C’è un rosario quotidiano che ci avvolge con i suoi grani e non ha nulla di spirituale. Non viene diffuso da Lourdes ma ci viene sottilmente imposto dai tg, mentre sorbiamo il nostro brodino per cena o dai talk show e dai quotidiani cartacei, mentre spalmiamo burro e marmellata sulle fette biscottate. In quei momenti, si sa, la nostra capacità critica e reattiva è ai minimi, e siamo pronti ad assorbire qualunque messaggio, che si tratti di automobili o di pannoloni, di merendine o di dentifrici. O di Ucraina.
Ecco, da un anno a questa parte il rosario dell’Ucraina prevede sempre le stesse poste: la colpa della guerra è della Russia di Putin; bisogna sostenere il paese invaso con l’invio di armi e colpire l’invasore con sanzioni economiche crescenti, bisogna difendere la democrazia – rappresentata dall’Ucraina – e condannare l’autocrazia, incarnata dal nuovo Hitler russo, e via elencando. Tutti hanno orrore della guerra, ma nessuno – o quasi – che parli di pace, di via diplomatica, di mediazioni. La via delle responsabilità di questa tragedia è a senso unico, e le ricostruzioni storiche della crisi sono appiattite sulle versioni “Usa-Nato-Occidente”. Perfino le voci di soggetti internazionali comunque dotati di prestigio, come l’Onu e le Chiesa cattolica si sono affievolite.
Quanto al campo, il ripetuto invio di armi sempre più potenti e sofisticate all’Ucraina ne rafforza le capacità di resistenza e contemporaneamente prolunga indefinitamente il conflitto, i cui obiettivi non si capisce se siano più confusi o inconfessabili. Si diceva della difesa della democrazia, e questa bandiera ci riporta indietro, alla seconda guerra mondiale, che si proponeva la medesima finalità, in quel caso contro il fascismo e il nazionalsocialismo del Terzo Reich. Solo che noi eravamo dalla parte dei “cattivi”
La posizione del governo italiano
E su questo terreno affondano le radici, tanto per scendere alla periferia dell’impero, le posizioni del governo italiano, sostenuto da una maggioranza che si vuole di “destra-centro”. Qui il problema si fa complesso e, starei per dire, generazionale e perfino personale. Veniamo da decenni di guerra fredda, dove si contrapponevano da un lato il blocco atlantico sotto l’ombrello USA, caratterizzato da sistemi liberaldemocratici e da un’economia capitalistica; dall’altro, quello sovietico, sotto una dittatura totalitaria e ispirato al socialismo materialista. Entrambi i blocchi avevano – hanno? – vocazione imperiale, che include non solo difesa dei territori di competenza, in base agli sciagurati accordi di Yalta, ma anche punzecchiature qua e là al nemico ideologico e militare, con conflitti locali – le famigerate guerre per procura – per saggiarne le capacità di reazione. All’interno di questo sistema, bloccato anche per il deterrente nucleare, ciascuno dei due centri imperiali, da una parte Washington, dall’altra Mosca, si teneva stretto il diritto d’intervenire militarmente (ma anche per altre vie: colpi di stato bene orchestrati o attentati destabilizzanti) a tutela dei propri interessi geopolitici.
I vecchi blocchi
La mia generazione è cresciuta dunque nella religione dell’anticomunismo, in contrasto con la predicazione dell’altra “Chiesa” – appunto, quella comunista – all’interno di un sistema politico, nazionale e internazionale, bloccato, da Yalta in poi. Dentro questa bolla, abbiamo conosciuto il benessere, a partire dal piano Marshall; un benessere che aveva i colori, i suoni, i sapori delì’americanosfera. Ci siamo nutriti dei film e dei fumetti che esaltavano l’epopea western, ci siamo entusiasmati alla musica rock, ci siamo identificati con i marines in campo prima contro i giapponesi e poi contro i vietnamiti (ah, quei berretti verdi!), abbiamo imparato a mangiare hamburger e a bere Coca Cola e perfino ad appassionarci alle gangster’s stories in bianco e nero e ai musical di Broadway, prima di cedere a “Dallas/Dinasty” e ora al diluvio di Netflix.
La letteratura russa
Insomma, la grande letteratura russa dell’Ottocento, la musica di Chaikovskij e Prokofev, i balletti di Diaghilev, la solenne spiritualità della religione ortodossa apparivano troppo distanti – non solo geograficamente – dalla nostra cultura e dalla nostra sensibilità. E poi c’era il grande pretesto politico, che mandava soprattutto i giovani su opposte barricate, specie in occasione di rivolte eroiche e sfortunate come quelle di Budapest e Praga. Solo in Francia, intelligenze come quelle di Jean Cau e Alain de Benoist, con acume lungimirante, tentavano di far capire all’opinione pubblica europea che sotto la vernice politico-ideologica del comunismo palpitava una civiltà che, non solo dal punto di vista geopolitico, sarebbe stato opportuno riavvicinare all’Europa (del resto, quello era anche il disegno di un grande statista, come Charles De Gaulle). E “Il male americano” di Giorgio Locchi o il pamphlet “USA e getta” di Marcello Veneziani non solo non influenzavano il grande pubblico, ma sfioravano appena i centri culturali e le segreterie di partito, per non parlare delle Istituzioni.
