Le urne delle amministrative hanno restituito un quadro nuovo alla politica italiana. Uno scossone ben deciso che si è trasformato anche in un premio per le forze anti-sistema che hanno portato a casa ben due Comuni importantissimi, Roma e Torino. La destra, che esce con le ossa rotte dalla competizione, ha la possibilità di ripartire.E secondo Marcello De Angelis, ex direttore di Area e del Secolo d’Italia, la via maestra (e obbligata) è quella del coraggio.
Marcello de Angelis, due sindaci grillini a Milano e Roma, Parisi sconfitto a Milano dal renziano Sala, De Magistris re di Napoli. Se dobbiamo trovare un sindaco di centrodestra dobbiamo arrivare a Trieste o Grosseto. Che bilancio si può tracciare?
Le elezioni – in particolare quelle amministrative – sono sempre diverse. In altri tempi un sindaco non di sinistra a Grosseto faceva scalpore, come fece scalpore quando a Trieste vinse la sinistra. Il bilancio è evidente: ci sono due poli: uno crescente – i grillini – e uno in difficoltà – anche se detiene il governo nazionale – e cioè il Pd renziano. Poi c’è un terzo possibile polo che per ora è andato in disfacimento: il centrodestra. Ci sono certo altri dettagli da analizzare, ad esempio perché in certe città il M5S trionfa ed in altre non decolla, come si sono spostati i voti o più che altro dove sono finiti i milioni di elettori che hanno abbandonato il centrodestra…
Il voto anti-governo ha favorito il M5S? Salvini pro Raggi e Appendino che strategia inquadra? Un asse verso il referendum?
Chi sta al governo dopo un paio d’anni va regolarmente in affanno. Gli italiani sono facili a credere alle promesse elettorali di chiunque ma si disamorano presto. Ovviamente se si voleva votare “contro” si poteva votare solo i grillini. Il centrodestra, compresa la Lega, è già stato al governo e non ha lasciato un ricordo entusiasmante. La sinistra anti-renziana è considerata un prodotto da soffitta. Che alternativa c’era? Non considererei così rilevanti i messaggi di Salvini ai pentastellati. Le sue aperture sono state platealmente snobbate. Inoltre, mentre dove c’era una sfida tra un candidato Pd e un cinquestelle, Salvini ha detto “votate il cinquestelle”, dove invece la sfida era Pd/Lega+Cdx, come a Bologna o Milano, il m5s ha detto “meglio la sinistra”… Per fare un asse bisogna essere in due… e con pari dignità. A me sembra che il centrodestra miri a fare di tutto per indebolire Renzi e il m5s ne è ben felice perché ritiene che poi a vincere le prossime elezioni saranno loro. E non governeranno certo con la Lega o col centrodestra. Il discorso del referendum va scisso dai tatticismi astrusi che hanno portato al successo dei grillini, ma sulle spoglie del centrodestra. Non capisco cosa ci sia da festeggiare.
La sconfitta di Milano indebolisce il modello di centrodestra tutto moderazione e governismo?
A dirla tutta mi sembra che tutti i modelli abbiano avuto la stessa sorte, quindi non è un problema di modello, è che non c’è il centrodestra e nemmeno la destra. E non è nemmeno questione – come dicono i sempliciotti e i giornalisti pigri – che il problema è la mancanza di un leader. I sovrani servono solo ai sudditi che vogliono risparmiarsi la fatica di pensare e la responsabilità delle proprie azioni. Oppure a quelli – veramente troppi nel centrodestra – che sono stati squatter della politica senza avere alcuna idea, personalità e nemmeno consenso.
A Roma l’elettorato identitario come si è orientato?
“Identitario” è un termine nato in Francia e piratato in Italia senza assumere un significato chiaro. Che s’intende per identitario? Di quale identità stiamo parlando? Quella della destra forse? Se è di quella che parliamo è presto detto: i maggiori leader storici della destra romana e nazionale hanno fatto una lista a sostegno di Marchini che ha preso poco meno di 8mila voti; alcuni ex di An hanno sostenuto Marchini sotto diverse sigle, tra cui Forza Italia, non raggiungendo il 5% con nessuna lista. Poi c’era Casa Pound che ha preso mi sembra intorno ai 13mila voti e un Msi per Iorio che ha preso intorno ai 2500 voti. Poi, c’era Giorgia Meloni che ha preso il 20%. Vale la pena di ricordare, per fare le dovute proporzioni, che a Roma ci sono 2 milioni e 300mila elettori e che sono andati a votare circa un milione e 300mila… Non so quanti “identitari” ci siano nel milione rimasto a casa e quanti ce ne siano tra gli elettori del visitor Virginia Raggi. Molti credo… Troppi.
