Un dibattito tra firme di Barbadillo sul senso di un impegno culturale e politico giovanile che si trasforma con il passare degli anni in qualcosa di diverso dalla milizia ma altrettanto “differente” rispetto ai canoni della presenza “moderata” nello spazio pubblico. Tutto è scaturito da questo articolo di Gian Luca Diamanti sulle “Strade di’Italia e d’Europa”, a cui ha risposto in un ricco dialogo lo scrittore Alex Voglino.***
Alex Voglino scrive: “Sono parole belle e poetiche, che non fatico a sentire mie oggi che sono sulla soglia del sessantesimo compleanno. E tuttavia ciò che in via primaria mi suggeriscono è una rilettura più concreta e storica, comunque meno romantica e più di prospettiva.
Nel senso che il vero bilancio che mi sento di trarre del nostro viaggio nel secolo breve e in questi primi 3 lustri del XXI, è l’amarezza non tanto per le illusioni e le emozioni perdute, ma per la consapevolezza acquisita di quanto fossero infondate e quindi in definitiva sterili (non sotto il profile personale: il veleno che non uccide fortifica, ci insegna Evola, ma certamente sotto quello storico/politico).
Quello che voglio dire è che l’idea che il ventennio ’69/’89 (dalla Contestazione giovanile alla caduta del Muro) fosse una sorta di ventennio “speciale” che giustificava entusiasmi e rabbie, rischi e pericoli, gioie e dolori, era frutto solo di un errore di prospettiva. Con un po’ più di cultura geopolitica (e se ci fosse stato Internet, fonte caotica, ma sterminata di informazioni) avremmo capito subito che si trattava solo di un capitolo di una storia già scritta da quando il Capitalismo – e solo il Capitalismo – aveva vinto la Seconda Guerra Mondiale (all’americana o di Stato cambiava poco) e che di lì a qualche decennio, si sarebbe sviluppato nella sua evoluzione naturale: il Mondialismo amorale al servizio delle oligarchie finanziarie, anonime e apolidi. In pratica ciò che oggi costituisce il nostro presente insomma (e il nostro futuro se uno guarda alla Grecia, cioè a ciò che noi saremo inevitabilmente domani). La nostra storia bella e tragica, i nostri anni’70, sono stati solo una parte in commedia.
Certo – lo ripeto – ci resta tutto quello che di formativo questa esperienza ha rappresentato sul piano personale, ma non siamo reduci di una guerra perduta. Semplicemente, dopo il 1945 non c’è più stata nessuna guerra”.
La prima risposta di Gian Luca Diamanti: “Che si fosse parte di una commedia e che il mondialismo avrebbe avuto la meglio nel breve periodo, lo si è cominciato a capire dalla fine degli anni Ottanta, prima come rischio, poi come certezza. A seguire c’è stata, almeno per alcuni, l’ubriacatura del potere, con l’illusione, o – in altri casi – con la disonestà intellettuale – che gli ideali potessero sedersi sulle poltrone messe a disposizione da altri senza snaturarsi oltremisura. Quello che intendevo però era altro. Al netto di ogni valutazione politica e geopolitica, tra i ragazzi e le ragazze che frequentavo in gioventù si viveva anche (o soprattutto)di cultura di confine. Avevamo voglia di trovare qualcosa che fosse più assonante alla nostra sensibilità. Non c’era Internet, Alex, e allora ogni scoperta era una conquista, nata da un passa parola, da un libro polveroso, da una libreria fuori mano. E ti ricorderai anche te che valore si dava a quelle scoperte, a quegli autori così poco conosciuti. E come si affrontavano i temi della tradizione, della spiritualità, dell’esoterismo. Tanta confusione, come scrivo nell’articolo, ma anche tanto fervore, altrettanta passione. Questa piccola battaglia, interiore, l’abbiamo combattuta ed oggi potremmo dire che forse è stata perfino più importante di quella politica.
E affinché non sia stata inutile, mi permettevo molto modestamente, ma soprattutto per me stesso, di suggerire di riprenderne alcuni fili, da srotolare nella nostra maturità. Per farne cosa? A ognuno la sua via…”.
La replica di Alex Voglino: “Hai ragione Gian Luca. D’altronde penso fosse chiaro come la mia riflessione nulla volesse negare circa il valore personale e formativo di quella nostra lunga, appassionante esperienza. Per me restano anni straordinari, sia pure con tutto il loro carico di tragedia.
E’ che la consapevolezza acquisita che la minima parte che un tempo pensavo avessimo comunque giocato nella storia- lasciando tanti morti sul campo, non dimentichiamolo mai e vite distrutte dalla galera o dall’esilio – in realtà è stata pura illusione, che il futuro era scritto in modo ineluttabile, mi brucia e mi agita e tiene accesa una rabbia composta che pure cova e monta ogni giorno di più, man mano che lo scempio del presente si dipana sempre più esplicitamente sotto i nostri occhi impotenti.
Forse dovremmo riannodare il filo con i “felici pochi”, come suggerisci tu? Riabbozzare quella comunità piccola e sparsa che pur tuttavia il “bel gesto” dei nostri anni ’70 ha plasmato? Chissà…”.
Il nuovo intervento di Gian Luca Diamanti: “Non so e francamente non credo di essere il più adatto per rispondere a queste domande! Negli ultimi tempi mi sono occupato un po’ del brigantaggio e ho pensato che forse nella figura del brigante antiunitario ci fosse qualcosa del ribelle jungeriano. Si può combattere per difendere la propria libertà, anche senza una bandiera e il passaggio al bosco è già di per sé una testimonianza rilevante. Magari anche senza “schioppi”, si può provare a fare i briganti culturali e cercare, dal bosco, di interpretare con un po’ più di distacco la complessità di questo mondo… Sulla comunità, che ti dico? In fondo anche Barbadillo è una comunità, o no?”.
Alex Voglino: “Barbadillo? Lo è, lo è! Una delle poche in cui mi sento a casa!”.