Epifania, anno del Signore 1975. Il Nottingham Forrest sta per affrontare una partita difficilissima in Second Division contro i rivali di sempre, il Notts County. Il ‘di sempre’ stavolta non è affatto un modo di dire.‘The Reds’ e ‘the Magpies’ (le gazze) sono rispettivamente la terza e la prima società professionistiche più antiche del Mondo, fondate nel 1862 e 1865. Il Notts avrà la meglio sul campo, ma quel 6 gennaio sarà, ironicamente e profeticamente, il giorno dell’ἐπιϕάνεια, della apparizione per il Nottingham Forest. Brian Clough riuscirà, con la sua solita coriacea insistenza, a farsi consegnare la squadra dando inizio a quello che sarà il più grande miracolo calcistico mai avvenuto.
Dopo la grande impresa compiuta con il Derby County, diventando campione d’Inghilterra partendo dalla seconda serie, e metà stagione nefasta al Leeds United, Clough è in cerca del suo nuovo grande progetto. Il Nottingham ha una discreta storia agonistica avendo conquistato 2 FA cup ed avendo preso parte a varie stagioni nella massima serie, ma non è mai riuscito a fare quell’ultimo salto di qualità necessario per essere stabilmente tra le grandi. E’ un continuo saliscendi d’emozioni e categorie. 6/11esimi dei ragazzi che vinceranno la Champions League nel 1979 sono già in squadra quando il lunatico tecnico di Middlesbrourgh si insidia sulla panchina delle Midlands orientali. La base c’è, serve solo il lavoro certosino d’uno nato per essere un demiurgo. Il primo campionato si chiude con una tranquilla salvezza, arrivano alcuni rinforzi tra i quali spicca il roccioso terzino sinistro del Newcastle Frank Clark. L’anno successivo terminano la stagione all’8º posto. L’acquisto dell’esperto stopper Larry Lloyd completa i disegni di Clough: sono pronti a tentare il salto di categoria. Il ’77 difatti si dimostra l’anno buono. Un solo punto di vantaggio sul Bolton e il Blackpool gli permette di agguantare il tanto agognato 3º posto valevole per la promozione in first division.
L’inizio del sogno
I Reds possono contare su una squadra dura a morire, che, in condizioni normali, ovvero senza Clough in panchina, può ambire a lottare per la salvezza. I buchi da tappare per affrontare la massima divisione non sono pochi. Quello che serve è sicuramente un portiere di livello, arriva così il grande Peter Shilton dallo Stoke appena retrocesso. Si completa la linea difensiva con l’acquisto del centrale scozzese Kenny Burns, un vero guerriero voluto fortemente da Peter Thomas Taylor, secondo in comando. C’è solo un piccolo problema, Kenny non gioca in difesa da 4 anni, gli è stato assegnato il ruolo di centravanti al Birmingham, cosa che si era rivelata azzeccata viste le 45 reti messe a referto. Ma Clough e Thomas hanno totale fiducia nelle loro folli visioni e lo convinceranno a tornare nella sua posizione originaria con risultati che non faranno rimpiangere il brivido del goal al ragazzo baffuto. In attacco Brian ha in mente il nome ideale. Arthur Gemmill è sempre stato il suo pupillo, sin da quando nel 1970 lo convinse a firmare con il suo Derby, e non con l’Everton campione d’Inghilterra in carica, annunciando che avrebbe dormito fuori casa sua in macchina finché non l’avrebbe accontentato. La signora Gemmill impietositasi dinanzi alla strenua resistenza di quello strano uomo gli offrì di entrare per la notte. A colazione Arthur era un giocatore dei Rams. Il suo arrivo al Nottingham fu decisamente meno rocambolesco ma l’esito esattamente lo stesso. Nel tentativo di ricreare il vecchio blocco del miracolo di Derby convinse i centrocampisti John McGovern e l’attaccante John O’Hare a tornare alla sua corte. Il più grande acquisto della stagione fu però un giocatore già tesserato con i Reds: John Robertson, uno scozzese dai piedi fatati e la corsa leggiadra ma potente. John, arrivato al Nottingham appena 18enne, diviene titolare proprio su iniziativa del nuovo tecnico che ne intravede immediatamente le grandi potenzialità. Il rapporto tra loro è strettissimo, Clough lo prende sotto la sua ala e con il classico metodo della carota e del bastone lo trasforma in un giocatore eccezionale. Il soprannome che accompagnò Robertson nella sua vita calcistica nacque proprio in uno di questi momenti di tragicomiche paternali. Clough punzecchiava puntualmente il giovane per il suo fare astratto, le scarpe da soldato e la barba incolta. Arrivò a chiamarlo simpaticamente ‘tramp’ (vagabondo), nomignolo che vide l’addizione del ‘Super’ una volta che i tifosi conobbero le sue straordinarie abilità sul terreno di gioco. In un’intervista, col suo immancabile sense of humor britannico, Clough dichiarò: ‘quando sono un po’ giù di corda mi vado sempre a sedere vicino a John, mi sento subito Errol Flynn.’ Per chi non fosse appassionato di cinema mister Flynn è stato uno degli attori più in voga negli anni ’30 e ’40, meraviglioso nell’interpretare il ruolo dell’eroe temerario, tra i quali spicca Robin Hood, originario proprio di Nottingham. Un uomo che meriterebbe di certo un approfondimento anche solo per il fatto d’essere Tasmaniano e d’aver esplicitamente richiesto in ultima volontà d’essere seppellito con 12 bottiglie di whiskey. Desiderio ovviamente esaudito, temeva non ci fosse alcol nell’aldilà e per uno come lui non era un’eventualità praticabile. Ecco, questo lui e Clough lo condividono sicuramente.
