Gennaro Malgieri, giornalista e scrittore, già parlamentare e direttore del Secolo d’Italia e de L’Indipendente, che immagine dell’Italia emerge dal voto del 25 settembre?
“Emerge un’Italia che non ha più voglia di accontentarsi di essere governata da occasionali personaggi che non hanno niente a che fare con la politica, per quanto possano avere delle qualità in alcuni campi specifici. Gli elettori vogliono l’Italia del popolo la cui fisionomia è decisa dal loro voto. E pazienza se l’astensionismo ha messo i partiti nella condizione di non esprimere al meglio la loro forza. Il pane si fa con la farina che si possiede. Il sistema politico, la disaffezione per le istituzioni, la distrazione dovuta allo sbandamento sociale sono stati i fattori dell’allontanamento dal voto dei cittadini. Se li si vuol far tornare alle urne bisogna offrire loro delle prospettive comprensibili e possibilmente appassionanti, in grado di coinvolgerli in prospettive di cambiamento come può essere la Grande Riforma della Costituzione incentrata sul presidenzialismo”.
Come giudica i toni dell’attuale clima politico?
“Dopo la più sgangherata, velenosa, volgare e violenta campagna elettorale del dopoguerra, sembra che i toni si stiano mitigando. Da un lato dipende dalla riflessione, se così la si può chiamare, avviata nella sinistra tramortita, ma dall’altro indubbiamente dal lavorio pacato, intelligente, sommesso di Giorgia Meloni, capace di non far saltare i giochi nel centrodestra. Questo secondo fattore ha certamente contribuito ad un abbassamento dei decibel politici e mi sembra un buon viatico per mettere insieme un governo coeso e solido, nonostante vi sia qualcuno, la Lega, ed in particolare Salvini, che stia facendo di tutto per mostrare il peggio del suo modo di fare, pretendendo l’impossibile e non acconciandosi ad una collaborazione serena. Lo abbiamo già visto all’opera il leader della Lega e non ha lasciato una grande impressione, in senso positivo, in chi lo ha valutato come ministro dell’Interno. Perché insistere su una posizione osteggiata dai partner e non apprezzata coralmente dai cittadini? Qualche tono alto lo devono abbassare coloro che ritengono di aver vinto le elezioni nel centrodestra ed invece le hanno perse. Le ha vinte soltanto la Meloni: può dispiacere, ma dai raffronti con i precedenti emerge chiaramente”.
La stagione è dura, tra guerra in Ucraina, emergenza energetica e caro bollette. Cosa bisogna aspettarsi dal governo di centrodestra?
“Ci metterei anche la pandemia che sta nuovamente mietendo vittime, per fortuna la mortalità è scesa ai minimi grazie alla campagna di vaccinazione, ma voltare la testa dall’altra parte pensando che il pericolo sia passato è da incoscienti. Per quanto riguarda la crisi energetica il prossimo governo non deve farsi mettere i piedi in testa da alcuni Paesi europei che con la loro arroganza dimostrano che l’Unione è una finzione. La nostra politica energetica deve rispondere agli interessi nazionali, con tutti i mezzi, visto anche il comportamento della Germania, della Francia, dell’Olanda e di altre nazioni. Se la Federazione Russa persevera nel condannarci al freddo dobbiamo reagire con tutti i mezzi, non soltanto aumentando gli aiuti all’Ucraina, ma rispondendo sul piano politico e diplomatico. La follia di Putin nell’agitare una “soluzione” atomica è una pistola scarica. Non dovremmo farci intimidire. E soprattutto dovremmo rispondere cercando, come si sta facendo, approvvigionamenti energetici altrove. La Russia, guidata da un vecchio manutengolo del KGB, ha di che preoccuparsi per se stessa. Nello stesso tempo dovremmo far capire agli americani che noi europei guerre per procura non siamo disposti a farne, né tantomeno a ricoprire il ruolo di vassalli nei confronti di nessuno a cominciare dagli Stati Uniti”.
Giorgia Meloni verso l’incarico di premier. Come si comporterà la leader di Fratelli d’Italia alla guida?
“È difficile fare pronostici. Ma ho motivo di credere, per come la conosco, che si comporterà con equilibrio e prudenza, valori tipicamente conservatori, come diceva Edmund Burke. Non riesco ad immaginarla nel tessere velleitarie intese senza sbocco, mentre la vedo incline al dialogo con le forze politiche e con quelle sociali. Il suo recente approccio alla questione del rapporto con i corpi intermedi è una delle manifestazioni più intelligenti che si siano sentite negli ultimi vent’anni in politica. Sui corpi intermedi si dovrebbe costruire un nuovo ordine sociale: è un aspetto culturale innanzitutto, sul quale la riflessione e la discussione dovrebbero essere vive. Va dato atto alla Meloni di aver tratto dall’ombra un tema che da tempo non era più all’ordine del giorno creando, con la disintermediazione, i presupposti del caos tra le componenti vitali della società”.
