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Il punto (di G.deTurris). ll paradosso della destra a disagio con le proprie radici

Tutti gli eletti o coloro che hanno raggiunto posti di responsabilità pubblica devono far dimenticare il loro passato politico “militante”, quel che erano in precedenza per evitare ricatti, inchieste giornalistiche, polemiche da parte degli avversari in Parlamento e fuori sui media tradizionali e in specie sui social media

by Gianfranco de Turris
18 Maggio 2024
in Corsivi
7
Le frecce tricolori, di Tullio Crali

La vittoria alle elezioni politiche del 2022 di Fratelli d’Italia (primo partito) e del centrodestra nel complesso ha condotto alla formazione di un governo guidato da Giorgia Meloni che ha tutte le prospettive di giungere alla fine della legislatura. Questa chiara e democratica vittoria ha portato però ad un risultato paradossale, quello che personalmente considero una contraddizione: l’invito, se non  l’ordine interno e non certo pubblico a cancellare le tracce. Che significa? E’ da intendersi che tutti gli eletti o coloro che hanno raggiunto posti di responsabilità pubblica devono far dimenticare il loro passato politico “militante”, quel che erano in precedenza per evitare ricatti, inchieste giornalistiche, polemiche da parte degli avversari in Parlamento e fuori sui media tradizionali e in specie sui social media, nella quasi totalità ostili alle scelte degli italiani. Questo appunto il paradosso grottesco: gli eletti del centrodestra e in particolare quelli di FdI sono stati mandati alla Camera e al Senato proprio perché tali, proprio perché caratterizzati da quelle qualità che ora si vorrebbero far sparire per precauzione, opportunità e quieto vivere. E se si trova una vecchia foto “militante”… E se si scova un antico filmato “giovanile”…Ovviamente “compromettenti”? Per questo singolare ragionamento, si potrebbe dire assai democristiano, bisogna cancellare le tracce.

E poiché oggi tutti o quasi, specie chi è esposto,  usano internet o sono presenti in rete e soprattutto su Facebook dove postano immagini, testi del passato o sostengono discussioni o polemiche devono di conseguenza eliminare le loro tracce perché esse non vengano ritorte contro di loro, pur se utilizzate in modo strumentale e in mala fede, ma la politica è quella che è….

Ritengo però da parte mia che sia una assurdità voler far dimenticare quel che si è stati in buona fede, la propria identità, ma sta di fatto che oggi quasi nessuno resiste alla tentazione di ostentare il se stesso che è stato o che è. E’ la sindrome della visibilità promossa dall’uso intensivo, direi smodato e ossessivo dei cosiddetti social media, una attrazione fatale cui pochissimi sanno resistere. Mettersi in mostra sembra essere la parola d’ordine della Società dell’Immagine, meglio ancora se si rinnega esplicitamente il passato e ci si presenta in una veste nuova, adatta ai tempi nuovi, i tempi del Potere.

Purtroppo le cose stanno così, ma qui vale come si dirà, il concetto, di cui varie volte ho già parlato, del ”due pesi, due misure”: la stessa cosa fatta a destra è esecrabile e quindi condannabile, fatta a sinistra accettabile e  dimenticabile, al massimo blandamente criticata, ma senza grandi conseguenze. Condanne verbali ma nessuna conseguenza pratica nonostante le minacce di porle in essere.

Purtroppo c’è un caso che lo dimostra, quello di Marcello de Angelis. Conosco Marcello da decenni, è una persona poliedrica: non solo giornalista, direttore di riviste, scrittore di racconti e romanzi, grafico e illustratore, ma anche compositore, musicista, cantante. Per anni portavoce  del presidente della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca che ha  seguito quando quest’ultimo è stato nominato presidente della Regione Lazio come capo delle comunicazioni. Tempo fa, non  resistendo anche lui  al richiamo dei social, se ne è uscito con  molti dubbi sulla attribuzione “ufficiale” della strage di Bologna, una opinione non più privata ma pubblica. Poteva tenerla  per sé, o dirlo agli amici direttamente, mentre lo ha detto coram populo non ben pensando ingenuamente alle sue conseguenze amplificate dalla sua carica, che sono state catastrofiche per le reazioni degli avversari politici che ne hanno approfittato, costringendolo alle dimissioni nonostante ritrattazioni e scuse umilianti, con conseguenze pubbliche e private, anche perché qualcuno ha scovato, ovviamente sul Web e pubblicato una sua foto giovanile mentre suonava e cantava chitarra in mano, una canzone ovviamente “di destra”. Non aver cancellato le tracce dimenticando la propria identità personale e culturale ha dunque prodotto conseguenze negative …

