Il trionfo del Front National alle elezioni regionali francesi era nelle aspettative. E come tutte le vittorie annunciate verrà metabolizzata rapidamente oltre che reclamizzata a trombe spiegate. Il 30% quasi sfiorato su base nazionale aggiunge un 4% abbondante al 25,2% che la destra radicale aveva incassato alle elezioni dipartimentali del marzo scorso. Ma su base strettamente regionale il Front ha quasi triplicato i suffragi rispetto all’11,4% ottenuto nel 2010. Le conseguenze sono drastiche nel panorama della distribuzione elettorale delle tredici regioni francesi. Cinque anni fa erano ancora i socialisti a dominare. La Francia delle regioni era ancora quasi tutta rossa o rosa. Due anni dopo Hollande prevaleva alle presidenziali chiudendo la breve stagione della presidenza di Sarkozy e inaugurando il governo dei socialisti. Oggi tutto è cambiato, nel panorama amministrativo e nella prospettiva politica. Probabilmente l’accorpamento delle regioni, che ancora nel 2010 erano ventidue, ha favorito la destra.
Ma dietro i numeri che ripropongono per la Francia un panorama politico regionale del tutto dominato dalla destra, come era stato fino al 1998, il mutamento della composizione sociale dell’elettorato è radicale. Non si tratta solo del 30% guadagnato su base nazionale dal Front; conta ancor più la distribuzione del voto. Il leader del partito, Marine Le Pen ha raccolto la sfida e stravinto contro la sinistra nella regione di Calais e della Piccardia, feudo socialista ove la classe operaia ne garantiva il dominio. Marine ha sfondato col 43% nel nordest ed è una vittoria che vale assai di più, in termini politici, del risultato ottenuto in Provenza dalla debuttante nipote Marion. Il sud della Francia, infatti, ha sempre avuto una vocazione di destra. Sarkozy tiene l’Ile de France, ossia la regione di Parigi, con una distribuzione di voto classica che vede l’alternanza della destra moderata e dei socialisti. Il Front non ha forte appeal presso la borghesia parigina e neppure nelle banlieue della capitale, nonostante gli attentati. Ma l’Ile resta appunto un’isola, come dice la parola, in una Francia nera e in minor misura azzurra.
Ai socialisti resta, per ora, la Bretagna, l’Aquitania e la Corsica: davvero poco rispetto ai passati splendori. Ora l’ago della bilancia diviene il partito di Sarkozy col suo 27 per cento. Le prime dichiarazioni del leader sembrano indicare la volontà di fare una corsa solitaria, domenica prossima, ai ballottaggi. Di fatto non sarà così. Già è stata annunciata la desistenza socialista nelle due regioni dominate da Marine e Marion Le Pen. Poi l’occhio è rivolto alle presidenziali del 2017. La corsa solitaria di Marine Le Pen è un grave handicap per il Front. Può essere forte quanto vuole, ma senza alleati nel centrodestra è destinata a perdere, senza riuscire neppure a tenere le sei regioni ove il partito è maggioritario. D’altra parte, se Marine aspira all’Eliseo ha tutto l’interesse a contrapporsi a Hollande piuttosto che a Sarkozy. Contro il primo potrebbe spaccare la destra moderata. Contro il secondo si ripeterebbero i fasti di Chirac. sandrorogari@alice.it (dal Qn)