FdI, con percentuali record, stacca di molto Berlusconi e Salvini. Gli alleati di centrodestra riusciranno a convivere nella coalizione o scoppieranno malumori?
“Temo i malumori. Li prevedo. Gli alleati della Meloni ho l’impressione che non abbiano compreso quale sia la posta in gioco. E non credo, allo stesso tempo, che si sentiranno appagati da ministeri e sottosegretariati. Immagino forti tensioni sulle quali l’azione, oltre che della Meloni, anche del presidente della Repubblica può essere decisiva. Mi consola il fatto che minacciare crisi con sbocchi elettorali, posto che non vedo altri governi di unità nazionale (guidati peraltro da chi?), significa rifare in un breve lasso di tempo le elezioni. A tutti potrebbe convenire tranne che a Berlusconi e Salvini soprattutto se dovessero essere i responsabili di una crisi che nessuno capirebbe”.
A sinistra che succede? L’area progressista si ricompatterà?
“Al momento non credo che si ricompatterà. Il Pd finirà per sfaldarsi, mentre i suoi satelliti si uniranno per non sparire. Vedo piuttosto agguerrito il M5S al Sud grazie alla più losca politica clientelare, fondata sul Reddito di Cittadinanza. Ma con la crisi che avanza non credo che questa misura possa durare in eterno. La povertà bisogna combatterla con altri mezzi, cominciando con il creare lavoro, non con le ricche elemosine che sono oltretutto immorali dal punto di vista etico, oltre che sociale. Se la destra governerà bene, ritengo che la sinistra, pur non abbassando le sue arroganti piume, intraprenderà un lungo cammino per ricomporsi, alla fine del quale nessuno potrà dire oggi quale sarà l’esito. Intanto la sua classe dirigente, e mi riferisco al Pd, cominciando da Letta, prepara gli scatoloni”.
Si discute di riforma in senso presidenzialista dell’impianto costituzionale. È la ricetta giusta per il Paese?
“Il presidenzialismo è un grande tema politico-istituzionale che da sempre ha attraversato le diverse famiglie politiche in Italia. E non va considerato come una sorta di contropotere, ma come un elemento di equilibrio e di riconoscibilità del processo di formazione della decisione che è uno dei fattori necessari alla modernizzazione del Paese. Da essa, dal momento decisionale “forte”, non si può prescindere se si intende procedere alla modernizzazione sociale e delle strutture civili del Paese, se non si dotano, cioè, i centri decisionali di poteri efficaci che, al momento, non dimentichiamo, vengono esercitati da soggetti diversi dalla classe politica, e dunque privi di legittimazione democratica, come supplenti insomma, che agiscono sulla spinta di interessi personali o di gruppo”.
La sinistra però vagheggia svolte autoritarie…
“Il presidenzialismo è un elemento di partecipazione, come si accennava, ma anche di chiarificazione all’interno dei rapporti tra i poteri dello Stato. Con la sua adozione si stabilisce una netta linea di demarcazione tra i controllori ed i controllati, tra potere legislativo e potere esecutivo. Il Parlamento può effettivamente esercitare un controllo sul governo avendo questi la sua fonte di legittimazione fuori dalle aule parlamentari. La formula della Repubblica presidenziale ha pure, oltretutto, una sua carica di suggestione quasi mitica perché avvicinando direttamente i cittadini al potere è il prodotto di un meccanismo di immediata comprensione proponendosi come rottura rispetto ad un sistema come l’attuale nel quale le degenerazioni partitocratiche sconfinano nel trasformismo e nella rottura del patto fiduciario con gli elettori”.
Come va aperta la stagione del riformismo istituzionale?
“Naturalmente un progetto del genere per concretizzarsi necessita di uno strumento non “ordinario”, ma “straordinario” da mettere in piedi con una legge possibilmente approvata a larghissima maggioranza. Infatti, una “stagione costituente” non la si può far nascere prescindendo dalla consapevolezza, condivisa peraltro da quasi tutti i soggetti politici, che la Grande Riforma deve contenere le adeguate risposte alle esigenze reali dei cittadini, i quali si attendono, tra l’altro, la cessazione dell’estenuante guerriglia tra poteri dello Stato; una più razionale ed equa imposizione fiscale; la limitazione del decentramento che ridimensioni le Regioni, vere e proprie idrovore che drenano risorse pubbliche sottraendole allo sviluppo collettivo; criteri di autonomia di spesa contemperata con le oggettive richieste di solidarietà; una giustizia ordinaria ed amministrativa più spedita e dotata di procedure che garantiscano maggiormente i diritti della difesa (l’inserimento della figura dell’avvocato in Costituzione) e la certezza della pena, unitamente alla separazione delle carriere dei magistrati; la tutela della privacy dall’invadenza tecnologica che ha assunto forme inquietanti nell’appropriazione delle “vite degli altri” da parte di aggressivi accaparratori di dati sensibili”.
Nel merito?
