“Fronte degli artisti, artisti al fronte” è il titolo del convegno – tra le commemorazioni della guerra italo-austriaca 1915-18 – promosso presso la sede dell’Aeronautica Militare a Milano in piazza Novelli 1. Relatore d’eccezione Carlo Fabrizio Carli, che al rapporto tra arte e politica ha dedicato attenzione in tutta la sua saggistica. La guerra è tradizionalmente raffigurata dall’arte, ma essenzialmente a posteriori. E gli artisti, quando hanno combattuto, lo hanno fatto come singoli. Invece, con la prima guerra mondiale, sia certe correnti artistiche si impegnano pro o contro la guerra, sia il ruolo degli artisti sconfina in quello dei propagandisti. Carli si è molto occupato, con testi e mostre, dell’arte italiana del primo trentennio del Novecento, in particolare di Cambellotti (2002), Guido Marussig (2003), l’Eur (2005), la prima Quadriennale (2005), la seconda Quadriennale (2006), Rambelli, Guerrini, Fausto Pirandello (2009), la Scultura italiana d’inizio Novecento (2015).
Signor Carli, la Grande Guerra fino a che punto coinvolge anche il campo dell’arte?
“L’evento fu talmente rilevante da improntare tutti i settori della società, anche quelli apparentemente defilati, come la letteratura e l’arte. A cominciare dall’Interventismo, segnato da autentici capolavori come le Manifestazioni interventiste di un grandissimo artista, Giacomo Balla. In genere gli artisti si schierarono con decisione per l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa – basti pensare ai Futuristi – ma ci fu anche chi scelse la via opposta, come il celebre pittore Francesco Paolo Michetti che, in Senato, proclamò la sua fede pacifista, nonostante i legami con i Savoia e l’amicizia con d’Annunzio”.
In particolare quale fu l’atteggiamento dei Futuristi?
“Marinetti e i suoi amici si arruolarono nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti, la scelta più “moderna” che potessero fare. Schierati contro l’Italia borghese e giolittiana, erano consapevoli che solo un evento sconvolgente come la guerra avrebbe potuto assumere una valenza rivoluzionaria. Eppure, guardando retrospettivamente la produzione artistica dei futuristi durante il conflitto, si ha una sensazione tutto sommato minore rispetto alle attese. E questo per due motivi principali: la guerra colpì duramente le loro file: Boccioni, Sant’Elia, Erba persero la vita e la loro scomparsa sconvolse l’attività dell’intero gruppo. Poi, proprio la guerra innescò un vasto “ritorno all’ordine”, che interessò Soffici e Papini, Carrà e Rosai, Sironi, Funi, Severini e molte altre figure”.
Ma ad interessarsi della guerra furono molti altri artisti oltre ai futuristi…
“Tanti pittori, scultori, incisori, sia pure in forme e con tematiche diverse, raffigurarono la guerra e la vita al fronte: da Sironi a Viani, da Bucci a Italico Brass, da Evola a Tommaso Cascella, da Guido Marussig ad Aldo Carpi, a Funi, a Sartorio, per limitarci appena a qualche nome. Le trincee, i baraccamenti, le postazioni di artiglieria, gli esordi della guerra dell’aria, gli sbarramenti antiaerei, i dirigibili, la guerra per mare e nelle lagune, costituirono altrettanti temi pittorici”.
Molta importanza ha il disegno.
“Certo: in una vita di trincea, ma anche di caserma, il disegno è molto più praticabile del dipinto, oltretutto risponde meglio al guizzo visivo”.
Ma sono anche altri gli ambiti di collaborazione tra arte e guerra…
“Dal rilevamento topografico alla difesa del patrimonio artistico; dalle illustrazione dei “giornali di trincea” ai manifesti di propaganda; per citare appena il livello più elementare delle illustrazioni di Achille Beltrame per le pagine di copertina della popolarissima Domenica del Corriere”.
Quanto dura questo influsso della Grande Guerra nell’arte?
“Fino a metà anni Trenta; i monumenti ai caduti e agli eroi, ovvero a reparti di eccellenza come i bersaglieri, i ferrovieri, i finanzieri, sorgono in un po’ tutti i centri della Penisola. A Firenze, in Santa Croce, viene collocato il monumento “Alla Madre Italiana” (Andreotti). E poi vanno annoverati edifici “speciali” come la Casa Madre dei Mutilati (Sironi, Santagata, Prini, Oppo) o nuove prefetture come quella di Ragusa (Cambellotti). Nel 1935 si svolge il Concorso della Regina per onorare le Medaglie d’Oro. E’ un po’ un ultimo atto: la guerra di Etiopia, l’ingresso nel conflitto spagnolo, l’inizio del secondo conflitto mondiale spostano l’interesse degli artisti su nuovi scenari”.