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Dal momento che il caso non esiste mai, nello stesso giorno in cui da una bancarella di libri mi precipitavano in mano Disobbedienza Civile di Thoreau e La condizione operaia della Weil, sprofondavo in Nomadland nella poltrona di un cinema torinese.
“Gli uomini non sanno mai mettersi nei panni gli uni degli altri”, scrive Simone Weil. E poi ancora “la spietata legge del rendimento pesa su tutti voi”.
C’è il magazzino di Amazon, c’è l’America ferina di paesaggi e di vita, c’è la polverizzazione dei legami familiari, c’è una certa ostinazione che solo chi ha amato molto e disperatamente può comprendere, c’è questa nostalgia preventiva di chi vede prossima la fine del suo mondo. E poi ancora c’è la musica di Ludovico Einaudi che è il filo della lama di tutto il film.
Ma più di ogni cosa, Nomadland mi ha chiarito cosa intendeva dire Cristina Campo quando scriveva “con lieve cuore, con lievi mani”.
Andate a vederlo, è un film necessario.
“che nulla traspaia dell’intimo, nulla sia noto di noi che il sorriso”