• Home
  • Il Clan
  • Privacy Policy
  • Contatti
lunedì 8 Agosto 2022
No Result
View All Result
Barbadillo
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Barbadillo
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Barbadillo
Home Corsivi

Giornale di Bordo. Renato Brunetta se n’è ghiuto e soli non ci ha lasciato

Le invettive contro il tradimento dei tre esponenti politici forzisti andati con Calenda mi lasciano piuttosto freddo, perché, se il traditore ha le sue colpe, anche il tradito ha le sue

by Enrico Nistri
3 Agosto 2022
in Corsivi
1
Renato Brunetta alla firma per l’accettazione del ministero nel governo Draghi

Ho seguito con molta perplessità le polemiche che hanno accompagnato l’uscita da Forza Italia dei ministri Brunetta, Gelmini e Carfagna e il loro ingresso nella formazione politica capitanata da Carlo Calenda. Le invettive contro il tradimento dei tre esponenti politici mi lasciano piuttosto freddo, perché, se il traditore ha le sue colpe, anche il tradito ha le sue: prima fra tutte quella di non aver saputo scegliere collaboratori o partner affidabili. E a sbagliare nella scelta dei collaboratori Berlusconi, che come manager e in seguito come presidente di club e uomo politico aveva commesso pochi errori, cominciò proprio nel 2008: l’anno che parve consacrare il suo trionfo, vedendolo dopo le elezioni anticipate alla testa di una larga maggioranza e alla guida di un partito che aveva fagocitato quanto rimaneva di un’Alleanza Nazionale disastrata dal correntismo e da alcune improvvide esternazioni di Fini.

L’errore più grave Berlusconi lo commise nominando ai vertici del Popolo della Libertà Denis Verdini. Non solo perché in seguito lo avrebbe malamente abbandonato, ma perché nominare un laico dichiarato alla testa del partito proprio mentre, col pontificato di papa Ratzinger, la Chiesa era vicinissima al centrodestra, fu un errore marchiano. L’ascesa di Verdini andò di pari passo con la progressiva emarginazione di Marcello Pera, figura di indubbio spessore culturale, e soprattutto con la nomina nel nuovo governo delle tre persone che nelle ultime settimane gli hanno voltato le spalle. 

Il movimento di Berlusconi, la cui forza era stata dapprima l’utilizzazione di alcuni qualificati quadri Fininvest, poi la capacità di cooptare esponenti dei partiti della prima repubblica (persino un ex dirigente “migliorista” del Msi come Domenico Mennitti), alti ufficiali, intellettuali di spicco, da Colletti a Melograni allo stesso Pera, cominciò ad assistere allo scadimento della sua classe dirigente proprio mentre la volontà degli elettori gli aveva consegnato una larga maggioranza. Quel ceto medio colto e benpensante che aveva assicurato larghi consensi a Forza Italia cominciò a sentirsi a disagio: disagio aggravato, è onesto aggiungere, dalle divagazioni erotiche del Presidente e soprattutto dalla presenza ingombrante e inquietante della Pascale.

Sorvolo su Mara Carfagna, il cui arrivo al dicastero fu accompagnato da dicerie sollevate proprio da parlamentari di Forza Italia della vecchia guardia, insofferenti di un sistema di reclutamento dei vertici quanto meno irrituale. Ha ammesso di dovere tutto a Berlusconi, ma, si sa, la riconoscenza è la virtù di chi deve chiedere ancora qualcosa. 

Diverso il caso della Gelmini, cui venne affidato uno dei ministeri più prestigiosi e delicati, come la Pubblica Istruzione. Non aveva competenze specifiche, ma non le aveva, quando entrò in Viale Trastevere, nemmeno la Moratti, che però, donna di ben altra levatura, aveva avuto il buon senso di accettare anzi sollecitare consigli da persone qualificate, come l’allora responsabile scuola di An Giuseppe Valditara. La sua riforma dell’istruzione fu dettata in prevalenza da preoccupazioni contabili, e in questo può essere in parte giustificata. Ma l’ulteriore colpo inflitto agli istituti professionali, sempre meno professionalizzanti, e la “delatinizzazione” del liceo scientifico non hanno recato certo benefici al nostro sistema educativo. Né seppe circondarsi di persone qualificate, come l’infelice gaffe del comunicato stampa sul tunnel scavato fra Ginevra e il Gran Sasso rivelò alla pubblica opinione. Anche la circolare con cui prevedeva la non promozione per gli alunni che avessero totalizzato più del 25 per cento di assenze non contribuì alla serietà della scuola, anche perché i collegi dei docenti previdero generose deroghe per gli studenti stranieri, che magari trascorrevano metà dell’anno nei paesi d’origine, mentre alcuni alunni italiani persero l’anno per le conseguenze di una malattia non prontamente certificata.

