Il cambio delle carte in tavola (polacca) degli Azzurrini contro le furie ceche è stato un disastro. Il disorientato Gigi Di Biagio – timoroso gambler da compitino che di colpo ha azzardato l’all-in disperato – non sa più che pesci prendere e i suoi ragazzi sembrano più in palla di lui. L’Under21 italiano, da essere la macchina perfetta che ci avrebbe regalato tante soddisfazioni, è in balia del caos. Se le critiche dopo l’esordio con la Danimarca hanno trovato freno e giustificazione nella tensione e nel risultato positivo – carta canta, sempre – la débâcle contro Schick e i suoi non ha scuse. I quattro cambi rispetto al match precedente sono stati palliativi per il virus di un 4-3-3 sfilacciato, rigido. Grassi e Cataldi, eccezion fatta per la sciabolata del genoano per il momentaneo pareggio di Berardi, sono stati impacciati e smarriti tanto quanto Benassi e Gagliardini: il centrocampo, ai limiti dell’ininfluente, non ha mai preso il pallino della manovra. I nostri l’hanno persa soprattutto qui. Il nervoso Conti non sta motivando i ventotto milioni spesi, Calabria non ha spinto più dell’irrequieto Barreca e Ferrari ha fatto rimpiangere Caldara. Davanti, i freddi puntatori del Texas hold’em sono rimasti a secco dopo aver bombardato di fiches, tronfi, l’avversario. Bernardeschi è andato a lampi, Berardi ha avuto il guizzo del pareggio e poche altre intuizioni e Petagna, elefantiaco, ha troppo spesso reso macchinosa la manovra, impantanando l’avanzata dei suoi: solo l’outsider Chiesa, non troppo considerato, ha portato un po’ di freschezza. Uomini in preda agli eventi e ai venti, per dirla come Lucio, l’ideologo che forse servirebbe per scuotere i solipsismi sterili degli unidici. E in preda alla tempestosa bagarre Donnarumma: nessuno ha capito chi, tra lui e Raiola, sia l’asso nella manica dell’altro. All’orizzonte si aggirano nubi per quella che si sta rivelando essere l’armata Brancaleone e non la falange oplitica magnificata dai più. Ma allora che si deve pensare? Che forse, semplicemente, dovremmo aspettarci di meno e neanche sorprenderci se Di Biagio – lui sì, finalmente sorpreso – in conferenza stampa asserisce che non si aspettava tutto ciò e che ci siamo svegliati decisamente troppo tardi. Che forse c’è da lavorare, oltre i mea culpa. Il castello mediatico ci distoglie dalla vera riflessione doverosa: come è possibile che una rosa, di cui tre quarti quest’anno giocherà competizioni europee ed è già nel giro della nazionale, sia preda dell’individualismo? Prima di ogni cosa, l’Under, accozzaglia cristallina e potenzialmente fenomenale ma pur sempre accozzaglia, dovrà trovare la coesione guerrigliera e la consapevolezza del fine comune oltre singoli protagonismi&scivoloni&nomialtisonanti&dollarilanciati. Ci sono tutti gli elementi per trovare la quadra, ma si potrà ragionare solo con un serio e immediato cambio di rotta. Siamo ancora in tempo.