Don Abbondio Prandelli, il teledivo, cicca clamorosamente l’appuntamento con la storia e per questo si è già dimesso. L’Italia avrebbe dovuto affrontare l’Uruguay con l’elmetto in testa e la Patria nel cuore, ipse dixit. In campo ci va una squadra senza idee, incapace di reagire al minimo contraccolpo. E si prende pure un morso (vero) da Luis Suarez. Sotto gli occhi di quel gufaccio decrepito di Sepp Blatter, gli azzurri si fanno beffare all’82esimo da un colpo di spalla di Godin. Nemmeno un tiro in porta, manco per scherzo. Prendersela con l’arbitro – seppur mediocre – è alibi troppo comodo che non può essere concesso a questa Nazionale.
SCUSA MA TI CHIAMO SERIE C. Chi ha avuto la sciagura di assistere all’incontro, per un attimo, avrà rimpianto seriamente di aver rinunciato a qualche ora di mare. La partita si presenta tesa e contratta, a noi basta un pareggio. Loro, Suarez e compagni, devono vincere. I sudamericani sono scarsi, tranne El Pistolero e qualche lampo di Cavani, non è che la Celeste incanti per il suo gioco. Gli azzurri amministrano bene il vantaggio (virtuale) della classifica del girone. Ma non pungono mai. Alla fine, chissenefrega. Lo zero-a-zero ci va fin troppo di lusso. E il catenaccio del primo tempo regge. Soprattutto grazie alla generosa prova di Marco Verratti. Quarantacinque minuti di noia profonda, ma con uno scopo però. Va bene così. Sembra di assistere a Paganese-Turris – e sia detto con tutto il rispetto per le due gloriose compagini campane -, ma si rinuncia a tutto pur di vedere la Nazionale andare avanti.
IL CREPUSCOLO DEGLI DEI (?). All’inizio del secondo tempo, Prandelli richiama Balotelli e fa entrare Parolo. Un cambio degno del più bieco catenacciaro. Nove dietro la trequarti. Ma cresciamo, fino a che Claudio Marchisio non cerca di emulare il suo amico e compagno di squadra (in Nazionale come nella Juve) Giorgio Chiellini e tenta di fracassare la rotula di un dimenticabilissimo centrocampista uruguagio. L’arbitro Bayron Moreno (che nome nefasto!) gli sventola il cartellino rosso sotto al naso. Per dieci minuti, l’Italia va in bambola. Poi ci pensa Prandelli: fuori Immobile e dentro Cassano. Giochiamo senza centravanti, in dieci. Don Abbondio, rinunciato al suo stramaledetto tiquitaca tricolore, alza le barricate e l’Italia abbassa pericolosamente il baricentro. Chiellini e Suarez litigano in area, il bomber del Liverpool non viene meno nè alla sua fama nè alla sua fame ed addenta il difensore azzurro. Polemiche a non finire, speriamo non se ne faccia un alibi…
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UN QUARTO D’ORA DI CELEBRITA’. L’Uruguay attacca, attacca e attacca. Suarez non è in formissima e si vede. Cavani sgomita. All’81esimo arriva lo stramaledetto calcio d’angolo su cui Godin, torre dell’Atletico Madrid in prestito alla Celeste, la sbatte dentro colpendo la palla con la spalla. L’Italia è in avanti, si deve rimontare. Ma le scelte del don Abbondio Prandelli tagliano le gambe alle speranze di rimonta azzurre: senza centravanti e senza più cambi. Dovrebbero, almeno, saltare gli schemi. E invece no, perchè per quindici minuti l’Italia prova sempre lo stesso identico schemino. Non c’è nessuno che si carichi la squadra sulle spalle, Buffon ci prova e si butta in avanti nell’ultima azione. E’ tutto inutile. Si torna a casa. Con un ct e una squadra che, tolta la vittoria contro l’Inghilterra, è stata capace di raggranellare un filotto vergognoso da dieci sconfitte.