Giovanni Colombo detto Gianni, classe 1944, piemontese di Verrua Savoia, partendo dalle giovanili del Torino, ha giocato nel Bari, nella Turris, nell’Omegna, è stato un portiere di grande valore.
Quando con i suoi 180 centimetri si allungava da un palo all’altro della porta che difendeva, sembrava veramente un… colombo, il cui stile lo si poteva ammirare soprattutto guardando la partita dalla curva. Ripercorre per Barbadillo i momenti salienti della sua attività.
Colombo come giunse a militare nelle giovanili del Torino nel 1965?
“È d’obbligo fare una premessa. Nell’epoca in cui ero fanciullo, il calcio nasceva negli oratori. Molti calciatori, famosi e meno famosi, sono nati e sono stati scoperti negli oratori. Gli osservatori delle squadre di calcio, quando volevano scoprire dei talenti si recavano negli oratori. L’oratorio era garanzia di sicurezza per i genitori in quanto, dopo aver portato a termine i compiti di scuola, in tanti trascorrevamo varie ore in oratorio a giocare a calcio. E spesso non mancavano le visite degli osservatori i quali, visti all’opera i ragazzi, dirottavano quelli ritenuti idonei, con l’assenso dei genitori, verso le squadre giovanili. Ciò provocò il risentimento dei preti che in tal modo si vedevano sfilare dall’oratorio tanti ragazzi. Per un certo periodo impedirono agli osservatori l’accesso agli oratori.
Accadde la stessa anche a me. Giocavo a calcio nell’oratorio Gesù Adolescente di Torino, quando fui scoperto dagli osservatori granata che mi fecero approdare giovanissimo, al Cenisia, squadra collegata al Toro. Successivamente giocai nelle giovanili del Torino dal 1965 al 1967”.
Come avvenne nel 1967 il trasferimento a Bari, in B?
“Fui ceduto a titolo definitivo, a volermi in biancorosso fu l’allenatore Toneatto”.
In quale zona della città abitò?
“Dapprima in via Napoli, in seguito in un nuovo quartiere, Poggiofranco, bellissimo quartiere. Guardi mi sta facendo commuovere con questi ricordi…ho la pelle d’oca…vi ringrazio per questa intervista”.
L’emozione viene condivisa dalla consorte, signora Graziella:
“Io che sono milanese, con nonna svizzera e nonno bergamasco, non ero mai stata al sud, ma ho un bellissimo ricordo di Bari, città splendida nella quale ho lasciato il mio cuore. Che meraviglia quella via Sparano e quel negozio Mincuzzi che vendeva roba splendida. Ogni volta che tornavamo a casa, al nord e mostravo a perenti ed amiche i capi di abbigliamento di Mincuzzi mi chiedevano:
‘Ma da dove prendi questa roba?’”.
Riprende Giovanni Colombo:
“Io mi divertivo facendo degli scherzi perché spacciavo a parenti ed amici sbigottiti per la qualità dell’abbigliamento, gli abiti di Mincuzzi come omaggi ricevuti in occasione di partite di calcio amichevoli disputate in Francia ed in Inghilterra. Dopo rivelavo la esatta provenienza”.
Che ricordo ha della Bari città in cui ha vissuto per ben sei stagioni?
“Un ricordo splendido. Amavo i bambini e per questo mi dilettavo a fare della beneficenza ai fanciulli più bisognosi. A Bari non ho lasciato il cuore, ma tutto me stesso”.
Campionato 1967-68 Serie B. Eravate tutti potenziali titolari lei, Mantovani e Miniussi?
“La scelta tecnica di Toneatto cadde su Mantovani titolare, un ottimo portiere”.
Cosa ricorda del suo esordio in B, al della Vittoria, il 15 ottobre 1967, Bari-Palermo 1-0 rete di Mujesan?
“Ricordare oggi quell’esordio mi fa venire la pelle d’epoca anche perché salvai il risultato con diversi interventi decisivi”.