Anche all’interno della destra politica, rappresentata dal MSI, la componente filo-atlantica almirantiana era largamente maggioritaria, rispetto a quella rautiana, genuinamente europeista; tanto che tale continuità “filo-occidentale” di derivazione missina, palesata dalla Meloni, ha praticamente azzerato sospetti e accuse di neofascismo nei suoi confronti. Benedetta Ucraina!
L’era del Grande Fratello
Oggi – e non da oggi – tutti dicono che i tempi sono cambiati, ma non se ne traggono le debite conseguenze. Oggi il Grande Fratello – non quello squallido della nostra televisione commerciale, ma quello autentico di George Orwell – non ha i baffoni di Stalin e non abita a Mosca, ma diffonde i suoi subdoli messaggi dalla Silicon Valley, predica il verbo della cancel culture e instaura il più sottile e pernicioso totalitarismo nel nome di una finta libertà d’espressione. Il comunismo, almeno quello russo, non esiste più; anzi, Putin finanzia i monasteri del Monte Athos e rivaluta i Romanoff, sotto l’insegna “Dio, Patria e Famiglia”, che dovrebbe appartenere anche alla Destra, conservatrice o sovranista. Quanto al comunismo cinese, beh con quello si fanno affari, alternando larvate minacce con sguardi preoccupati per la questione Taiwan e per l’eventuale appoggio anche militare alla Russia (già avviato?).
Carte rimescolate
Almeno da noi, la guerra ha però contribuito a un nuovo rimescolamento di carte: quelli che su due sponde contrapposte furono, da un lato fieri sostenitori di Stalin e Kruscev, e dall’altro di Mussolini prima, di Rauti poi, si trovano a marciare metaforicamente insieme e addirittura insieme al Papa e alla Comunità di S. Egidio. Grande è la confusione sotto il cielo.
Terza via europea?
E allora che fare? Avallare i disegni geopolitici della nuova, eterna Russia? Preferire le cupole del Cremlino a quella del Campidoglio amerikano? Ripiombare nell’umiliante dilemma “Franza o Spagna”? In realtà una terza via ci sarebbe, e si chiama Europa; basterebbe ricordare che “alleato” non è sinonimo di “servo” (non solo Sigonella, ma perfino la Turchia di Erdogan ne fornisce qualche esempio). Basterebbe fare meno salamelecchi a Zelensky e indurlo a qualche rinuncia per agevolare il tavolo negoziale, magari usando l’argomento della sospensione dell’invio di armi. Saranno capaci di tanto Roma e Parigi, Bruxelles e Berlino? Nutro forti dubbi. Intanto, la Cina fatica a trattenere i quattro cavalieri dell’Apocalisse.
‘Terza via europea? Saranno capaci di tanto Roma e Parigi, Bruxelles e Berlino?’ Fin troppo facile rispondere di no. Non ne siamo capaci, credo, non abbiamo forze armate, dopo 78 anni dalla fine del WWII, e dopo secoli di guerre ancora ci guardiamo in cagnesco, con molta diffidenza, al di là di inutili foto di gruppo sorridenti, dopo uno dei Summit altrettanto inutili.
‘Putin finanzia i monasteri del Monte Athos e rivaluta i Romanoff, sotto l’insegna “Dio, Patria e Famiglia”, che dovrebbe appartenere anche alla Destra, conservatrice o sovranista’. Mi sembra tutta fuffa propagandistica. Anche il KGB sovietico finanziava la nostra sciagurata destra radicale negli anni ’70. Basta vedere chi è oggi al lato della Russia in campo internazionale. Putin vuol pure ribattezzare Volgograd Stalingrado…. Putin è il nuovo Stalin (almeno gli piacerebbe) e, nel fondo, comunista, marxista-leninista al 100%.
