Il senatore (ops…cittadino, pardon) Mastrangeli è stato espulso dal Movimento 5 Stelle per aver violato ripetutamente una norma del codice di comportamento che prevede il divieto di partecipare ai talk show televisivi. L’espulsione è stata decretata dall’88% dei 19.341 votanti, iscritti al Movimento che hanno partecipato al voto. Dunque, un movimento che rappresenta oltre 8 milioni di italiani ha espulso un suo rappresentante attraverso il voto online di 17.177 persone. Certo, qualunque partito o movimento che prevedesse nel suo codice il divieto alle partecipazioni in tv avrebbe preso questa decisione e probabilmente senza consultare gli iscritti, bensì rimettendo la decisione a un collegio di probi viri. Tuttavia, si aprono due questioni.
La prima, di merito, verte sull’assurdità di questa regola. Quando si rappresenta 1/4 degli italiani, si ha il dovere di informarli sulle attività politiche che vengono svolte in loro rappresentanza, anzi in rappresentanza di tutto il popolo italiano, come dice la Costituzione. E, sebbene Grillo e i suoi siano convinti che sul web si informi h/24 l’Italia intera, non è affatto così. Basta comparare i numeri delle loro consultazioni online e quelli degli ascolti di Domenica Live su Canale 5… La tv è di gran lunga il mezzo di comunicazione e di informazione più importante in Italia e, per questa ragione, quella regola sulle partecipazioni ai talk show è semplicemente assurda.
La seconda questione è procedurale, di metodo. Un movimento che si vanta di rappresentare il popolo e di applicare metodi di democrazia diretta, di fatto sta agendo invece sulla base di una doppia rappresentanza. Quella degli oltre 8 milioni di elettori e quella delle poche migliaia di votanti online che di tanto in tanto sono chiamati ad esprimersi su decisioni importanti. Questa scelta crea il paradosso per cui coloro che affermano di essere i paladini della democrazia diretta, finiscono per essere invece il simbolo di una democrazia doppiamente rappresentativa: appunto degli elettori e degli iscritti che votano online. Col risultato ovvio di un movimento schiacciato tra il mandato elettorale, il diktat delle consultazioni online e una (dis)organizzazione interna che premia senza alcun limite o vincolo la diarchia Grillo-Casaleggio.
Questo assetto non può durare a lungo. E, a mio avviso, se non trova qualche soluzione organizzativa a breve, è destinato a implodere molto presto. Giusto il tempo che si formi un embrione di classe dirigente interna e poi Grillo e Casaleggio resteranno con un pugno di mosche in mano. In Parlamento ci si contamina, ci si forma, e i nuovi arrivati sono come “spugne” bramosi di apprendere, come i bambini. Un processo di socializzazione secondaria che farà rapidamente cambiare pelle al M5S, per evitare che a furia di espulsioni non resti solo un manipolo di automi, in rappresentanza del nulla.