A Catania – durante la tre giorni “Gli italiani scelgono la libertà” organizzata dalla Lega – uno dei tavoli tematici era intitolato “Dall’egemonia culturale alla libertà della cultura”. L’argomento – diciamocelo – sa di déjà vu. Cose dette e ridette, da decenni e particolarmente da destra.
Questa volta però non ci si è limitati alle solite lamentazioni sul destino cinico e baro, che vede prevalere, malgrado gli insuccessi elettorali, l’egemonia culturale di sinistra, eredità della strategia gramsciana, sviluppata dal Pci, a partire dagli Anni Cinquanta. Ora, dal fronte leghista, si è finalmente cominciato a denunciare i ritardi strategici del centrodestra in materia di politiche culturali, invitando all’impegno operativo. Almeno da parte di quanti,a Catania, hanno animato il confronto, coordinato dalla giornalista Maria Giovanna Maglie: Claudio Borghi, deputato della Lega; Lucia Borgonzoni, senatrice della Lega e responsabile nazionale dipartimento Cultura del partito; Angelo Crespi, critico d’arte e scrittore; Alberto Samonà, assessore Beni Culturali e Identità Regione Siciliana; Vittorio Sgarbi, deputato AdC e critico d’arte; Nino Spirlì, assessore Cultura, vicepresidente Regione Calabria; Fulvia Toscano, direttore artistico NaxosLegge.
Da parte degli intervenuti, rappresentativi di varie realtà istituzionali e di governo, a livello regionale, l’invito – molto esplicito – è stato di “occupare militarmente” gli spazi culturali (Borghi), di essere più credibili degli altri quali interlocutori del mondo della cultura (Bergonzoni), di lavorare concretamente rivendicando una politica culturale fatta di verità, bellezza, identità (Crespi), di “costruire le condizioni” per essere pronti ad occuparsi “liberamente” del mondo della cultura a livello nazionale, partendo dalle quindici regioni attualmente governate dal centrodestra (Samonà), di sviluppare una difesa pratica e visibile, a livello territoriale, dell’arte, orgogliosi delle identità, locali e nazionale (Spirlì), di “occupare tutti gli spazi disponibili” smettendola con la cultura della subalternità verso sinistra (Toscano).
Si tratta di una buona base di partenza. Soprattutto in ragione del fatto che tutti coloro che hanno partecipato al dibattito di Catania hanno espresso la volontà di passare dalle parole ai fatti. Ed i fatti – come è stato sottolineato – significano utilizzare tutti gli strumenti operativi ed amministrativi dati per intervenire concretamente. In che modo?
Applicando un rigoroso spoil system che tagli le ali alle vecchie rendite di posizione. Non è ammissibile assistere alla fiera dei voltagabbana (di sinistra) pronti a salire sul carro del vincitore (di centrodestra) continuando però a perseguire le loro strategie culturali. Amministrando certamente con rigore, ma senza perdere di vista le sfide “di valore”, che devono essere alla base di qualsiasi politica, anche amministrativa (il senso del bello contro l’esaltazione del brutto – evocato da Crespi; i valori spirituali, il Sacro, la verità storica).
Rivendicando le identità, costruendo una strategia d’intervento culturale in grado di rappresentare il senso dell’appartenenza, dei valori, delle bellezze che “fanno” le comunità.
Imparando a “fare sistema”, nella misura in cui governare tante regioni e città crea le condizioni per scalzare le vecchie rendite di posizione (culturalmente di sinistra), attraverso lo scambio sui territori di esperienze, iniziative, mostre, spettacoli teatrali.
Utilizzando tutti gli strumenti comunicativi dati in modo coordinato, per realizzare un vero e proprio “circuito” dell’informazione, a livello nazionale, in grado di “veicolare” quanto si realizza localmente.
Quello della Lega è un invito da accettare anche in vista di una strategia di più ampio respiro. Per tutto un centrodestra che cerca più organici collegamenti programmatici la cultura è un settore strategico, che, proprio a partire dalle amministrazioni non governate dalla sinistra, può essere di esempio. Per rompere vecchie egemonie e costruire solide basi all’alleanza politica. Di colossi elettorali dai piedi d’argilla, negli ultimi venticinque anni, sul versante del centrodestra ne abbiamo visti troppi.
Caro Mario, sono perfettamente d’accordo. L’importante è passare dalle parole ai fatti, seguendo il motto dei francesi dopo la perdita dell’Alsazia e della Lorena in seguito alla disfatta di Sedan: pensarci sempre, non parlarne mai. Invece a destra si sparano sempre bordate contro l’egemonia culturale della sinistra, ma poi, se c’è da fare una nomina, da comprare dei libri o fare degli abbonamenti per le biblioteche, da promuovere spettacoli, si finisce per dimenticarsi degli intellettuali d’area. Ne sappiamo tutti qualcosa. C’è da meravigliarsi se poi ci sono pochi scrittori, professori, artisti, registi, attori disposti a “sputtanarsi”?