Condivido pienamente. Siamo in un’Europa senza capo nè coda,prona agli Usa,incapace di un decente politica estera che abbia un minimo d’autonomia. Sull’Ucraina s’è toccato il fondo dato che la Ue non è stata capace di tentare una via diplomatica e ha sconsideratamente attuato inutili sanzioni che hanno colpito poco la Russia ma che,al contrario si si ritorcono contro di noi. Leader incapaci e ig noranti di geopolitica. Non si può isolare la Russia,l’America ha interessa ad indebolirla,noi no,anzi,la si doveva avvicinare all’Europa perchè è anche Europa. Insomma,un fallimento su tutta la linea
Persino Prodi (Corsera) ha compreso che l obiettivo degli Usa era indebolire l Europa
Peccato che abbiano trovato Putin come manovale nell’ impresa
Uscire dal tifo da stadio è rimettere al centro l Europa
Incominciano a non confondere un popolo con il suo Presidente, proseguiamo non rinnegando uno dei capisaldi della nostra cultura politica quale dovrebbe essere l autodeterminazione dei popoli
Facciamo scegliere agli ucraini cosa vogliono essere e cosa si sentono
Non decidiamo per loro ( per le nostre paure) che sono ( storicamente?) russi grazie alle nostre ubbie intellettuali
Non cadiamo nell’errore di considerare la Russia baluardo delle nostre fisime
Per il resto è vero che la guerra è stata scatenata perché faceva più paura l Ucraina nell’Europa che nella Nato
In definitiva spiace constatare che non avendo realizzato la terza via ( con cui tutti ci siamo sciacquati la bocca) ci siamo aggrappati alle quarte teorie
Daje raga che il pallottoliere ha ancora palline!
Condivisibile quanto scritto da Valter Ameglio.
L’intervento di Del Ninno è come sempre ricco di stimoli. Inizialmente nutrivo stima per Putin, e non ero certo il solo. Aveva risollevato la Russia dalla situazione critica in cui si trovava a dieci anni dalla caduta del muro e professava valori tradizionali che condividevo. Anche il grande Solgenitsyn lo stimava, ampiamente ricambiato. Apprezzavo la sua fermezza nel reprimere il terrorismo islamico e nel perseguire le offese alla religione delle varie Pussy pot, che invece in Francia hanno potuto impunemente orinare nelle basiliche.
Credo che la sua scelta di invadere l’Ucraina sia stato un errore marchiano, di cui si sta pentendo amaramente. Il fatto che non sia riuscito a invadere con una passeggiata militare il Paese è stato una fortuna, perché la presenza dell’armata russa ai confini con la Polonia potrebbe essere stato causa di una terza guerra mondiale.
Detto questo, ora è il momento di cercare di fermare il conflitto per ragioni umanitarie, geopolitiche, economiche. Questa terza guerra mondiale per procura serve solo (ma per quanto?) agli Stati Uniti, che ci vendono a caro prezzo il loro gas e in più rischia di avere come risultato il riavvicinamento di Russia e Cina, demolendo quello che fu il capolavoro diplomatico di Kissinger. Oltre tutto, una sconfitta militare di Mosca rischierebbe di portare alla caduta di Putin, sostituito però, temo, non da esponenti democratici ma dai “falchi” interni al suo stesso partito. E qui la pace e la sicurezza mondiali sarebbero ancor più in pericolo.
Ma per ottenere la pace bisogna far capire a Zelensky che non siamo disposti a finanziarlo e armarlo a tempo indeterminato, che deve – nell’interesse stesso del suo popolo – accettare una soluzione di compromesso, che non può pretendere di riappropriarsi della Crimea, che pretendere una nuova Norimberga per una classe politica che controlla un arsenale atomico è mera follia. Ne saremo capaci?
Questo per quanto riguarda l’aspetto strategico. Per quanto riguarda l’aspetto culturale dei nostri rapporti con gli Stati Uniti, sono solo in parte d’accordo con Del Ninno. Anch’io sono sempre stato critico nei confronti della way of life statunitense. Ma siamo convinti che l’Europa di oggi sia migliore? L’Europa delle maggioranze Ursula, della dittatura sanitaria, l’Europa che ci impone persino a chi fare aprire gli ombrelloni , come mangiare, cosa non bere, come riscaldare le nostre case, come declinare il femminile e il maschile? Ci siamo americanizzati più degli stessi americani e non siamo in grado di generare anticorpi. Quanto all’aspetto militare, è meglio stendere un velo pietoso. Siamo forse più di prima dipendenti dalla Nato: bisogna riconoscerlo. Col nostro esercito sindacalizzato, in cui i soldati marcano il cartellino per trentasei ore come impiegati al catasto, rischieremmo di essere sconfitti anche dalla Repubblica di San Marino…
De
Verissimo!
L’Europa conta un emerito tubo, ma visti i Borrell, la pennuta Ursula, Michel, Stoltenberg ecc. forse è meglio così.
La descrizione sulla guerra in Ucraina fatta magistralmente da Franco Cardini dalla Merlino,la settimana scorsa è perfettamente anerente alla realtà dei fatti.Su Franco Cardini mi devo ricredere, sebbene egli è ammiratore di Fidel Castro e Company ed io assolutamente NO!!/
Le terze vie han sempre portato male.