Il Nottingham dimostra sin da subito a tutti perché il Regno Unito sia uscito vincitore da entrambi i conflitti mondiali. Alla prima di campionato si presentano in un Goodison Park in fiamme che gli canta a squarciagola ‘Lambs to the slaughter’, ‘agnelli al macello’. Vincono 3-1 e zittiscono ogni critica. Il carattere testardo, indomito e supponente dell’allenatore permea profondamente ogni attività della squadra che fa della solidità difensiva e del celere contropiede le sue armi migliori. Clough era stato un attaccante dalla tenacia e dai numeri straordinari. Tra first e second division mise a segno 251 goal in 274 presenza tanto che Bill Shankly, storico allenatore del Liverpool, disse di lui ‘é peggio della pioggia a Manchester, almeno quella ogni tanto smette’. Non sono belli da vedere, al pari degli scarponi di Robertson, ma sono efficaci esattamente come deve essere il vestiario d’un soldato. Al termine d’un campionato sempre dominato si cuciranno sul petto il primo titolo nazionale chiudendo la stagione con la migliore difesa (24 goal subiti) e 64 punti, 7 sopra il Liverpool. Un abisso tenendo conto che all’epoca la vittoria regalava 2 punti e non 3. Peter Shilton sarà ‘player of the year’, secondo ed ultimo portiere a ricevere questo importante riconoscimento. Le grandi notti europee li attendono e loro si faranno trovare incredibilmente pronti.
Il trionfo
La Coppa dei Campioni 78-79 inizia subito con uno scontro fratricida clamoroso. Reds contro Reds. Il Liverpool si è qualificato al torneo grazie alla regola voluta da Bernabeu, secondo la quale i Campioni d’Europa in carica sono legittimati a difendere il titolo. Sì, i ragazzi di Bob Pasley si sono riconfermati sul trono d’Europa bissando il successo dell’anno precedente. Il giovane Birtles confesserà che, nelle settimane precedenti l’incontro, nello spogliatoio del Nott’m si respirava un’aria di rassegnazione.
Sfidare una compatriota è una sfortuna, innanzitutto perché tutti sognavano un’avventura ‘esotica’ in Italia o Spagna da poter raccontare un giorno ai nipoti, ed inoltre perché sono alla prima esperienza continentale ed affrontare subito i bicampioni in carica non è la migliore delle possibilità. Ma Brian Clough non può lasciare che i suoi affoghino nella disperazione. Con il suo solito fare sicuro e canzonatorio demolisce lentamente l’immagine di invincibilità degli avversari convincendo i suoi che la vittoria non è solo possibile ma è addirittura certa.
La tensione pre-gara è ovviamente altissima, i tifosi dei Tricky Trees non hanno mai perdonato agli Scousers quell’uso improprio del loro colore ispirato all’eroe dei due mondi; è arrivato il momento di decidere una volta per tutte chi sono i veri Rossi d’Inghilterra.
