
Con fine ironia, lo storico Giovanni Belardelli, sul Foglio (27 febbraio u.s.), nell’articolo “Bella la Cina libera e pacifica descritta da Rovelli. Peccato che non esista”, ricorda al fisico Carlo Rovelli che in Cina non si vota, che il suo regime politico è una dittatura, che i jet cinesi sorvolano ripetutamente Taiwan per “rendere evidente” la disposizione di Xi al dialogo.
Occidente, pallida madre
In effetti, l’Occidente è un albero autunnale, che sta rendendo “alla terra tutte le sue spoglie” – ovvero i suoi antichi valori, calpestati dal mondialismo, dal politicamente corretto, dal “dirittismo”, dalle ideologie lgbt, che massacrano l’istituto familiare – ma conserva un irrinunciabile ramo maestro, checché ne pensino i suoi critici: la democrazia elettorale, la libera competizione tra partiti rivali per il potere di governo”.
Chi perde, a casa! …E perché?
Il punto decisivo – per distinguere la società aperta dalle altre, diceva K. R. Popper – è unicamente la destituibilità del governo, con una votazione, senza spargimenti di
sangue”. In nessun’altra area del pianeta è possibile, tranne che in quella euro-atlantica. E tuttavia il gioco deve essere corretto e qui ha ragione J.D. Vance che, a Monaco (15 febbraio), ammoniva “ciò a cui non sopravvivrà nessuna democrazia, americana, tedesca o europea, è dire a milioni di elettori che i loro pensieri e le loro preoccupazioni, le loro aspirazioni, le loro richieste di aiuto non sono legittime o non meritano nemmeno di essere prese in considerazione”.
Quando Gianfranco Pasquino (Domani, 26 febbraio u.s.) squalifica moralmente e politicamente milioni di elettori, perché “discendono da un passato che non è mai passato”, ci troviamo in presenza di autentici “bari della democrazia”: si perdono le elezioni, come i socialdemocratici (di poco in Austria, di molto in Germania), ma si sta ugualmente al governo, giacché il Paese necessita del “cordone sanitario” contro il fascismo eterno.
Il frigorifero dei voti missini
Il vero liberale non mette in frigorifero – come si faceva una volta col Msi, prima che Craxi e Berlusconi lo sdoganassero – i voti di quanti appoggiano partiti che non sono quelli di Pasquino (e neppure i miei), ma cerca di recuperarli con politiche che vengano incontro agli interessi, ai valori di concittadini che considera avversari, non nemici. L’allarmismo antifascista serve solo a perpetuare la “guerra civile”.
Da Il Giornale del Piemonte e della Liguria
*Professore emerito di Storia delle Dottrine politiche all’Università di Genova