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Giornale di Bordo. Il triangolo Usa-Ucraina-Putin e “La guerra di Troia” di Giraudoux

Scenari imprevedibili e la conferma della debolezza europea negli approvvigionamenti energetici

by Enrico Nistri
18 Febbraio 2022
in Corsivi
5
Il Risiko Russia-Ucraina

Nel 1935 il parigino Théâtre de l’Athénée, nel nono Arrondissement, ospitò la prima di La guerre de Troye n’aura pas lieu, la commedia scritta un anno prima da Jean Giraudoux. Singolare e un po’ dimenticata figura di drammaturgo, diplomatico, saggista francese, Giraudoux era stato anche un valoroso combattente nel primo conflitto mondiale, dove aveva riportato due ferite sul fronte dei Dardanelli. Proprio perché aveva combattuto e sofferto, non amava la guerra, e infatti “La guerra di Troia non ci sarà” era in realtà una commedia a tesi contro l’eventualità di un nuovo conflitto, sia pur drappeggiata di panni classici. I tentativi di Ettore di non far cadere Ilio in una guerra che ne avrebbe provocato la rovina erano una metafora della speranza dell’autore d’impedire un nuovo conflitto che avrebbe condotto alla rovina l’intera Europa. La guerra invece ci fu, e quella malalingua di Paul Léautaud, che annotava ogni incontro nel suo implacabile Journal littéraire, scrisse, a conflitto mondiale scoppiato, un divertente commento sulla cattiva cera del drammaturgo, che diceva (cito a memoria) pressappoco così: “Ho visto Giraudoux abbacchiato. La guerra di Troia ha avuto luogo”.

Giraudoux a Vichy

Jean Giraudoux

Giraudoux morì relativamente giovane, nel 1944, a sessantun anni. La scomparsa precoce gli risparmiò, se non il dolore per non essere riuscito a impedire il conflitto, l’epurazione che avrebbe colpito o comunque umiliato lui come altri letterati e commediografi accostatisi per pacifismo al regime di Vichy. Se fosse ancora vivo (periodo ipotetico ovviamente dell’irrealtà) credo che non perderebbe l’occasione per rappresentare Putin, Biden, Macron e magari il cancelliere tedesco Scholz drappeggiati in vesti mitologiche per recitare una commedia intitolata La guerre de Kiev n’aura pas lieu.

Che quella che si gioca ai confini fra la Russia e l’Ucraina abbia molti aspetti di una farsa appare evidente. Ma è una farsa che fa oscillare le borse – con facili e rapidi guadagni per i bene informati, – che mette in luce la nostra gracilità negli approvvigionamenti energetici, conseguenza del rifiuto tutto ideologico del nucleare e della sudditanza ai dogmi dell’ecologicamente corretto, e pone impietosamente in evidenza la debolezza politica dell’Europa, incapace di elaborare una politica estera comune anche per i diversi tassi di dipendenza dal gas russo.

Putin e l’Orso russo

Vladimir Putin

È indubbio che Putin stia tirando la corda, in parte per effetto della sindrome dell’accerchiamento che caratterizza la Russia postsovietica, in parte per motivi di prestigio personale. Certo, quando fa dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato un problema di sicurezza nazionale può avere le sue ragioni; ma non bisognerebbe dimenticare che anche Roma conquistò il mondo allora conosciuto accampando l’esigenza di difendere le sue frontiere. È altrettanto evidente però che anche la diplomazia e parte dei media statunitensi lo stiano provocando per fargli invadere l’Ucraina, contro gli stessi interessi degli ucraini, che rischierebbero di fare la fine dei polacchi nel secondo conflitto mondiale, o magari degli ungheresi nel 1956, abbandonati a se stessi dopo gli inviti alla rivolta lanciati da Radio America.

