L’anno appena passato è stato occasione per celebrare il ventennale dalla pubblicazione di In Utero, ultimo disco da studio dei Nirvana. Cosi come il precedente Nevermind, che due anni prima portò all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno “grunge”, In Utero raggiunse le vette delle classifiche mondiali consacrando definitivamente la band di Seattle tra le più importanti della scena rock. Dave Grohl, batterista dallo stile essenziale, potente e incisivo, costituiva assieme al bassista Krist Novoselic l’anima ritmica del gruppo.
Di quella gloriosa stagione musicale e culturale, di cui appunto i Nirvana a livello mediatico furono i protagonisti, vent’anni dopo, poco è rimasto. Grohl, oggi cantante, polistrumentista, attore e da qualche anno regista, ha da poco festeggiato i 45 anni di età, e, di certo, rappresenta una delle personalità più talentuose e prolifiche nel mondo del rock. Il suo percorso, per certi versi unico, ha contribuito a ridefinire il concetto stesso di rockstar, capace di mettersi continuamente in gioco.
Dopo il suicidio di Kurt Cobain, nel 1994, e il conseguente scioglimento dei Nirvana, di certo nessuno avrebbe scommesso sulla sua carriera da solista. Nonostante il suo contribuito sia stato indispensabile al sound dei Nirvana, infatti, la figura di Grohl ha sempre avuto, nell’immaginario pubblico, un ruolo marginale nella band, offuscata dall’enorme carisma del leader.
L’esordio discografico con i Foo Fighters risale al 1995, con l’omonimo album, che contiene perlopiù demo dell’ultimo periodo con i Nirvana. Registrato in appena una settimana, Grohl suona in questo suo primo disco tutti gli strumenti. Ne esce fuori un album dallo stile pop-rock stilisticamente eterogeneo e contagioso, per energia, gusto melodico e freschezza. Le canzoni, accompagnate spesso da video surreali, contengono testi divertenti, diretti e carichi d’ironia, senza nessun intento di denuncia sociale o espressione di malessere interiore. Queste caratteristiche costituiranno il marchio di fabbrica della band anche per i sei album successivi, fino all’ultimo Wasting light del 2011: album di una potenza disarmante, lontano da ogni logica commerciale, che risulta al momento essere, come consensi sia di critica che di pubblico, il migliore del gruppo.
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Parallelamente all’attività di front man dei Foo Fighters collabora, durante questi anni, come batterista session man nei dischi di gruppi come Queens Of Stone Age, Killing Joke, Nine Inch Nails e Tenacios D, mettendo in mostra una capacità tecnica impressionante, e uno stile per taluni versi agli antipodi da quello semplice e lineare dei tempi dei Nirvana. Nel progetto più recente, Them Crooked Vultures, un super gruppo con Grohl alla batteria, John Paul Jones (Led Zeppelin) al basso e Josh Homme (Queens Of The Stone Age) alla chitarra e voce, realizza, seppur in minima parte, uno dei suoi sogni di ragazzino, ovvero suonare con i Led Zeppelin.
Ulteriore prova del genio e della versatilità dell’artista è la realizzazione, nell’anno appena passato, del film documentario Sound City. Grohl, questa volta impegnato come regista oltre che come musicista, ripercorre la storia dell’omonimo studio di Los Angeles (lo stesso dove fu registrato Nevermind), attraverso le testimonianze di numerosi artisti. Per l’occasione pensa ad una colonna sonora con canzoni inedite, riunendo sia parte degli artisti che hanno qui registrato, sia altri nomi prestigiosi del passato e del presente (Paul McCartney, Trent Reznor, Josh Homme, Chris Novolesic, Corey Taylor, Tom Petty, Foo Fighters). L’incredibile successo di film, disco e la tournee che ne ha fatto seguito, risultano essere l’ennesima scommessa vinta da Dave Grohl. Memorabile, in particolare, l’esecuzione di Cut me some slack, dove Grohl recluta per l’occasione l’ex compagno Novoselic al basso, assieme ad un Paul McCartney indemoniato come un ventenne.
Il film è una sorta di autobiografia, cosi come afferma lo stesso Grohl. Racconta l’amore profondo verso la musica, che lo mantiene perennemente nella dimensione di un ragazzino che deve ancora dimostrare tutto al mondo. Ma racconta la storia stessa dei Nirvana, del grande passo che, forse inconsapevolmente, si accingevano a fare e che avrebbe cambiato la storia della musica: “Eravamo solo dei ragazzi, avevamo delle canzoni, e avevamo dei sogni e li abbiamo buttati nel retro di un furgone”.