Nel suo commento del 16 luglio su “Alemanno e i reduci impuniti” apparso su Barbadillo, commento – ci tengo a precisarlo – che mi trova pienamente d’accordo, l’amico Gianfranco De Turris, probabilmente trascinato da una più che legittima vis polemica, fa tuttavia un grave torto alla verità nell’elencare la casistica di occasioni perdute da addebitare ad Alemanno e – per sopramercato – anche alla presidenza di Storace alla Regione Lazio dal 2000 al 2005.
In particolare, Gianfranco scrive testualmente: “ L’edificio ex GIL di Via Induno di proprietà della Regione Lazio poteva diventare una vera e propria “casa della cultura” riunendovi, associazioni, fondazioni, enti e altro in un ambiente adattissimo per il quale era stato proposto addirittura un “restauro filologico”. Si trattava soltanto di espletare una serie di passaggi giuridici e burocratici, fare delibere, firmare carte, decidere: erano state accantonati anche le risorse necessarie! Non si fu capaci di concludere un accidente, neanche per un complesso già appartenente all’ente regione”. Ora, come Gianfranco dovrebbe sapere, è vero esattamente il contrario.
La giunta Storace ereditò l’assegnazione di un edificio sfigurato da anni di incuria e di inciviltà, prima voluta, poi di routine. Un edificio di cui NON aveva la gestione, dato che quest’ultima ormai da decenni era stata assegnata dalle precedenti amministrazioni regionali a un ente di formazione, emanazione della UIL, di nome ERFAP. Quest’ultimo, fra l’altro, per ricavare aule in cui svolgere per l’appunto la propria attività formativa, aveva totalmente stravolto l’architettura interna disegnata dal grande architetto razionalista Moretti, dando vita ad un vero e proprio scempio.
Solo e grazie al diuturno impegno dell’Assessorato Regionale alla Cultura della giunta Storace, espletando passaggi giuridici e burocratici – per dirla con Gianfranco – facendo delibere, firmando carte, decidendo e trovando risorse economiche importanti (che nel commento di De Turris non si è capito da quale cielo sarebbero cadute), l’ex sede nazionale della GIL fu finalmente affidata in gestione diretta al suddetto assessorato alla cultura, ne furono totalmente riportati al pristino splendore il piano terra ed altre parti importanti, restaurata la facciata e la torre littoria.
Quanto al progetto di farne il “Palazzo del ‘900” (il copyright morale e lessicale è mio e lo rivendico) riunendovi alcune delle più prestigiose associazioni culturali italiane con interessi nel campo delle ricerche storiche e artistiche, anche per questo passaggio erano già pronte le carte, salvo che Storace perse le elezioni e chi venne dopo di lui evidentemente gettò a mare il tutto.
Peraltro – e mi avvio a concludere -a conferma di quanto non solo vada ascritto a merito della giunta Storace in riferimento al palazzo ex GIL, ma di quanto ciò rientrasse in un disegno organico e lungimirante, di quelli destinati “ a durare” e a lasciare sul territorio segni permanenti, ricordo che in quegli stessi anni, con altrettanta determinazione amministrativa e larghezza di mezzi ( se ricordo bene almeno 3 milioni di euro)lo stesso assessorato alla cultura promosse, progettò, avviò e finanziò integralmente il restauro filologico del Palazzo delle Poste di Sabaudia, gioiello dell’architettura razionalista e opera di Mazzoni, che oggi è stato pienamente restituito alla cittadinanza e ospita la biblioteca comunale e un prestigioso centro polivalente per attività culturali. Il tutto nel quadro della prima legge organica per la “valorizzazione delle città di fondazione” mai varata nel Lazio. Sempre dalla giunta Storace.
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