Il caso più serio è stato però quello di Brunetta, il professore universitario nominato ministro per la pubblica amministrazione. Invece di fare quello che avrebbe dovuto fare per prima cosa una volta entrato nel dicastero – reintegrare i dirigenti nominati dal precedente governo Berlusconi, che Prodi aveva epurato prima della fine del mandato con una norma dichiarata incostituzionale – intraprese una feroce campagna contro i dipendenti pubblici, trattati senza sfumature come “fannulloni” (un epiteto che avrebbe dovuto rivolgere anche contro di sé, visto che un docente universitario è un pubblico dipendente). Le sue esternazioni parlarono alla pancia di quelle categorie di lavoratori autonomi che avrebbero comunque votato il centrodestra, ma umiliarono e demotivarono quei pubblici dipendenti che si riconoscevano nelle posizioni del popolo delle libertà, offesi proprio da chi avevano col loro voto contribuito a mandare al governo, e messi alla gogna dai colleghi. Che un tale comportamento non comportasse un beneficio elettorale fu dimostrato dalla clamorosa “trombatura” di Brunetta nella corsa a sindaco nella “sua” Venezia: se avesse totalizzato i voti di lista riportati dal centrodestra, sarebbe divenuto senza difficoltà primo cittadino, ma l’impopolarità delle sue esternazioni giocò un brutto scherzo al suo ego smisurato.

In una recente trasmissione televisiva, Brunetta ha manifestato tutta la sua sofferenza per essere stato preso in giro, con la citazione invero poco felice di una canzone di De André, per la sua statura non eccelsa. E la stessa sinistra che ha ironizzato a lungo sulle scarpe col tacco del “nano” Berlusconi ha solidarizzato prontamente con lui, contro gli “odiatori”. Ma quella che Brunetta scatenò contro i pubblici dipendenti, imponendo loro persino fasce di reperibilità più ampie, se in malattia, rispetto ai privati, non era anche quella una campagna di odio, che non fruttò certo consensi alla destra?

Ora il trio Carfagna, Gelmini, Brunetta “se n’è ghiuto”, ma per fortuna soli non ci ha lasciato. Più che portare via voti al centrodestra, credo che recheranno problemi a Calenda, costretto a sacrificare seggi (forse) sicuri nel “listino” per premiare la loro defezione. Nessuno di loro – a parte forse la Carfagna – ha avuto dagli dei il dono della simpatia e tutto lascia presumere che il loro contributo al futuro di Azione sarà fecondo quasi come le nozze tra Francesca Pascale e Paola Turci. 

@barbadilloit

Enrico Nistri

Enrico Nistri

Enrico Nistri su Barbadillo.it

Tags: enrico nistrigiornale di bordorenato brunetta

Related Posts

Focus. Il M5S (tra tanti errori) ha cancellato il duopolio Pd-Berlusconi

La crisi del M5S: la fine dei miracolati

7 Agosto 2022
Cercasi campagna elettorale “normale” (Cassese dixit)

Cercasi campagna elettorale “normale” (Cassese dixit)

3 Agosto 2022

Il caso. “il manifesto” svolta a destra (in Grecia)

Heliopolis/6. Gli archi degli acquedotti antichi e il dissidio natura-capitalismo

“L’uomo che piantava alberi” farmaco per la Francia (e l’Europa) in fiamme

Ucraina tra glamour presidenziale e “popoli russi liberi”

Crisi di governo. L’unico patto tradito? Quello con il popolo italiano

Heliopolis/5. La carenza di chip e l’irruzione di Marte dio della Guerra nella postmodernità

