Che cos’è che rende il calcio una passione? Cosa ce lo ha fatto e ce lo fa amare follemente? Un gol che ti regala la vittoria in rimonta al 94’? Una squadra capace di segnare più di 80 gol in 30 partite? Che non smette mai di essere arrabbiata e di ringhiare in faccia all’avversario anche quando vince 4 a 0? Oppure a farci innamorare è stato l’odore dei fumogeni, una corsa giù dai gradoni, un abbraccio sudato sulla ringhiera della curva con uno che se lo incontri per strada neanche lo saluti?
Nel primo caso la Ternana di quest’anno, guidata da Cristiano Lucarelli come un carrarmato, avrebbe fatto girare la testa a chiunque. Mai vista una squadra così compatta, così cattiva, così organizzata, così forte, così di carattere, così divertente…
Ecco appunto: mai vista.
Mai vista dal vivo, eppure da mesi sta vincendo il campionato a mani basse con 15 punti di vantaggio sulla seconda, con il record di vittorie consecutive e di reti segnate… Senza i tifosi a guardarla, a sostenerla, ad abbracciarla.
Forse doveva accadere proprio qui, a Terni: in una città che ha amato e ama il calcio alla follia (soprattutto per il secondo motivo di cui sopra). O forse poteva accadere e accadrà in tante altre città, a tante altre perone e comunità che hanno imparato a vivere insieme anche grazie al calcio…
È da più di un anno che vediamo gli stadi vuoti, sugli schermi della Tv o dei Pc. E la domanda che ci facciamo è: non è che per caso ci stiamo abituando?
Perché poi, a pensarci bene, il distanziamento nel calcio è già da parecchio che provano a introdurlo come regola di condotta: tifo composto, niente sfottò ai rivali, seggiolini anche in curva, identificazione degli spettatori e – in ogni caso – meglio vederla in Tv. Ora le misure per il contenimento del Covid sono l’apoteosi di tutto questo, come in una specie di lento ma inesorabile programma di rieducazione mirato alla repressione della socialità.
Può esistere il calcio senza tifosi, il calcio senza stadio, il calcio da asporto? Magari con un bel delivery di noccioline, semi salati e caffè Borghetti? Sciarpa solo in salotto e – massimo della trasgressione – striscione sul balcone, invece che sulla balconata della curva? Il fatto è che molti sembra si stiano abituando, perché in fondo, sì, sul divano è più comodo, più confortevole, più sicuro…
L’arbitro fischia la fine della gara decisiva (che il presidente Stefano Bandecchi ha fatto trasmettere come tutte le altre in diretta sulla sua Cusano Tv). L’abbiamo vista in tantissimi, tutti insieme, ma ognuno a casa sua.
Alla Ternana bastava un pari, ma ha vinto 4 a 1 con la seconda in classifica, l’Avellino di Braglia. I giocatori rossoverdi, guidati dal capitano Marino Defendi, si sono presi per mano e sono andati a tuffarsi sotto la curva, vuota. Un gesto di omaggio, bello e disperato. Maledizione!
E’ il sabato di Pasqua. Terni e l’Italia sono in zona rossa. La Ternana ha vinto il campionato. Il quartiere dello stadio è blindato. Che si fa?
Dalla finestra arriva l’eco di due timidi colpi di clacson. Poi diventano quattro, dieci, cento. E niente: si va! Anche senza certificato: la zona rossa diventa rossoverde. E in dieci minuti siamo in piazza a cantare “Chi non salta è un perugino!” tra il fumo delle torce, salutando cortei di auto festanti: la Celere schierata davanti a guardare. E per un’oretta sembra che tutto sia magicamente tornato come una volta. Dura poco, ma è successo.
Si guardano negli occhi i tifosi con qualche capello bianco: “Non supereremo mai quella fase”, sembrano dirsi, brindando davanti al bar che dovrebbe essere chiuso.Il calcio, quello degli abbracci e della festa di popolo, forse non è ancora del tutto morto. Nonostante il Covid, nonostante tutto. Forse.