Si dovrebbe allora dar ragione a chi lo sollecitata ora con insistenza, ma non è così specie perché non vale per tutti, anche se lo scrive qui uno che non avendo mai fatto politica-politicante, non avendo mai frequentato sezioni di partito, non utilizzando Facebook e soprattutto non avendo nulla da nascondere e rimproverarsi su certi piani non dipendendo da nessuno, parla soltanto per se stesso anche se poi generalizza a livello teorico…

Tutto ciò, questo massacro mediatico, non è avvenuto sul versante opposto in un caso diverso e simile allo stesso tempo. La professoressa Donatella Di Cesare, che insegna filosofia alla Università di Roma, anche qui coram populo con un tweet su Telegram perché ormai proprio nessuno resiste alla tentazione di mettersi in piazza usando i nuovi media, ha scritto un sentito  epicedio per la morte di Barbara Balzerani, ex brigatista rossa coinvolta nel sequestro e  uccisione di Aldo Moro: “Le vie diverse non cancellano le idee. La tua rivoluzione è stata anche la mia. Con malinconia un addio alla compagna Luna”. Un tweet dell’inizio di marzo, poi rimosso, con la rettrice della Sapienza che aveva promesso valutazioni e provvedimenti, naturalmente mai avvenuti, a mia memoria. Con la docente che si è vista contestata durante una lezione dai giovani di Forza Italia che hanno mostrato le foto delle vittime delle BR e la povera donna che si è detta scossa. Niente altro, mi pare. Tutto qui e un po’ di polemiche giornalistiche subito smorzate. Dietro l’usbergo implicito o esplicito dell’ “antifascismo” ci si può permettere di tutto e di più, e infatti la Di Cesare tempo dopo si è sentita in dovere di dare, non so bene perché, del “neo-hitleriano” (?!) al ministro dell’Agricoltura Lollobrigida beccandosi una querela. Vezzo comune a certi ambienti: lo stesso per l’anziano classicista dell’Università di Bari Luciano Canfora che ha dato della “mentalità neonazista” a Giorgia Meloni, giustificando l’affermazione con una serie di sillogismi strampalati. Vedremo come la penseranno gli israeliani. Chissà come andrà a finire, mi auguro in entrambi i casi che non sia considerata una “libertà  di pensiero o di critica”  perché sarebbe un pericoloso precedente. Cancellare le tracce servirà a ben poco, io credo.

Penso s’imponga il confronto con  il caso di Marcello de Angelis che si è vista distrutta una carriera per aver espresso (anche lui come la compagna docente) una opinione di certo controcorrente e politicamente scorretta ms che è di molti. Vale appunto il ”due pesi, due misure”: nessun danno professionale e culturale per la Di Cesare e Canfora che possono continuare a insegnare, tenere conferenze,  scrivere sul Corriere della Sera. E’ possibile?

Cancellare le tracce dunque, far dimenticare quel che si è stati in un passato, in una gioventù più o meno lontani. Tagliare addirittura le radici, dimenticandosi del famoso motto  del venerato professor Tolkien: “Le radici profonde non gelano”! Forse allora erano solo radici molto superficiali…

Però, però… Se qualcosa si deve nascondere e cancellare, qualcos’altro deve essere messo in mostra, e non sono certo le idee: il bell’aspetto femminile certo, ma anche maschile, dei rappresentanti della destra italiana che devono essere intervistati in TV o partecipare ai talk show: questo, da quanto mi vien detto, il nuovo imperativo di FdI, una vera e propria direttiva dell’Ufficio Maquillage del Partito. Sarà vero o è solo una maldicenza? Mah! Altrimenti il prossimo passo sarà un dress code adeguato alle diverse occasioni ufficiali…

Giunti a guidare l’Italia per volontà popolare con  una percentuale di gradimento costante in tutti i successivi sondaggi, ci si deve vergognare di quello che si è stati, della propria identità personale, ideale e politica? E per di più  ingiuriati da una élite di sinistra che dall’altro del suo snobismo si crede permessa tutto.

Non è un paese per coerenti, questo.

Gianfranco de Turris

Gianfranco de Turris

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Tags: DestraGianfranco de Turrisradici

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Comments 7

  1. Tullio Zolia says:
    1 anno ago

    Bravo de Turris condivido totalmente !