Un’impresa del genere, dalla quale dovrebbe scaturire addirittura, come si dice, la Terza repubblica, la può compiere soltanto una classe politica legittimata dall’investitura popolare con l’unico e preciso mandato di rinnovare il sistema politico-istituzionale. Se non si vuol continuare a perdere tempo, nell’indecente dimostrazione di impotenza davanti all’opinione pubblica (come hanno dimostrato le varie Bicamerali e da ultimo una riforma contraddittoria bocciata da un referendum) la strada conduce naturalmente alla formazione di un’Assemblea Costituente nella quale si confrontino idee, progetti, programmi dal cui lavoro venga fuori una nuova Carta dei diritti e dei doveri degli italiani in sintonia con le grandi questioni planetarie nelle quali siamo immersi. Assemblea che dovrebbe essere eletta a suffragio universale e con sistema rigorosamente proporzionale, della quale non dovrebbero far parte i membri del Parlamento, che per almeno due anni s’impegni nell’elaborazione di una nuova Costituzione ed i cui esiti dovranno essere sottoposti ad una deliberazione popolare. È questo il solo strumento, che possa sottrarsi alla tentazione di influire sul parallelo ed ordinario svolgimento dell’attività parlamentare, senza condizionare la vita del governo e gli assetti parlamentari stabiliti dalle consultazioni elettorali. La Repubblica non va soltanto difesa: va organizzata. È dimostrato che la migliore difesa della Repubblica e dei valori repubblicani stia nell’organizzazione delle sue strutture politico-istituzionali. La scelta presidenzialista (declinata nelle forme giuridiche più opportune) è la sola possibilità alla portata per modernizzare l’Italia e coinvolgere seriamente i cittadini nei processi decisionali”.
Su quali altri temi programmatici dovrebbe puntare secondo lei il nuovo governo?
“Sulla valorizzazione dei corpi intermedi dei quali s’è già detto. Sulla difesa delle sovranità identitaria, culturale, linguistica, alimentare, sanitaria. E poi sulla lotta all’oikofobia, vale a dire al ripudio delle appartenenze. È questo un dato che un movimento conservatore non può assolutamente sottovalutare. Da esso discende la difesa della famiglia tradizionale e dell’istruzione scolastica cui è connessa una politica demografica, seria e degna di questo nome. Tra qualche decennio, come ha segnalato un recente rapporto ISTAT, gli italiani saranno circa quarantasette milioni. Mi domando quanti popoli si riverseranno in Italia e in Europa. La risposta sulle conseguenze soprattutto di appartenenza e di identità ognuno può trarle”.
Si registra un alto tasso di disaffezione nei confronti delle urne. Che fare?
“Mi sono già espresso. Soltanto una buona politica può arrestare un fenomeno di questo genere. I cittadini devono amare le istituzioni, ma per ottenere questo scopo le istituzioni non devono sentire i cittadini come nemici. Il solo modo è la partecipazione della gente alla vita pubblica. Ed in questo rientra la ricomposizione dei partiti politici, della loro vita interna, dando effettivamente seguito a quanto prevede la Costituzione. Infine, il presidenzialismo, con la scelta del “decisore” da parte degli elettori sarebbe il suggello all’integrazione nella vita pubblica degli italiani oggi delusi e da essa lontani”.
Che legislatura sarà? Con una maggioranza trainata da un partito di destra crede che possa strutturarsi un’altra idea di Paese?
“Immagino di sì. E me lo auguro. I toni, come dicevo innanzi, fanno ben sperare. Ed un’altra idea di Paese, una visione nuova, una prospettiva originale sono possibili a patto che l’Italia si riconosca come una nazione e non, come mi sembra di capire, un’aggregazione priva di Stato governato da regioni fortemente autonome al Nord ed egemonizzato dal clientelismo al Sud. C’è bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale per ricreare la Repubblica degli italiani in un contesto armonico europeo politico e non burocratico”.
Per grandi cambi occorre attendere la fine della guerra in Ucraina e la fine di Forza Italia. Poi si vedrà. Addesso occorre durare, evitare le trappole, spargere miele e vaselina…
“Se la Federazione Russa persevera nel condannarci al freddo dobbiamo reagire con tutti i mezzi, non soltanto aumentando gli aiuti all’Ucraina, ma rispondendo sul piano politico e diplomatico. Nello stesso tempo dovremmo far capire agli americani che noi europei guerre per procura non siamo disposti a farne, né tantomeno a ricoprire il ruolo di vassalli nei confronti di nessuno, a cominciare dagli Stati Uniti”. Come no, caro dottor Malgieri! Con quali armi o argomenti in nostro possesso?
Di una Repubblica Presidenziale forse solo ad una infima minoranza di chi ha votato Fratelli d’Italia, come il sottoscritto, importa qualcosa. Piuttosto non dimentichiamo, tanto per non afferrarci a miraggi pericolosi, che noi in campo militare, finanziario, della politica estera, contiamo meno di 50 anni fa, quando la nostra sovranità residuale era già ridottissima. Pertanto, invece di sognare e trastullarci con riforme copernicane (di fatto impossibili o inutili) cerchiamo di far funzionare meglio la baracca…