Dopo il dominio incontrastato dei CD e l’avvento degli mp3, sancito dall’iPod di Steve Jobs, sembrava che l’elettronica non avesse più nulla da dire in fatto di supporti musicali, data la versatilità e la capacità degli mp3. In effetti così è stato, ma una “nuova” tecnologia ha preso il sopravvento nel 2014, il disco di vinile, pensionato fra gli anni ’80 e ’90 e appannaggio di pochi appassionati. Un oggetto vintage e di culto e fuori mercato che ha però stregato ancora una volta i cultori di ogni genere musicale, dalla classica all’heavy metal.
Il boom c’è stato, manco a dirlo, negli Stati Uniti, dove secondo il Wall Street Journal sono stati venduti 8 milioni di dischi, ma ha coinvolto anche l’Italia e il Regno Unito. Molti gruppi hanno prodotto i loro nuovi album sia in Compact Disc che in Vinile, come ad esempio i Daft Punk. Anche in Italia per esempio i Folkstone, dopo richieste dei fan, hanno prodotto un vinile in edizione limitata. E’ nato, o meglio rinato, un nuovo mercato con l’apertura di nuove fabbriche accanto alle poche eroiche sopravvissute ai tempi d’oro, per produrre i dischi nuovi, rieditare quelli più datati e creare i giradischi di nuova generazione.
I vinili sono utilizzati dai ragazzi, che vedono i CD come “roba di loro padre” (citazione tratta dal New York Times), ignari o forse consapevoli che il gesto di posizionare la testina sul disco sia lo stesso che facevano i loro nonni.
Molti analisti dicono che questo ritorno dei dischi vecchio stile sia una semplice moda. Dal punto di vista scientifico in effetti non c’è altra spiegazione, in quanto il CD riproduce il suono in maniera esatta ed equivalente al vinile.
La differenza sostanziale fra i due supporti è che il disco di vinile riproduce in formato analogico e il Compact Disc riproduce il suono in formato digitale.
Vale a dire che mentre il vinile riproduce il suono “così com’è”, quello del CD deriva da una conversione del segnale, che diventa quindi una serie di 0 e 1, che il lettore ritrasforma successivamente in analogico per le nostre orecchie. Si potrebbe pensare quindi che il suono digitale perda qualcosa rispetto a quello analogico, ma dal punto di vista scientifico non è così, in quanto il CD riproduce comunque ben oltre tutte le frequenze udibili dall’orecchio umano, quindi la differenza potrebbe essere percepita da un animale, come un cane, che sente anche gli ultra suoni.
Un discorso a parte va fatto per i file mp3, che derivano da un campionamento ben più ampio, volto a produrre file di minor peso. In realtà un mp3 fatto bene può offrire un’esperienza di ascolto quasi equivalente a quella di un CD, tanto che l’orecchio medio difficilmente si accorgerebbe della differenza.
In definitiva, potremmo quasi dire di essere in presenza di un fenomeno di suggestione o che il vinile eserciti il fascino del vintage. Di certo il gesto di posizionare il disco sul piatto e di vedere la testina viaggiare per riprodurre il suono è appagante. Tenere in mano un vinile, con la sua custodia, è un po’ come tenere in mano un quadro da ammirare, una vera e propria opera d’arte.