L’andata si gioca al City Ground in un frastuono a stento sopportabile. I primi minuti mostrano subito quale sarà l’andamento dell’intera partita: una guerriglia. A centrocampo l’intensità è folle, ci sono entrate senza pietà che con il metro di giudizio attuale rientrerebbero nel penale. Al 27º però la scintilla. Il 22enne Gerry Birtles è in stato di grazia, parte titolare dopo un’ottima prestazione in campionato contro l’Arsenal all’esordio in prima squadra. E’ lui infatti l’uomo della provvidenza che sigla il goal del vantaggio con un semplice tocco a porta vuota. Phil Thompson, leggendario centrale del Liverpool, non manca di fargli notare immediatamente che un solo goal non gli basterà mai per passare il turno ad Anfield. Ci vuole poco più di un’ora per zittirlo. Barret vince due rimpalli a centrocampo trasformandosi in un muro, la palla arriva a Gerry che ha campo libero sulla fascia sinistra. Salta il terzino avversario che riesce però a sporcargli appena la palla; con un saltello da ballerino del Bolshoi arriva comunque perfettamente sulla sfera e crossa di prima intenzione sul secondo palo. Woodcock fa la sponda per Barrett che eroicamente ha assecondato il cambio di fronte. Il tiro al volo seguente è una palla di cannone nel sette. ‘e due ne bastano Phil?’ gli risponde finalmente Birtles con il tono canzonatorio tipico dei giovani. Al ritorno nel tempio del calcio la difesa regge contro tutto e tutti. Il punteggio di 0-0 gli regala il passaggio del turno. Questa vittoria da nuovo coraggio e consapevolezza all’intera squadra che si convince definitivamente dei propri straordinari mezzi. Asfalteranno l’AEK Atene di Puskás e gli Svizzeri del Grasshoppers prima di giungere in semifinale. Ad attenderli c’è il Colonia campione di Germania. L’11 aprile va in scena su un campo divorato dal fango il primo capitolo della sfida. I Tedeschi vanno subito in vantaggio con un tiro deviato di Van Gool. Il 2 a 0 di Dieter Müller gela i cuori dei quasi 40000 inglesi assiepati sugli spalti. Ma poco dopo Birtles, diventato ormai titolare inamovibile, riporta in vita i suoi. Le occasioni da entrambe le parti non si contano più e alla fine la palla entra in rete con un tiro di Bowyer. I ragazzi di Clough, sospinti dal pareggio appena riacciuffato, continuano ad attaccare e trovano il vantaggio al 63º con un colpo di testa in tuffo di Robertson. I Tedeschi però non conoscono la parola resa ed il subentrato giapponese Okudera con un gran destro dal limite dell’area rinvia tutto alla prossima sfida, 3-3. Il ritorno al Margerdorfen Stadion è un assedio tedesco, ma come al solito la difesa eroica del Nottingham non cede. Al 65º c’è un calcio d’angolo per gli ospiti. Supertramp va come al solito alla battuta, la palla è corta, O’Neill la prolunga verso l’area piccola. Bowyer è lì e di testa, tutto solo, la mette in rete. 1-0. Il Colonia ci prova in tutti modi ma Shilton è in una di quelle giornate in cui non si passa. Finale. All’Olympiastadion di Monaco di Baviera va in scena un ultimo capitolo inedito tra due squadre che non hanno mai raggiunto una finale europea. I campioni di Svezia del Malmö, orfani di Bo Larsson, entrano in campo con il loro classico 442 con pressing alto. Bob Houghton ha rivoluzionato il gioco scandinavo portando in auge questo nuovo sistema, e, da inglese, sa bene come imbrigliare i Reds. La partita è difatti molto tattica e fisica, le occasioni sono poche ma Robertson sul finire del primo tempo affonda il colpo. Lo Scozzese si beve letteralmente due difensori, arriva sul fondo e mette una palla meravigliosa sul secondo palo. Francis, arrivato a gennaio alla cifra record di un milione di sterline meno una, deve solo appoggiare in porta. Nel secondo tempo Ljungberg e compagni non sono mai pericolosi, i Reds amministrano il vantaggio con grande personalità. Arriva l’agognato triplice fischio, Il Nottingham Forest alla prima presenza continentale si laurea campione d’Europa. Il miracolo è compiuto ma non è ancora la fine.