Con il quarto posto il Bari mancò per un soffio la A.
“Vi fu sfortuna ma, a quel tempo, un Bari in A non faceva comodo ad un certo ambiente. Nelle trasferte al nord avrebbe attirato pochi spettatori fatta eccezione i baresi che vi abitavano”.
La A non sfuggì l’anno dopo al Bari, terzo classificato nel Campionato 1968-69.
“Per la squadra messa su e per il gioco espresso dal Bari, la Serie A non ci sarebbe potuta sfuggire. Sapevamo delle note difficoltà ad accettare le squadre del sud in Serie A, ma avevamo le spalle larghe”.
Dalla promozione, fino al 1972, portiere titolare divenne Spalazzi. Come accolse la decisione tecnica di essere il secondo di Spalazzi?
“Non ebbi nulla da dire. Spalazzi era una grande portiere e, pertanto, meritava il posto da titolare. Bibi, così soprannominato, era giunto a Bari dal Bologna con vari giocatori rossoblù in cambio di Mujesan”.
Che ricordo ha di quella promozione in A?
“Un sogno che diventò realtà anche perché non partimmo bene; poi esplodemmo. Fu un’emozione grande, una festa continua. Quando percorrevamo le vie del centro, via Sparano, era impossibile camminare perché i tifosi, circondandoci, facevano festa. Bellissimi ricordi, indimenticabili”.
Nel Campionato di A 1969-70 neo allenatore del Bari divenne Oronzo Pugliese. Differenze fra Pugliese e Toneatto.
“Toneatto aveva delle elevate capacità tecniche, era un padre, ma un padre anche severo al momento opportuno, un grande personaggio. Badava molto alla disciplina, ci teneva continuamente d’occhio, ci metteva il pepe addosso.
Pugliese era un trascinatore. A volte per seguire un’azione importante era capace di saltare dalla panchina e seguire, correndo, il giocatore della propria squadra portatore di palla per incoraggiarlo a finalizzare al meglio l’azione”.
E del presidente De Palo cosa ricorda?
“Un grande Presidente, una figura eccezionale. Non si sbilanciava mai, quando però veniva negli spogliatoi era capace di diventare un eccellente trascinatore”.
Lei ha vissuto la A con il Bari senza giocare alcuna partita. Ciò le provocò rabbia o dispiacere?
“Rabbia no, dispiacere sì. Comunque accettavo le scelte tecniche dell’allenatore. Scendevo in campo portando la maglia del Bari stampata sul mio corpo perché mi sentivo coinvolto sentimentalmente”.
Era il modo migliore per fare gruppo.
“Bravo, ha detto bene”.
La sostituzione di Pugliese con Carlo Matteucci non evitò la retrocessione.
“Ribadisco quanto detto prima: il Bari non faceva cassetta per cui un Juve-Bari, un Milan-Bari, non facevano registrare il pienone. Per la Juve venire a giocare a Bari non era economicamente produttivo. Per tale motivo le squadre del Sud non erano ben viste in A”.
Campionato di B 1970-71: come accoglieste il ritorno di Toneatto allenatore?
“La maggior parte di noi giocatori fu contenta del ritorno di Toneatto”.
In quella stagione il Bari sfiorò la A venendo sconfitto negli spareggi da Atalanta e Catanzaro che raggiunsero il Mantova nella massima serie.
“Psicologicamente eravamo ben messi, solo che andò purtroppo così e, comunque, Atalanta e Catanzaro non erano superiori al Bari”.
Sempre con Toneatto alla guida, il Campionato 1971-72 fece registrare un deludente 11° posto.
“Alcuni rapporti andarono affievolendosi e vari giocatori non mantennero i livelli elevati degli anni precedenti”.
Con la venuta di Carlo Regalia, Campionato 1972-73 lei divenne finalmente titolare avendo come secondo Giampaolo Merciai. Ci descrive Regalia?
