Ricordiamo con nostalgia Diego Armando Maradona, il suo talento irraggiungibile, la sua destrezza, i suoi dribbling che vincevano la forza di gravità, e celebriamo il calcio degli anni ottanta, l’ultima isola pallonara che conservava una filigrana di passione genuina.
Diego è stato una icona mondiale della fantasia, della forza atletica unita alla creatività. Ha riscattato l’Argentina più povera in nome del “peronismo pallonaro”, ha incarnato l’anima della Napoli che ribaltava il destino, e ritrovava gli splendori consoni a una capitale del Sud dopo decenni e decenni di decadenza. Ha unito il popolo partenopeo nel sogno tutto meridiano di un Sud non più vassallo dei poteri industriali e bancari settentrionali.
Diego è stato i due memorabili scudetti che hanno fatto esplodere di gioia Napoli, dal Vomero ai bassi dei Quartieri Spagnoli, alle vele di Scampia. Ha portato trofei internazionali e ha addirittura spaccato il tifo per l’Italia nella infausta semifinale al San Paolo contro l’Argentina dei Mondiali ’90.
Diego è stato sportivo e “politico”. Beffando l’Inghilterra (“mano de dios”) che aveva umiliato l’Argentina nella querelle Malvinas, schierandosi con Fidel Castro e rendendo omaggio all’impegno sociale e umanitario dei medici cubani (che spesso lo hanno salvato dalle sue conseguenze della sua vita eccessiva).
Diego è stato l’epilogo doloroso di una storia sportiva macchiata dalla dipendenza dalle droghe, e anche nel mostrare questa debolezza ha lasciato una lezione per chi pensa che tanti giovani atleti eccellenti nel tirare calci a un pallone siano automaticamente in grado di destreggiarsi tra pressioni e tentazioni di una vita da top player.
Il calcio degli anni ottanta lo rimpiangiamo perché quello che è venuto dopo – anche per l’ingresso di un certo sfarzo berlusconiano, ben descritto nei saggi di Massimo Fini – ha cambiato volto allo sport più amato dagli italiani. I presidenti ora non sono più dei genuini imprenditori italiani, Romeo Anconetani o Costantino Rozzi, Massimino o Matarrese e Corrado Ferlaino (l’Ingegnere): i club sono guidati dal capitalismo senza volto dei fondi internazionali, che appaltano le società a manager che possono anche non conoscere i colori sociali o non aver mai provato l’ebbrezza della passione sportiva.
I volti e le maglie di lanetta di Maradona, Dirceu, Platini, Juary, Barbadillo sono la nostra coperta di Linus, ci consolano come innamorati di un calcio che non c’è più, e ci fanno ritornare in mente le domeniche senza pay tv, Paolo Valenti e 90’ minuto, le descrizioni dei gol sui giornali di carta e non sulle tv, le partite che si vedevano allo stadio, i derby come sommovimenti tellurici di intere comunità, i rigori fischiati o negati dagli arbitri e non sugli schermi dei Var…
Maradona è un film di Kusturica, una canzone dei Gotan Project, un numero dieci sulla maglia di un bambino. E anche l’immagine del genio e della debolezza umana. Ma soprattutto la memoria della nostra giovinezza spensierata.
Lo sfarzo berlusconiano hanno fatto molti più danni nella società italiana; e ha sempre goduto della complicità della destra italiana.
Non ci sono parole per descrivere quello che è stato Maradona sia a livello simbolico che affettivo, per quanto mi riguarda ha rappresentato la stagione più bella per i calciofili della mia famiglia unendo almeno due generazioni nella passione per questo sport e per questo spettacolare campione, fra i mugugni dei più anziani che rimanevano legati al calcio degli anni 50/60 e la spasmodica verve di chi invece ha vissuto a pieno gli anni 80 che a livello calcistico almeno sono stati sicuramente l’apice per tutta la nazione, con il Mondiale conquistato e una Serie A che è stata per molti anni il teatro con i campioni più grandi al mondo… Maradona è un pezzo di vita che se ne va, tanti ricordi personali legati a questa figura che si accavallano, Maradona ha rappresentato tutto ciò che amo -anzi ho amato ormai- del calcio che con lui muore definitivamente, del resto veder giocare partite in stadi vuoti non è forse la fine del calcio stesso che si trascina avanti solo per gli sponsor, le tv e le multinazionali? Ecco Maradona ha rappresentato esattamente il contrario di questo calcio per questo è un simbolo ed un icona fra le più grandi del secolo scorso, come diceva C.Bene lui è stato l’extra-ordinario sul campo, una teofania sportiva, per questo rimarrà nella leggenda e si continueranno a trasmettere le sue gesta, per questo chi odia il calcio moderno non può che amare Maradona più di ogni altro… R.I.P. Diego.
Mi ricordo quando all’epoca l’Italia uscì dal Mondiale del 1990 dopo una brutta semifinale e i calci di rigore. All’epoca pensavo che quel Mondiale di Calcio fosse nostro di diritto e che nessuno ce lo potesse togliere. Pensavo che con una Nazionale come quella avremmo vinto tutto quello che c’era da vincere. Ma non fu così a causa di una pessima uscita di Zenga e di due rigori sbagliati venimmo eliminati. Inutile dire quanto fossi i…….o. Mio padre non faceva altro che ripetermi che per par condicio avrei dovuto prendermela con Zenga che non aveva saputo parare i rigori e con Donadoni e Serena che avevano sbagliato i rigori, ma da quell’orecchio non ci sentii.
Inutile dire che nei giorni precedenti la finale augurai a Maradona tutto il male del mondo addirittura gli augurai che tutti i miliardi che guadagnava li spendesse in medicine, a distanza di 30 anni mi vergogno di aver pensato e pronunciato parole vergognose come quelle.
L’eccesso necrofilo dell’Argentina – folla immane in attesa di sfilare davanti alla bara nella Casa Rosada – l’enorme tripudio all’Obelisco di ieri notte, come per un Mondiale vinto, fregandosene del Covid, e non solo (già Evita diceva che le esequie funebri sono la cosa che meglio riesce agli argentini…) sono un po’ come l’epitome che Dio si è ritirato dal mondo, ma siccome il bisogno irrazionale di un dio esiste, così si cercano succedanei improbabili…