La leggenda
Il trionfo non frena lo spirito di conquista di Clough ed adepti. Nel mercato estivo la squadra muta ma gli obbiettivi e la fame rimangono gli stessi. Gemmill, indispettito per non essere stato schierato in finale di Coppa Campioni, sceglie di andare al Birmingham City. Il 36enne Frank Clark si ritira lasciando il posto al nuovo acquisto Gray. Infine Woodcock si accasa al Colonia, evidente sindrome di Stoccolma. Il campionato non ingrana, i ragazzi lottano come al solito ma incappano in qualche scivolone di troppo. Chiuderanno al 5º posto senza entusiasmare, accusando probabilmente il doppio impegno. C’è una Coppa dalle grandi orecchie da difendere e qui non si possono fare sconti. Si inizia subito bene regolando gli Svedesi dell’Öster e i Rumeni dell’Arges Pitesti. Nei quarti di finale affrontano la Dinamo Berlino. La prima partita al City Ground mostra sin da subito che sarà l’ennesima ardua impresa. I Tedeschi dell’Est vanno in vantaggio dando prova di grande capacità tecnica con due rapidi cambi di gioco. Le condizioni del terreno sono critiche, più che un rettangolo di gioco pare un campo di patate: zolle ovunque e pallone che schizza senza preavviso. Il Nott’m non reagisce, perde 1 a 0. Il ritorno oltre la cortina di ferro si preannuncia una vera e propria battaglia, ma i ragazzi di Clough difficilmente sbagliano due volte. Pungolati dalle temperature glaciali di Berlino est partono a razzo. Sono di nuovo i soliti brutti sporchi e cattivi senza alcun timor di Dio. Uno schema ben riuscito porta al goal Francis, che pochi minuti dopo raddoppia con una rete da attaccante vero. Si gira fulmineo tallonato dallo stopper avversario e spara una mina sotto la traversa. Supertramp guadagna un rigore sacrosanto ed immediatamente lo trasforma, 3 a 0. Nel secondo tempo ne concederà uno, ma l’esito sarà lo stesso: i Reds passano il turno. Le altre semifinaliste sono Real Madrid, Amburgo e Ajax. Saranno gli Olandesi di Beenhaaker i loro avversari. In Inghilterra i Lancieri provano ad imporre il loro gioco ma il Nott’m è disposto in campo egregiamente e pressa con continuità. La chiave della partita sembra essere negli uno contro uno in mezzo al campo. Le squadre si equivalgono, a cambiare l’inerzia dello scontro è un calcio d’angolo da sinistra che quasi si trasforma in un goal olimpico. La difesa olandese rinvia sulla linea ma la palla finisce nei piedi del solito Francis che segna agevolmente. Nel secondo tempo l’Ajax ci prova, ma non riesce a superare il muro rosso. Un’inutile uscita killer di Schrijvers sulla sinistra regalerà un rigore ai Reds. Supertramp spiazza il portiere aprendo il piatto, si va in Olanda con la sicurezza del 2-0 casalingo.
All’Olympish Stadion L’Ajax passa in vantaggio al 60º con un colpo di testa di Søren Lerby che con 10 reti vincerà la classifica marcatori della competizione. Gli Olandesi provano in ogni modo a segnare il secondo goal ma incappano nella solita rete inglese fatta di corsa e sostanza. Incredibilmente il Nottingham Forest è di nuovo in finale. Le sorprese però non finiscono qui: l’Amburgo ha avuto la meglio sul Real Madrid vincendo in casa addirittura 5-1. La prima grana per Clough è sicuramente l’assenza di Francis fermato da una tendinite. Sarà il veterano nordirlandese O’Neill a sostituirlo e non lo farà rimpiangere. Le due formazioni si affrontano allo Stadio Santiago Bernabeu difronte a 50000 spettatori. Clough imposta una partita di ripartenze con lanci lunghi a cercare Birtles. Al 20º Robertson si accentra, chiede ed ottiene un triangolo, cerca e trova lo spazio per il tiro. La palla si infila meravigliosamente alla sinistra del portiere. Il vagabondo con i superpoteri ha stupito ancora. Il resto della partita è un assedio biancoblu. L’Amburgo tira da qualsiasi posizione, sfiora il pareggio in più occasioni, ma Shilton è insuperabile. Brian Clough e Peter Thomas Taylor si abbracciano con estrema pacatezza, con quella calma ed aplomb solo britannici: il piccolo, grande Nottingham c’è riuscito di nuovo, è campione d’Europa per la seconda volta di fila.
L’epilogo
La storia del Nottingham come tutti i miracoli sportivi si rivelerà un unicum irripetibile. Da qui in poi la squadra tornerà lentamente alla sua dimensione provinciale, retrocedendo in seconda divisione al primo anno della neo nata Premier League. Clough rimarrà ai Reds fino a quel maledetto ’93, ritirandosi poi definitivamente dall’attività di allenatore.
In un calcio moderno in cui le idee e l’organizzazione di squadra lasciano sempre più spazio a fattori meramente economici è quanto mai necessario ricordare queste imprese. Tempi più puri nei quali era lecito sognare che una squadra, condannata da sempre alla mediocrità, potesse con coesione, cuore e coraggio, sfidare il Mondo e conquistarlo.