Il treno regionale si è lasciato alle spalle le affollate stazioni metropolitane e supera rapidamente il Grande Raccordo Anulare. Come ben sanno i romani, il nodo autostradale segna il confine consuetudinario tra la città e la periferia. Il dentro ha una vita tutta sua rispetto al fuori, esposto al mondo e alle sue turbolenze. Nicolò Bassetti e Sapo Matteucci ben raccontano queste realtà nel loro celebre Sacro romano GRA. I treni attraversano quotidianamente l’odierno confine sacro di Roma, questo nuovo Pomerio, per andare nella Campagna Romana, verso i comuni circostanti il lago di Bracciano.
Sulle rive del lago
Si viaggia comodamente verso Viterbo, passando le stazioni della zona residenziale e chic dell’Olgiata e di Cesano di Roma. Dal finestrino si dispiega il paesaggio collinare e dorato della Campagna Romana e all’orizzonte si intravede l’azzurro lago di Bracciano. La conca dell’antico vulcano Sabino ha raccolto per millenni le acque di una sorgente sotterranea, favorendo un habitat particolare e con specie animali e vegetali autoctone. Il paesaggio dal treno, come si può immaginare, colpisce il viaggiatore per la bellezza dei luoghi. La natura e l’uomo hanno stabilito un fertile equilibrio che, purtroppo, sta venendo meno con la captazione idrica anormale dell’Acea: il lago di Bracciano si sta prosciugando per l’ingente richiesta d’acqua da Roma. La prima stazione lacustre è la caratteristica Anguillara Sabazia. Il borgo antico cittadino si estende su un promontorio della costa orientale, cose se le abitazioni emergessero dal fondale melmoso. Di sera le luci delle case e dei locali si riflettono sul lago e la sua superficie assomiglia ad un bellissimo cielo notturno. E’ una piccola grande bomboniera del paesaggio lacustre. Dopo una breve sosta ad Anguillara il treno regionale prosegue per Vigna di Valle alla volta di Bracciano.
Un castello domina dall’alto la conca del vulcano Sabino: è il fortilizio di Bracciano, una ridente cittadina che da il suo nome al lago. E’ una nota località turistica, molto frequentata dai romani e anche da visitatori stranieri. Non meravigliatevi se viaggerete su treni pieni e strapieni: molti passeggeri scenderanno a Bracciano. Le sue origini risalgono ai primi coloni romani, che si insediarono qui dopo la conquista del territorio etrusco. Dai bastioni del castello si domina il magnifico panorama lacustre: da lì le sentinelle scrutavano l’orizzonte alla ricerca di eserciti nemici e i duchi passeggiavano sui cammini di ronda nel meriggio ammirando i loro domini. Bracciano era infatti un ducato dal 1560, quando papa Pio IV concesse al nobile Paolo Giordano Orsini il titolo di duca. Fu un ramo secondario del casato romano a fare della città un centro abitato ricco e ben sviluppato. Per tutto il medioevo fu una piccola e grezza rocca difensiva e i suoi abitanti si riducevano a pochi pescatori e agricoltori. Gli Orsini si cimentarono in un’ampia opera di ammodernamento: il forte divenne uno splendido castello e il centro abitato si ampliò con botteghe, chiese e industrie artigianali. Bracciano doveva rappresentare degnamente la potenza degli Orsini. I braccianesi da sempre raccontano un tragico omicidio compiuto nel castello. Isabella de Medici, figlia di Cosimo il Vecchio e moglie del primo duca, Paolo Giordano, venne uccisa dopo che il marito scoprì i ripetuti tradimenti. La bella nobildonna ospitava nella sua camera da letto i suoi numerosi amanti. Dopo una notte d’amore, onde nascondere i misfatti, li uccideva: li faceva passare per uno stretto e ripido corridoio segreto che si rivelava una trappola. I malcapitati al buio cadevano in un fossato, le cui pareti erano ricoperte di lame: la calce viva lentamente bruciava i loro resti. È un falso storico naturalmente, perché Isabella de Medici, a quanto pare, morì di un morbo alle vie urinarie. Caso chiuso. La leggenda nera ha suscitato la fantasia di scrittori e di storici e tuttora, tra le pareti degli appartamenti ducali, si mormora delle infedeltà di Isabella.
Da Bracciano il treno regionale riparte per l’entroterra della Tuscia. La città di Viterbo è sempre più vicina, circa 50 km dalla città lacustre. Adesso ci inoltra nelle antiche terre degli etruschi, un popolo ancora sconosciuto per tanti aspetti della loro società.
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