Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, non è un comico come tutti gli altri. In primo luogo perché, nonostante il trampolino di lancio sia stato un programma televisivo tradizionale, è esploso grazie al web. Ma non è solo questo a renderlo un alieno: Capatonda è anche l’unico ad avere un approccio comico insolito come il nonsense. Agli antipodi della satira impegnata e differente dal semplice demenziale, il suo lavoro descrive la realtà amplificandone tic e ossessioni, deformandone le strategie comunicative consolidate. L’ultima fatica dell’attore/regista, approdata da poco su Mtv, è “Mario”. Una serie a puntate con protagonista l’anchorman di una prestigiosa rete tv, finita in mano a una perfida multinazionale intenzionata a usarla come copertura per i suoi interessi.
Come nasce Mario?
Nasce per realizzare un format che mi permettesse di far ridere con la comicità che mi contraddistingue da sempre: gli sketch brevi. Ma inserendola in una storia che si evolve dalla prima alla diciottesima puntata creando un mix tra i due aspetti. L’idea di prendere di mira un telegiornale, invece, deriva dal fatto che il format Tg è la fiction più longeva esistente. I telegiornali vanno in onda da quando è nata la tv e non passeranno mai di moda. Volevamo fare il verso alla lunga soap opera che rappresentano, sfruttando il fatto che cerchino di rispecchiare una realtà che, invece, deformano.
In Italia la satira è principalmente politica, tu invece preferisci l’aspetto sociale. Come mai?
Io la politica non la seguo e non l’ho mai seguita perché trovo che si discosti molto dalla realtà. Vedo questi personaggi che parlano in tv ma non riesco a capire che legame reale abbia quello che dicono con la mia vita di tutti i giorni. Forse, anche per questo, nei miei personaggi non c’è satira politica. Non saprei come farla. E penso che sia molto difficile informarsi concretamente su questi temi. La satira sociale, invece, l’ho iniziata a fare con “Italiano medio” per Antonello Piroso e con il personaggio di Jerry Polemica, comparso sul programma Tatami di Rai Tre.
Cosa rappresenta per te il nonsense? Sei uno dei pochi comici ad adottarlo in Italia.
E’ quello che mi contraddistingue di più. Il nonsense mi appassiona e, anzi, posso dire che quello che faccio è spettacolarizzarlo. Ovviamente abbinandolo alla parodia dei linguaggi televisivi che vanno per la maggiore, come trailer, televendite e, adesso, anche il telegiornale.
Chi sono i comici che ti hanno ispirato?
Ho degli idoli, comici e non, che seguo fin da bambino e la spinta per fare questo lavoro mi arriva principalmente dal cinema. Tra i maestri della risata posso dire di aver sempre seguito molto Carlo Verdone, Corrado Guzzanti e Massimo Troisi. Mentre dal punto di vista cinematografico adoro Robert Zemeckis. Sono cresciuto con il suo Ritorno al futuro. E’ stato il film che ha innescato la mia passione per il cinema e per questo lavoro.
Dopo questa nuova serie televisiva c’è il progetto di approdare al cinema?
Il film è il mio sogno e inizieremo a lavorarci da aprile. Avendo molte aspettative, vorrei realizzare un prodotto di qualità. Il fatto è che, avendo un grande repertorio di personaggi, faccio fatica a creare una storia che sia omogenea e che tenga conto del mio background televisivo. Cercheremo comunque di risolvere il problema in fase di sceneggiatura.
E’ faticoso essere riconosciuto per strada come Maccio Capatonda?
Mi riconoscono, certo…ma moderatamente.
* da Futura.unito.it
@Fedecallas