del locale che non si sposa con la globalità”.
E allora va rispolverato Longanesi!
“E Flaiano ancora di più”.
A Matera c’era anche Tempi, con il direttore Alessandro Giuli che, in un appello all’unità, sogna una “rivoluzione conservatrice”. Alla destra manca il momento prepolitico?
“Ci chiamiamo “Identità e Azione” per un motivo. C’è stata l’illusione che la politica si potesse risolvere nella post-verità, che non è altro che magma iper-politico. La politica non può sfuggire al sentimento, allo scambio personale, alla sua essenza. Accanto all’unità politica, ci dev’essere un’unità culturale plurale, di elaborazione, di comunità”.
Uno sguardo al futuro. Più paure o speranze?
“La speranza è quella di costruire, c’è il problema comune della destra di governo. C’è da lavorare. Siamo in una situazione di anarchia assoluta, un governo di emergenza non può essere programmatico, è un fatto patologico, oltreché un pericolo strutturale. Forse ci sarà da aspettare una legislatura, ma ci sono le premesse per avere una presenza futura”.