Maggio 1988. Squilla il telefono mentre sto cercando di buttarmi sui libri dopo la pausa forzata spese nelle elezioni universitarie: un mese di affissioni, volantinaggi, banchetti, qualche incontro ravvicinato a rimpiattino per la città universitaria con i soliti scemi dell autonomia:insomma, come frequentare l’università senza aprire un libro!
Squilla il telefono e dopo poche parole capisco che il libro di diritto commerciale resterà chiuso ancora per un po’.
“E’ morto Giorgio Almirante e il giorno prima Pino Romualdi: convocazioni generali, tutto il FDG di Roma alla clinica a fare servizio d’ordine, poi ci sarà da fare i turni a via della Scrofa dove sarà allestita la camera ardente… ma non è finita qui. C’è da organizzare il funerale: verranno decine di migliaia di persone da tutta Italia.
Insomma bisogna essere tutti, davvero tutti mio carissimo Fede…”.
Passo a prendere, Peppone, mio collega segretario giovanile e via, con il mio vespone bianco, discendente povero del18bielle, inseparabile destriero di mille avventure.
E via.
Arriviamo nella clinica al Fleming.
Bisogna scortare il feretro fino a via della Scrofa.
Un gigantesco agente motociclista della polizia municipale si offre, libero dal servizio, di accompagnare il mesto corteo.
Arrivati in via della Scrofa inizia un ininterrotto, mesto, incontenibile, pellegrinaggio di popolo.
Il popolo missino
Quel “popolo missino” , fatto di gente umile e nobile, fatto di anziani e giovani, di professionisti e di operai, di impiegati. Di Pariolini e borgatari. Di facce scavate dal sole e di pettinature cotonate. Interclassista e davvero rappresentativo di tutti i ceti e le eta’ come di tutte le classi sociali-e geografiche .
Una fiumana di gente ordinata e disciplinata appena arginata dal servizio d ordine di noi ragazzi del fronte
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Difficile scordare quel manifesto in continuazione affisso in tutta Roma.
Difficile scordare la saletta dove al pianterreno di via della scrofa erano state adagiate per l’ ultimo omaggio le salme dei due capi storici del MSI e quella ultima notte di veglia.
Una veglia fatta a turni, con un picchetto , ininterrotta, di giorno e di notte.
20 minuti di picchetto, che diventano 40 nelle ore notturne quando i volontari si diradano.
Ecco Pino Romualdi , nelle mani un rosario e il fazzoletto del battaglione universitario Curtatone e Montanara, in cui Romualdi si era arruolato volontario nel 1936 per la conquista dell’impero.
Un odore di fiori che si mescola a a quello della morte che mi rimarrà indelebile nel tempo
Accanto ad Almirante si palesa versi l ‘una del mattino Gianfranco fini. Si offre di montare di picchetto. Verrà talmente accontentato da rimanervi, in piedi e sugli attenti per quasi un ora, senza,avere il cambio. Goliardica vendetta!
Una coppia di patrioti sardi
La fiumana di gente non si placa nemmeno nell’orario notturno. Arrivano con il passo incerto degli anziani una coppia. Lui con il nastrino della campagna d’Africa e lei vestita di nero come le donne del sud che hanno subito un lutto che ti segna la vita. Vengono dalla sardegna. E sono venuti apposta a Roma per salutare chi ha saputo riunire una comunità nel nome d’Italia guidandola in questi anni di grigia democrazia.
La donna depone un mazzo di fiori, apprenderemo dopo che è vedova di guerra, e madre di caduto in Russia; l’uomo con lei, il fratello ha combattuto in Africa ed è stato fatto prigioniero in India. Entrambi stanno in raccoglimento davanti al feretro:
La donna fa il segno della croce e depone dei fiori, l’uomo scatta sugli attentati e alza il braccio al cielo, come faranno, tantissimi, in quei giorni. Sono venuti a loro spese da un paesino della sardegna. Treno, traghetto e ancora treno, se ne vanno per tornare alla stazione dove domattina li aspetta un altro treno. Li ospiteremo per quella notte in una casa di uno di noi.
Sfila ancora in quella sala il nostro piccolo mondo antico fatto da Medaglie’ d’oro, decorati di guerra, figli di combattenti e di eroi, di esponenti dell’italia tra le due guerre, e di quella italia presente in spagna, in africa e sui campi di battaglia del secondo conflitto mondiale.
Guardo Giorgio Almirante, e mi tornano in mente le sue tribune politiche televisive. Solo contro tutti. Sempre vincente con una oratoria che affascinava amici e avversari.
Lo guardo e ricordo zio Peppino, il più giovane dei fratelli di mio nonno, che era insieme a lui nella RSI. Insieme a Fernando Mezzasoma ministro della cultura popolare. Racconti e ricordi di famiglia. Lo guardo e ricordo il commento di mio padre ad un inatteso, vincente, risultato elettorale del MSI nel.1983. “Merito di Almirante, che ha girato l’Italia, da capo a fondo”.
lo guardo e ricordo la sua inconfondibile voce dal palco di piazza del popolo. Il mio primo comizio a piazza del popolo. 1983: Appuntamento tricolore dice quel manifesto. Ci organizziamo con qualche compagno di scuola: al collo fazzoletto nero con la fiamma tricolore. Folla , in un bel tramonto di primavera. E Almirante che dal palco sfida, sempre vincente, la vastità armoniosa di piazza del popolo.
“Qui sta l’Italia pulita, qui sta l’Italia che può guardarti negli occhi;qui sta l’italia che vuole il lavoro per i suoi figli, che chiede ordine nella libertà, sviluppo nella giustizia sociale,che non dimentica e che non rinnega, qui sta l’Italia che ha nostalgia dell’avvenire”.
Aggiudicato. Quando le note di sole che sorge chiudono il comizio ho deciso che in questa piazza e su quel palco c’e’ l’ Italia a cui voglio appartenere.
E ieri, nell’ anniversario della morte di Giorgio Almirante e di Pino Romualdi vedo mia figlia di 19 anni fotografare di soppiatto una sua frase, incorniciata in una quadro: una frase che , come passaggio di testimone, girera’ tra i suoi coetanei, che Almirante non hanno mai conosciuto ma che conosceranno e apprezzeranno, in un passaggio di testimone virtuale, in una delle sue frasi più belle:
“Vivi come se tu dovessi morire subito, pensa come se tu non dovessi morire mai!”.