Troppi fattori inducono gli Stati Uniti a desiderare che Mosca superi la soglia critica. C’è da un lato l’ostilità della componente liberal degli Usa nei confronti di un capo di Stato  conservatore nell’ambito dei valori, nonché colpevole di avere arginato lo strapotere degli oligarchi collusi con le multinazionali e di avere riscattato la Russia dalla etilocrazia di Putin; dall’altro gioca un suo ruolo la preoccupazione da parte di Biden di riscattare la brutta figura del ritiro dall’Afganistan, ritiro logico e necessario, ma affrontato in maniera indecorosa. E c’è anche, per non dire soprattutto, una motivazione di carattere economico. Le sanzioni contro il Cremlino accrescerebbero la dipendenza energetica di molte nazioni europee nei confronti degli Stati Uniti, comportando un ulteriore aumento del costo degli idrocarburi, a tutto vantaggio dei paesi produttori. Oltre alla Russia colpirebbero l’Europa e soprattutto l’Italia, che sta già pagando anche in termini di export le precedenti ritorsioni contro Mosca dopo il colpo di Stato ucraino del 2014, uno dei tanti frutti avvelenati dell’interventismo democratico della presidenza Obama, all’origine delle tensioni odierne.

Difficile fare previsioni

Nell’altalena di notizie che si avvicendano in queste ore, lo stesso Giraudoux sarebbe in gravi difficoltà nel mettere in scena delle profezie sul dramma che si consuma non al Théâtre de l’Athénée, ma fra Mosca e Kiev. Anche perché a decidere il futuro non sono più Venere o Giunone, ma i prìncipi dell’alta finanza. Che sono molto più potenti degli stessi dei dell’Olimpo.

@barbadilloit

Enrico Nistri

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Tags: enrico nistrigiornale di bordoputinucrainausa

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Comments 5

  1. Marco says:
    3 anni ago

    etilocrazia di Eltsin non di Putin

  2. Guidobono says:
    3 anni ago

    Purtroppo per difenderci da un caxxone guerrafondaio, espansionista, stalinista ecc. dobbiamo per forza ricorrere ad un altro caxxone, liberal e frollo…Perchè nel 1914 quei pirloni non decisero altrimenti?

  3. sandro says:
    3 anni ago

    gent.mo Enrico, leggo sempre con interesse i tuoi pezzi e quasi sempre concordo con le tue saporite e pacate riflessioni. Questa volta però vale il “quasi”. Tu scrivi che la crisi tra Russia e Ucraina “mette in luce la nostra gracilità negli approvvigionamenti energetici”, il che è vero; ma aggiungi è “conseguenza del rifiuto tutto ideologico del nucleare e della sudditanza ai dogmi dell’ecologicamente corretto”. Da ecologista (di Fare Verde) , che ha a cuore le sorti del pianeta, osservo schematicamente:
    1) il rifiuto del nucleare non è solo ideologico (non ci può essere crescita infinita in uno spazio limitato, osservava Konrad Lorenz), ma anche frutto di buon senso, perché non esiste un nucleare “pulito” checché se ne dica e certe tecnologie producono più problemi di quanti ne risolvano;
    2) il nucleare non è l’unica soluzione, come qualcuno surrettiziamente vorrebbe far credere; se avessimo puntato decisamente sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica non ci troveremmo nell’attuale situazione (ad es. i semafori a LED installati a Roma su progetto di Fare Verde consumano 7 W contro gli 80 tradizionali con un risparmio energetico del 90% ed economico pari a € 1.550.000 – così pure la ristrutturazione energetica delle case (cappotto termico, pompe di calore, ventilazione meccanica controllata, ecc.);
    3) nessuna sudditanza a dogmi, ma consapevolezza che o si punta su una civiltà ecologica con un modello conservativo e rigenerativo o la sorte dell’umanità con questo modello dissipativo ed estrattivo è segnata.

