E’ tornato il Grande Boh. E non poteva essere altrimenti. Lorenzo Jovanotti si prepara a coronare l’estate nazionale con un concertone teletrasmesso su Rai Uno, questa sera. Successo assicurato. La Stampa ha giocato d’anticipo nell’edizione domenicale, dedicandogli un’intervista-lenzuolo griffata Massimo Gramellini: il Jovanotti scrivente (Gramellini) col Jovanotti cantante (Cherubini), una sorta di monologo interiore che è un compendio di Jovapensiero, l’essenza di chi attraversa ogni moda e decennio tenendo assieme tutto e niente, ballando e cantando per l’Amazzonia e la pecunia.
L’eterno ragazzo confessa l’amore di sempre per l’America (dove andrà presto ad “investire su se stesso”) e la non antipatia per Berlusconi (“avversario politico, non antropologico”), predica l’”economia di sostenibilità ecologica” contro la “mania di preservare e basta”, né si scorda di dare il cinque a papa Francesco. Anima naturaliter renziana: e infatti, puntuale, ritorna l’endorsement al sindaco più jovanottiano che c’è. Poteva essere altrimenti?
Nel Jovapensiero c’è tutto, cioè niente: la politica ridotta a 2 euro di primarie o di sms contro la fame e la guerra, la spiritualità confinata nel ritiro in un resort monastico, l’arte catalogata in forma di nuvole e tramonti su Instagram. E’ l’immagine riflessa della banalità mid-cult che invade gli scaffali, di quelle librerie postmoderne così ben fustigate di recente da Buttafuoco. Un pensiero che fa schierare ma non troppo, fa indignare ma non troppo, soprattutto non fa discutere e quindi, in definitiva, nemmeno pensare.
Il Jovapensiero sopisce e tronca, come il Conte zio manzoniano. E’ l’ultimo autoritarismo ancora ammesso. E infatti, tra le righe, affiora l’uomo d’ordine: “Un giorno, in una megalopoli, guardavo con orrore la favela cresciuta accanto a un quartiere ricco, ma chi era con me disse: crescere con un quartiere ricco accanto è l’unico modo in cui un ragazzo povero può pensare di cambiare la propria vita”. Reaganomics per stomaci forti, tanto che perfino Gramellini, in un sussulto di cinismo, (si) domanda: “Ma chi era il tuo accompagnatore, Briatore?”.
In tema di ecologia, un accenno ancor più rivelatore: “E’ la destra che esalta la wilderness della natura. La sinistra deve tenere insieme natura e cultura”, perché “la natura è crudele, fidati”. Il Jovapensiero non ama il bosco di Junger, né quello di Thoreau, o la Fangorn tolkeniana. Pretende una natura addomesticata, antropomorfa, senza imprevisti né conflitti: lo specchio del proprio autoritarismo sorridente.
Questa sera il Grande Boh ci aspetta su Rai Uno con la sua dose di ottimismo obbligatorio. Sarà un successo. Non può essere altrimenti, in un Paese dove la destra legge poco e pensa meno, e la sinistra che legge, un tempo detta “pensante”, ha smesso di esserlo da quando si è annichilita nel “penso positivo”, unico imperativo morale del Jovapensiero.