  2. Guidobono says:
    1 anno ago

    D’accordo con de Turris, però come torinese non capisco bene che cosa siano veramente destra e sinistra in termini italiani. Nella mia città la cosiddetta destra, quella che conobbi da giovane, era generalmente liberale, monarchica, conservatrice, spesso massonica. Sovente di origine aristocratica ed alto-borghese: Edgardo Sogno, tanto per fare un nome. La ‘Vandea italiana’ per Mussolini….Il fascismo della RSI non era destra, il neofascismo del 1946 non era destra. Neppure quello successivo. Malagodi era destra, non Almirante (al di là della Costituente di ‘destra’) o Rauti. Il nazismo tedesco neppure era ‘destra’. Adesso per il sinistrume qualunque destra è ora estrema destra e, quindi, fascista, nazista, xenofoba ecc. Termine usato come una clava in politica e nella comunicazione. Evola non era di ‘destra’, neppure in termini culturali ed apolitici. Céline non era destra ecc. Forse sarebbe opportuno tentare di fare chiarezza su alcuni punti della nostra storia e, di conseguenza, circa la politica. Io mi considero di ‘destra’, e sono stato considerato tale tutta la vita, non perchè neofascista, ma perchè liberal-conservatore, anticlericale, antistatalista, antipopulista, pro eutanasia, suicidio assistito ecc., anticomunista (se vogliamo pure intimamente neutralista, anti NATO, Ue ecc…).

  3. Mulignana says:
    1 anno ago

    In sintesi galleggiare sempre, mirare sempre al proprio orticello. Lungimiranza propria dei padri Come Salandra e Sonnino..

  4. Guidobono says:
    1 anno ago

    Che la Unione Europea (questa Ue, non l’idea d’Europa unita)sia un gran magna-magna, creato ed ampliato a dismisura per compiacere i voraci appetiti della politica e sotto-politica dei vari Stati, un’entità elefantiaca ed imbelle, con zero carisma, zero popolarità, assai più perniciosa che minimamente utile, con zero valenza e credibilità politica internazionale, una pseudo moneta che vale, rispetto allo svalutato dollaro, un terzo meno di 15 anni fa ecc. ecc., lo sanno tutti! Basta Unione Europea, paradiso del più sciocco ed estremo ‘Politically Correct, del ‘gretinismo’ e del Woke demenziali, vera trappola per gonzi!!!! Su questo una destra vera si dovrebbe pronunciare, non lasciare saltellare opinioni personali…

  5. Romano says:
    1 anno ago

    Con questa orgia di abiure i Fratelli si sono fatti intrappolare in un tunnel senza via di uscita perche’ gli avversari si sono resi conto di quale sia il loro punto debole e continueranno a premere in quel punto: le abiure non basteranno mai.
    Per giunta con questo ateggiamento arrendevole si sono anche acquistati il disprezzo degli avversari: un tempo i (neo) fascisti non erano certo amati, ma erano rispettati per la coerenza con cui mantenevano le loro idee. Ma che rispetto meritano queste pecore? In effetti, a parte qualche “rara -ma molto rara- avis” il materiale umano e’ scadente.

  6. Mario says:
    1 anno ago

    È la storia che si ripete, è tutto un correre all’oblio e all’abiura quando i risultati elettorali ci hanno consegnato il governo. Voti presi su quelle storie personali, non a dispetto di. Con quei cognomi e quei pendenti al collo e quelle foto in bacheca.
    Trent’anni fa, con la logica schietta del contadino, argomentavano che l’aver raccolto così ampia messe di voti era segno che i seminatori erano stati bravi e, in ultima analisi, che il seme era buono. E sappiamo come andò a finire, che si andò a Washington e a Gerusalemme è si fino a Montecarlo.
    Ed ecco ancora che si ricomincia

  7. luciano zippi says:
    1 anno ago

    Abiurare, ma non troppo. Questo sembra l’ordine di scuderia. Ma la straripante predominanza mediatica della retorica resistenziale non permette queste ipocrisie. Se si vuol mantenere il consenso oltre i 5 anni di legislatura, non lo si può fare trasformandosi come vogliono gli antifascisti. Perché scimmiottare l’antifascismo, come fanno moltissimi fascisti di FDI (perché la radice è SOLO questa), vuol dire semplicemente: scusateci se ho preso il vostro posto, ma non preoccupatevi, ve lo ridiamo subito perché a noi non riesce molto bene recitare il ruolo di antifascisti, lo fate meglio voi.
    Intanto, dalle pagine di internet riemergono interviste di Almirante (quel fascista che ancora invita a leggere il Secolo della Meloni!) e ce n’è una magistrale di Gianni Minoli del 1987, poco prima che Almirante si ammalasse e perdesse lucidità.
    Almirante si rallegrò perché Minoli definì insulto il termine di “antifascista” per chi dirigeva il MSI. Ecco, oggi come nel 1945 oggi come nel 1987 oggi come oggi: antifascista per me è un insulto. L’antifascismo è il concentrato della peggior storia d’Italia, del Franza e Spagna purché se magna, del particolarismo masochistico, dell’eccesso di campanilismo, del servilismo verso lo straniero, degli sciuscià che lustrano le scarpe agli americani invasori. Antifascismo è il contrario della dignità ed orgoglio del nostro popolo, che nasce da Grecia e Roma ed è stato inquinato dalle orrende scritture (altro che sacre!)

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