Giornale di Bordo. Draghi e l’Italia dal panfilo Britannia alla zattera della Medusa

Comments 1

  1. Guidobono says:
    5 giorni ago

    I tre molti voti non li portavano. Il lato tragicomico è che senza Berlusconi, che lo finanzia quasi interamente, Forza Italia non esisterebbe. Però i difetti di Berlusconi sono, è vero, diventati macroscopici a partire dal 2008, con un movimento nelle mani di un ‘cerchio magico’ antimeritocratico di badanti, olgettine, giovanotte di belle speranze… Berlusconi internazionalmente è ‘impresentabile’, assai più di Salvini. Giorgia Meloni deve scovare dal canto suo candidati di Governo presentabili, non vecchi missini riciclati… e con una agenda di diritti civili non dettata dall’Oltretevere (eutanasia, suicidio libero assistito, depenalizzazione droghe, aborto legalizzato effettivo e non a rischio ecc.) che possa equilibrare talune frequentazioni internazionali che pretestuosamente sono invocate dalla sinistra per invocarne l’inidoneità…

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Più letti

  • L’intervista.  Goikoetxea: “Il fallo su Maradona? La mia croce”

    L’intervista. Goikoetxea: “Il fallo su Maradona? La mia croce”

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Segnalibro. “Eurasia” e l’attuale ciclo politico dell’Europa

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Difesa. La memoria del cordiale in bustina (simbolo di un’Italia che non c’è più)

    33 shares
    Share 33 Tweet 0
  • Il caso. Arriva Rosiko il gioco da tavola di guerra tra i quartieri di Roma

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Statistiche. Tutti i colori delle maglie del calcio italiano: prevale il rosso

    0 shares
    Share 0 Tweet 0

Seguici su Facebook

Siti amici

  • 10 righe dai libri
  • Appennini di Gian Luca Diamanti
  • Arianna Editrice
  • Associazione Eumeswil Firenze
  • Calcio e statistiche
  • Diretta.it
  • Eclettica edizioni
  • Finanza Sexy
  • Hamelin Prog – Progressive Rock Magazine
  • Il blog di Roberto Perrone
  • Il diario del gigante Paolo Isotta
  • L'eminente dignità del provvisorio
  • linkiesta
  • melascrivo
  • Polémia
  • Rivista Visio
  • SilviaValerio.it
  • Storia in rete
Facebook Twitter Instagram

“All’orizzonte di quell’oceano ci sarebbe stata sempre un’altra isola, per riparsi durante un tifone, o per riposarsi e amare”.
Hugo Pratt

Barbadillo è un laboratorio di idee nel mare del web che, a differenza d’altri, non naviga a vista. Aspira ad essere un hub non conformista, un approdo libero nel quale raccogliere pensieri e parole e dove donne e uomini in marcia possono fermarsi a discutere insieme di politica, ecologia, musica, film, calcio, calci, pugni e rivoluzione.

Ultimi articoli

Focus. Il M5S (tra tanti errori) ha cancellato il duopolio Pd-Berlusconi

La crisi del M5S: la fine dei miracolati

7 Agosto 2022
Stefan Zweig, il destino infranto di un europeo

Stefan Zweig, il destino infranto di un europeo

5 Agosto 2022
Kokutai no Hongi ovvero l’essenza del Giappone

Kokutai no Hongi ovvero l’essenza del Giappone

5 Agosto 2022

Ultimi commenti

  • paleolibertario su Segnalibro. Testimoni della decadenza da Aristotele a Ovidio
  • Guidobono su “Trent’anni e un giorno” di Fabio Granata e Peppe Nanni e il dovere della memoria. Un estratto
  • Ferna su Segnalibro. Testimoni della decadenza da Aristotele a Ovidio
  • Guidobono su F1. Anche in Ungheria la Ferrari si fa male da sola
  • Guidobono su Calenda è più furbo dei sondaggisti: il grande centro non esiste
  • Luca su La poesia di Fernando Pessoa fra innovazione e tradizione
  • Iginio su Fenomenologia del connubio tra “Venditti e De Gregori”

with by amdotcom

No Result
View All Result
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Se continui nella navigazione acconsenti all'uso dei cookie.OkLeggi di più