“Accolsi molto bene la notizia della mia promozione a titolare. Regalia era un giovane allenatore dalle idee calcistiche rivoluzionarie per quell’epoca. Era giovane, aveva delle vedute moderne ed in più aveva il vantaggio di essere un ottimo osservatore di giovani calciatori. Ciò fu importante per quella prima esperienza da allenatore in una piazza importante come quella di Bari”.
Nel 1973 i biancorossi si classificarono all’11° posto, ma ebbe termine la sua permanenza a Bari. Se l’aspettava la cessione in C, alla Turris?
“Fu una cessione improvvisa, a titolo definitivo; non fui contento. Si trattò di una decisione di natura tecnica e societaria. A Torre del Greco mi trovai comunque bene, un’esperienza che ricordo positivamente”.
Retrocesso in C, il Bari nel Campionato 1974-75 si scontrò con la Turris i cui pali erano difesi da lei. Finì 1-1 all’andata a Torre del Greco, 3-1 per il Bari al ritorno. Cosa provò tornando a Bari, da avversario e come fu accolto dai tifosi baresi?
“Il mio ritorno a Bari da ex fu un’emozione incredibile, specialmente quando salii le scale che dallo spogliatoio conducevano al campo di gioco. I tifosi mi accolsero bene, mi hanno sempre voluto bene. Pensi che anni fa ero Bari e fu una grande emozione essere fermato da alcuni tifosi che, riconoscendomi, con quel simpatico accento barese, dissero:
‘Tu sei Colombo, il portiere del Bari, come va?’.
A Bari ho lasciato un bel ricordo”.
Quando ebbe sentore che non avrebbe giocato in A?
“La speranza è sempre l’ultima a morire. Quando venni ceduto alla Turris capii che non avrei giocato in A, ma non mi lamentai perché, anche se la A si allontanava, a Torre del Greco sono stato bene”.
Lei ha concluso la sua carriera in Piemonte, con l’Omegna dal 1975 al 1978. Nel 1976-77 l’Omegna venne promossa in C.
“Una soddisfazione che è rimasta nel mio cuore perché, non solo fui il fautore di quella promozione, ma risultai determinante nel mio ruolo di portiere. Quello del portiere è un ruolo delicato, impegnativo, perché si può anche non fare goal, ma se il goal lo si evita è certo che non si viene sconfitti”.
Il momento più bello e quello meno dello della sua carriera calcistica.
“Il più bello la promozione in A con il Bari; il più triste la retrocessione B. Anche se ci hanno retrocessi perché, ribadisco, il Bari non faceva cassetta”.
Il migliore allenatore?
“Toneatto”.
Il suo più grande amico?
“Non c’è stato un grande amico perché ho sempre cercato di essere amico di tutti i miei compagni di squadra”.
Chi è stato il suo maestro?
“Sentimenti IV, un grande portiere che mi ha insegnato, mi ha aiutato moltissimo a farmi venire fuori. Lui mi ha veramente insegnato a fare il portiere. Inoltre era dotato di un tiro talmente forte che, se parato, faceva sanguinare le mani; all’epoca i palloni erano più pesanti di quelli attuali. I tiri di Sentimenti IV erano delle autentiche sberle e non era escluso che si finisse in rete con il pallone parato. Se la bordata veniva bloccata fra le braccia facendo scudo del corpo quando ci si spogliava, a termine partita, sullo stomaco erano evidenti i segni del pallone”.
Per chi tifa oggi Colombo?
“Torino”.
Ultima domanda: un giudizio sul calcio di oggi.
“Una speculazione, una cosa bel lontana dal calcio dei miei tempi.
Vi ringrazio per questa intervista e per l’opportunità che mi avete dato ricordando un periodo felice e significativo della mia vita. Mi avete veramente commosso. Grazie! Comunque sempre Forza Bari”.