Ieri sera nel post partita di Roma-Napoli Massimiliano Allegri è stato ospite di Sky calcio club, show condotto da Fabio Caressa nel quale intervengono, tra gli altri, Bergomi, Piccinini, Di Canio e Marchegiani. Max, da subito raggiante, si è preso la scena non risparmiando critiche costruttive e consigli spassionati, rivelando anche che presto tornerà in panchina (senza escludere clamorosi ritorni). Le sue lucidissime analisi dovrebbero gettare le linee guida da seguire per i prossimi anni.
Nel suo stile personalissimo l’ex allenatore della Juve affronta con estrema sincerità tutti i temi scottanti del momento incalzato da un Caressa spumeggiante. Max mette subito in chiaro che non esiste un ‘vademecum’ dell’allenatore e mai esisterà; questo mestiere si nutre di sensazioni fugaci, sguardi appena accennati e affinità elettive che non possono essere spiegate. È questo il primo punto del suo monologo: l’esprit de finisse, una sensibilità innata che non può essere insegnata, ma solo migliorata. Una squadra non è solo una società, ma anche una famiglia, fatta di incomprensioni, scaramucce, difficoltà comunicative ed è compito d’un bravo allenatore svolgere il ruolo di padre cercando di dirimere le controversie nel modo di adeguato possibile. Rivolgersi a tutti con la stessa comprensione ma allo stesso tempo saper cogliere le sfumatura di ognuno e le loro necessità. Senza una perfetta gestione delle risorse umane, tattica e lavoro sul campo non possono dare alcun frutto.
Il secondo tema affrontato è, di contraltare, la ragionevolezza. Se gli esseri umani si sono distinti tra tutte le altre bestie è soprattutto grazie alla loro adattabilità. La rigidità è il primo nemico, il pensiero e lo spirito devono essere malleabili, pronti continuamente al cambiamento. Il monologo di Max è arricchito da vari aneddoti che rendono bene l’idea di quanto detto. In un Juve-Napoli di Coppa Italia i Bianconeri devono solo difendere il risultato per poter accedere in finale. Dani Alves si avvicina alla panchina e chiede ad Allegri di poter marcare Insigne a uomo. ‘Vengono tutti da lui i pericoli mister’. Max non ci pensa un secondo e gli da il via libera. Giocare a zona non è un imperativo categorico ma solo la migliore soluzione in un determinato momento della gara. Questa scelta si rivelerà vincente in quel caso ed anche nel 3-0 al Barcellona del 2017 con Dani Alves fisso su Neymar. Altro esempio illuminante è quello che coinvolge Gigi Buffon. Allegri nota che il portiere bianconero ha la palla tra i piedi in media 1 minuto e 30 a partita. Convince allora la squadra a non passare indietro la sfera e, in caso di pericolo, Gigi a spazzare via senza avere rimorsi. Date le coordinate del suo successo, Max affronta i problemi del nostro calcio con estrema sincerità e chiarezza. Si deve tornare innanzitutto ai fondamentali. ‘Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia’.
La massima di Cruijff è sempre valida, un calciatore deve sapere passare la palla con precisione, velocità e timing. Il nostro movimento ha dimenticato di insegnare ai ragazzini ad accarezzare la palla, a darle del tu. Il lavoro nei settori giovanili non può essere schematico e coercitivo, deve lasciare libertà ai talenti di esprimersi secondo le loro inclinazioni. Max arriva ad un passo dalla commozione raccontando di Ronaldinho, Cassano, Seedorf e degli altri grandi che ha avuto la fortuna di allenare, giocatori che possedevano anche un carisma eccezionale, tanto da reggere con nonchalance ‘la pesantezza’ intrinseca di San Siro. Si smarca così da quelle ossessive critiche che lo vorrebbero nemico dell’estetica. Impostare la squadra ‘all’italiana’ non è un male, e non lo è nemmeno cercare un gioco divertente, il male è eccedere in un senso o nell’altro. Il suo calcio è fatto di organizzazione, solidità e consapevolezza ma non si dimentica mai che chi tiene vivo questo sport sono i fenomeni e le loro giocate al limite dell’impossibile.
Nell’ultima mezz’ora di trasmissione Max risponde ai vari quesiti degli opinionisti, tra i quali spicca l’altro ospite della serata Fabio Capello. Allegri chiarisce una volta per tutte che Bentancur non può giocare con costanza davanti alla difesa, ci sono giocatori che fuori ruolo non riescono a mantenere la giusta attenzione per 90’. L’allenatore livornese esce bene anche da una domanda spinosissima: ‘meglio Messi o Ronaldo?’. ‘Uno è più grande (CR7), l’altro più forte (Messi)’, intendendo evidentemente che il Portoghese abbia vinto ovunque sia stato, mentre l’Argentino, pur baciato da un talento inarrivabile, abbia fallito nel centrare importanti obbiettivi collettivi, soprattutto in nazionale. Infine messo dinnanzi alla scelta tra la difesa a tre e a quattro, Max ricorda quanto gli diceva il saggio Adriano Galliani: ‘nessuna squadra ha mai vinto la Champions League con una difesa a tre’. (Il Barcellona di Cruijff era sì sulla carta un 3-4-3 ma cambiava continuamente veste durante il gioco). Allegri trova anche il tempo di complimentarsi con i suoi colleghi, Antonio Conte e Roberto Macini, a suo modo di vedere risorse preziosissime per il movimento nostrano.
In definitiva il calcio italiano ha bisogno di Allegri ora più che mai. La sua intelligenza, pragmaticità ed amore per il gioco sono di vitale importanza per far risorgere il nostro sport nazionale e parimenti l’entusiasmo per esso. Torna presto Max.
Magari tornasse alla Juve….