E’ iniziato il post-Berlusconi?
Direi che è iniziato nel 2010. Dopo che Berlusconi ha dato le dimissioni e ha fatto votare il sostegno alle leggi folli e inutili di Monti, dopo che ha garantito il ritorno in Parlamento di cortigiani, cortigiane e faccendieri (che in buona parte lo hanno poi mollato) e dopo che ha addirittura ordinato di rieleggere al Quirinale Napolitano, artefice di tutte le iatture in cui erano incorse l’Italia e il suo governo e che avevano pagato tutti gli italiani… Che vogliamo aggiungere ancora? Il problema è capire se sia vera la profezia di Montanelli, che disse che il passaggio di Berlusconi avrebbe cancellato la destra in Italia…
L’opposizione è parcellizzata. Non si vede all’orizzonte un federatore delle varie anime. Proviamo a tracciarne un identikit?
Pensavo di averlo detto chiaramente e più volte: non ho mai creduto all’esistenza di uomini (o donne) del Destino. Ho troppo rispetto per le persone – a cominciare dalla mia – per cedere al culto della personalità. Una delle pietre al collo del centrodestra è il liderismo e l’attesa, miserabile e cialtrona, dell’arrivo di un unto dal Signore con la bacchetta magica che rimetta tutto a posto. Tutti quelli che, immodestamente, hanno provato a mettersi in testa la corona di Berlusconi hanno fatto una pessima figura. Forse quella corona porta sfiga. Io credo nelle squadre e persino nei partiti. Credo che l’Io sia nemico del Noi. E tra l’altro il noi può sopravvivere alla morte o al fallimento di uno o più io. Senza una proposta per il futuro, una convincente alternativa e un numero cospicuo di persone (non una sola) che rappresentino in modo credibile questa proposta, molto semplicemente all’orizzonte non c’è nulla. O, ancora per poco, una zattera di naufraghi che diventerà sempre più piccola e carica di gente che non riesce a rinunciare al proprio protagonismo e non capisce che ha perso la sua occasione. La somma di decine di fallimenti personali non può produrre un successo collettivo, solo un fallimento molto affollato.
Estate, è tempo di convention (almeno una volta). Dove sono le idee? Chi sono gli intellettuali che hanno offerto spunti di riflessione per l’elaborazione di un patriottismo con ambizioni di governo?
Le idee c’erano e sono state anche ampiamente e egregiamente elaborate. Il problema è che chi doveva poi realizzarle ha fatto tutt’altro. Forse non aveva mai letto un rigo. O più probabilmente delle idee non gliene fregava niente, era interessato al potere personale e gli intellettuali erano visti solo come coriste e trombettieri. Purtroppo in Italia non esiste una coscienza di Popolo, né la comprensione di cosa sia l’interesse nazionale, quindi anche il patriottismo resta poco più di una fanfara. Non si riesce a far capire agli italiani che se una nazione è forte e indipendente, anche ogni suo singolo cittadino è più forte e libero. Ognuno ha ben chiaro il proprio interesse personale ma, semplicemente, non comprende e non riesce a immaginare l’interesse di tutti insieme. Non è un paradosso, è proprio così. Agli italiani manca la ghiandola dell’appartenenza nazionale. Quindi per chi pensa e scrive onestamente di patriottismo è come parlare cinese in India. In Italia bisogna veramente fare una rivoluzione culturale. Non una grande e complicata, basterebbe reintrodurre l’educazione civica nelle scuole. E invece abbiamo quella gender. Non è un caso che non si insegni più l’educazione civica, non è un caso che la campagna anti-casta l’abbia inventata il Corriere della sera, non è un caso che gli analisti finanziari americani siano così innamorati del fenomeno grillino… Purtroppo le idee e le parole non bastano per fermare la tirannia e sfuggire alla sudditanza. Ci vuole anche il cuore. E le palle. Giano Accame, in uno di quei periodi di tormentoni estivi in cui qualcuno rilanciava il dibattito sulla “cultura di destra”, scrisse un articolo su Area che tagliava la testa al toro, intitolato “L’identità della destra è nel coraggio”. Dopo venti anni di abitudine a non osare dissentire altrimenti qualcuno ti cancellava dalle liste elettorali, credo che trovare dei coraggiosi ancora atti al combattimento sia difficile. Ma, avrebbe detto Giano, non bisogna mai disperare.
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