  4. enrico says:
    3 anni ago

    La questione è complessa, e nella vita nessun pasto è gratis. Senz’altro il nucleare comporta dei rischi, ma pannelli solari e pale eoliche sottraggono terreno all’agricoltura, deturpano il paesaggio, che è la nostra maggior ricchezza, e oltre tutto sono deleteri per gli uccelli migratori. Inoltre anche le opere di ristrutturazione edilizia hanno dei costi energetici elevati e i pannelli solari che installiamo sono prodotti in Cina in impianti alimentati da centrali a carbone, che inquinano senza che nessuno abbia nulla da obiettare. Bene per i semafori a led (io molti semafori li eliminerei, o li sostituirei con i vecchi semafori centrali appesi: perché installarne quattro dove ne basterebbe uno solo), ma si tratta di palliativi. Piuttosto cercherei di diminuire l’utilizzo del mezzo privato riducendo le tariffe del trasporto pubblico, che sono arrivate a livelli altissimi: la gente in molti casi si sposta in auto perché il treno è troppo caro, mentre quado ero giovane io avveniva il contrario; non parliamo del fatto che andare in aereo sulle medie distanze è più economico che andare in treno: da Firenze non ho più collegamenti diretti con Parigi, dovrei cambiare nella notte a Milano, con grave disagio e spendendo moltissimo. L’ultima volta ho preso un flixbus, che però inquina più di un treno e mi lascia in periferia invece che alla Gare de Lyon.
    Dipendesse da me, abolirei l’assurda norma del codice stradale che aumentando i consumi impone di viaggiare in auto con le luci accese anche di giorno in pieno sole, , ritornerei al vuoto a rendere, ripristinerei tariffe convenienti per i servizi ferroviari e marittimi. Per esempio, incoraggerei i collegamenti via Mare da Genova o Livorno a tutte le principali mete nazionali e mediterranee, ripristinerei il Palatino Roma-Parigi e tutti i treni della notte, reintrodurrei la tariffa scontata andata e ritorno per incoraggiare chi si reca al mare a prendere il treno e non l’auto. Ma credo che tutto questo (problemi della pandemia a parte) non basterebbe, perché per mandare i treni ci vuole energia, che non si può ottenere solo dalle rinnovabili. In Francia, al confine fra Bretagna e Normandia, opera da almeno quarant’anni un impianto per ricavare energia dalle maree, che sono molto forti; ma se si tratta di un caso isolato, vuol dire che i risultati sono modesti e il nucleare costituisce la sola fonte economica di energia che non contribuisca all’effetto serra.
    Preciso che nella mia città (Firenze, che non è proprio pianeggiante) mi sono sempre spostato il più possibile in bicicletta, anche per praticità, che oggi mi sposto il più possibile a piedi, che uso l’auto in questo periodo solo per problemi di green pass, che da ragazzino riportavo al rimborso vuoti del supermercato le bottiglie abbandonate, per guadagnare qualche lira ma anche perché mi sembrava assurdo sprecare il vetro, che ho sempre utilizzato per scrivere il rovescio delle fotocopie. Ma credo che per l’Italia l’autonomia energetica non possa dipendere solo dal vento, dal sole e dalla buona volontà.

  5. Guidobono says:
    3 anni ago

    La civiltà ecologica è un sogno. Almeno poco compatibile con l’incremento demografico attuale ed una civiltà industriale o sviluppata alla quale da inizio ‘900 ci siamo abituati. Alla fine del XVIII secolo il complesso dell’area boschiva europea era inferiore all’attuale, perchè il legno era allora la principale fonte energetica. Non sono problemi nuovi in assoluto, ma la tigre va cavalcata, non sognare rinnovabili inesistenti…Le rinnovabili coprono solo una piccola parte del fabbisogno energetico, oltre al virtuoso esercizio nominalistico… Come pensare che l’auto elettrica sia la soluzione. È la soluzione al nulla, peggio del gas russo, che se a Putin gli gira chiude il rubinetto e… L’Europa stranamente pare tornata al 1939, sperando ovviamente di sbagliarmi di grosso, quando i polacchi facevano gli intransigenti con Hitler, sognando la conquista di Berlino. Sappiamo come finì. Oggi l’attore comico che si ritrova al potere a Kiev (peggio di un Grillo) non ha capito che se hai un vicino più forte e nessuno ti viene a togliere le castagne dal fuoco (Ucraina=Polonia) ti conviene abbozzare, non chiamare alle armi…Quel fesso rischia di farci precipitare in un conflitto e ci tocca riporre le sperante in Putin=nuovo Stalin… o nello scorreggione Sleepy Joe.

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