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L’intervista. Vitiello: “I feticisti della Costituzione non hanno un’idea laica del diritto”

by Antonio Rapisarda
13 Ottobre 2013
in Le interviste
0

foto (34)Sul Foglio – in un crescendo esilarante – li ha definiti «feticisti della Carta», con tutte le appendici legate alla «variante mistica» (Don Ciotti) e a quella «psicotica» (Barbara Spinelli). Con questa “carta”, secondo il nostro, i feticisti in questione avrebbero addirittura un rapporto da thriller psicologico degno di Psyco, nella coppia figlio-madre per l’esattezza: con la “carta”, appunto, «vecchia impagliata con le orbite vuote» davanti alla quale questi «non sanno altro che dire: “Sei la più bella del mondo, mamma”». Per Guido Vitiello insomma, docente alla Facoltà di Scienze politiche de La Sapienza, quello che è andato in scena ieri a Roma – tra Zagrebelsky, Landini e l’immancabile Ro-do-tà – è stata solo l’ennesima dimostrazione del rapporto tra una certa cultura e la Costituzione: «Un misto di devozione filiale e sottomissione masochistica».

Vitiello, ha sentito la piazza? “La Costituzione è sotto attacco…”

A me pare che sotto attacco, e da decenni, sia chiunque cerchi timidamente di riformarla. Non credo, per inciso, che oggi ci siano le condizioni migliori per ottenere qualcosa di buono. Ma queste barricate sono irresistibili, se si ha voglia di ridere, o di piangere.

Ci dà una definizione di questi “conservatori della Costituzione”?

Più che una definizione, servirebbe una tassonomia. Ce ne sono di diversi tipi, e alcuni hanno anche buone ragioni da spendere. Ma la parte più vistosa è fatta senz’altro da quelli che io chiamo “feticisti della Carta”. Ne hanno fatto una via di mezzo tra una Bibbia e un Libretto rosso di Mao.

vitiellante
Guido Vitiello

 

 

 

 

 

 

 

 

Le va di commentare alcune frasi del corteo? 

Certo.

Iniziamo con Valentina che dice: “Io sono qui perché studio legge e mi hanno insegnato che la Costituzione è perfetta”.

È una frase bellissima, per una Facoltà di Sharia a Kabul.

E poi arriva lui: “C’è in filigrana il blocco sociale di un’altra Italia”. Prosa di Nichi Vendola ovviamente…

Dove c’è affastellamento di metafore sgraziate, lì c’è Vendola. Mi pare una riproposizione del ritornello della “parte migliore del Paese”, se non fosse che la Costituzione riguarda tutti, e non può essere usata come una mazza da baseball contro la parte “peggiore”.

C’è infine chi dice – un dirigente della Cgil – che “il Capo dello Stato sta debordando”.

E non ha tutti i torti, anche se sospetto che lo dica per le ragioni sbagliate. Ma tutti i Presidenti hanno debordato, in un modo o nell’altro, alcuni (Cossiga o Scalfaro) in forme anche più vistose. Un motivo in più per verificare se c’è qualcosa da cambiare nel Grande Libretto di Istruzioni. A meno di pensare, shakespearianamente, che il Quirinale dia alla testa.

Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera” giustamente obietta: se è “la Costituzione più bella del mondo” perché l’Italia si presenta così male?

Panebianco ha ragione, ma rischia di parlare al vento. Per quelli oggi in piazza – avete visto la grafica della manifestazione? – la Carta è il “cielo stellato sopra di noi”, un giudizio lanciato sulla nostra indegnità, un orizzonte a cui tendere per migliorarci. Non proprio un’idea laica del diritto.

Loro ribattono che non occorre cambiarla ma applicarla.

Occorre applicarla nelle parti applicabili e disapplicate, e occorre cambiare le cose inapplicabili. Come l’obbligatorietà dell’azione penale, esempio supremo della distanza incolmabile tra la norma e la realtà. Ma per questi iperformalisti allergici al pragmatismo, se la norma si rivela inapplicabile, è la riprova che ad essere sbagliata è la realtà. E mi creda, cambiare la realtà richiede una procedura ben più complessa dell’articolo 138.

Ma quanto è anticostituzionale dire che la Costituzione non si tocca?

Lo è molto, nella lettera e nello spirito. Ed è prima di tutto molto stupido. Tutte gli slogan che cominciano con “Giù le mani da” sono bullismo da servizio d’ordine.

@rapisardant

Antonio Rapisarda

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