Apre il 16 settembre la monumentale mostra dedicata ad Alberto Sordi, in occasione del centenario della sua nascita. Teatro di questa rassegna la sua leggendaria villa, immersa nel verde di Caracalla, progettata negli Anni Trenta dall’architetto Clemente Busiri Vici
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Oltre che giornalista di politica internazionale, Maurizio Cabona è critico e storico cinematografico. Da bambino ha visto in bianco e nero i primi film con Alberto Sordi, poi, da adulto e da critico, ha dovuto occuparsi degli ultimi film con Sordi diretti da Sordi, a cominciare da Fumo di Londra.
Signor Cabona, nel centenario dalla nascita, si ufficializza il culto di Sordi con una mostra nella sua villa. Fu vera gloria?
“Sì. Quanto alla mostra e al culto della personalità che vi è connesso, sono iniziative da Pro Loco. Pare che lo spettacolo debba proseguire anche in assenza del protagonista, come investimento turistico”.
Non tutti, nemmeno a Roma, si identificano in Sordi…
“No. In Ecce Bombo (1978), il personaggio di Michele Apicella, alter ego di Nanni Moretti, sbraita col barista, concorde con un avventore che ha detto: ‘Di destra… di sinistra… son tutti uguali!’. La replica è un urlo: ‘Vi meritate Alberto Sordi’”.
Segno di un cambio di generazione?
“Sì. Ma tre anni dopo, con Mario Monicelli, Sordi è protagonista de Il marchese del Grillo. Giocando a carte all’osteria nella Roma napoleonica, il marchese scopre due bari. Li denuncia, ma il gendarme arresta lui. Un commissario riconosce il marchese, si scusa e arresta bari e gendarme. Commento del marchese: ‘Io so’ io e voi non siete un ca…’. Così, nella trasparenza dell’allusione,Sordi regola il conto con Moretti”.
E’ un confronto solo di persone o è anche politico?
“Buona la seconda. Sebbene giovanissimo sia stato ricevuto a palazzo Venezia da Mussolini, per Sordi la politica per lui è soprattutto uno spunto comico. Per Moretti è una matrice”.
Quando i film con o di Sordi sono politici?
“Saltuariamente, ma costantemente. Lo sono L’arte di arrangiarsi, Il moralista, Il vigile, La Grande Guerra, Una vita difficile, Mafioso, Riusciranno i nostri eroi…, Contestazione generale, Dove vai in vacanza?, Finché c’è guerra c’è speranza, Tutti dentro, Assolto per aver commesso il fatto (si noti l’assenza del ‘non’)”.
A tanti Sordi pare impolitico.
“Lo è, ma non è impolitica l’Italia. E lui, che tra gli italiani ha il suo quasi unico pubblico, si adegua”.
Sordi ha un personaggio ricorrente, al di là dei camuffamenti. Ha fornito un esempio o un anti-esempio, come pensa Moretti?
“Educare gli italiani con i film a Sordi non interessa, ma sa – già prima del ‘68 – che ci sono degli utopisti, come i critici di sinistra, che patiscono la realtà nazionale e che vorrebbero un’’Italia migliore’”.
Quindi…
“Concede loro qualche scena nella quale non crede, come lafucilazione finale del suo personaggio di vile ne La Grande Guerra di Monicelli. Ma, senza quell’episodio drammatico il film, sostanzialmente comico, non avrebbe vinto il Leone d’oro aVenezia nel 1959”.
Sordi è dunque un pratico, non un teorico.
“E’ nel rispetto di certi equilibri politici che quarantaquattro film – dei centrotrenta di e con Sordi – derivano da soggetti e sceneggiature di Rodolfo Sonego, comunista”.
Sonego fa riscuotere a Sordi che altrimenti non avrebbe?
“Sì. E ciò sebbene Giulio Andreotti fosse amico di Sordi, al punto da interpretare se stesso nel suo Il tassinaro. Comunque, se Sonego propone, Sordi dispone”.
Autore impegnato e attore disimpegnato si integrano, intercettando ora questa, ora quella parte del pubblico. Ma Sordi si fa anche regista…
“Sordi è stato amico di Federico Fellini, ma con Lo sceicco bianco e I vitelloni, film di magri incassi, ha rischiato di porre presto fine alla carriera. A trarlo dal limbo sono Vittorio De Sica, finanziando Mamma mia che impressione! di Roberto Savarese, e soprattutto Steno con l’episodio del bagno nella marana, in Un giorno in pretura. Un americano a Roma, sempre di Steno e sempre sullo stesso personaggio di Un giorno in pretura, fa il resto. E’ nato un divo. Resta la voglia latente di Sordi di superare Fellini. Senza riuscirci”.
Quasi sono i film con o di Sordi che restano?
“Dopo quelli con Fellini e Steno, i film di Sordi che restano sono quelli con Monicelli (Un eroe dei nostri tempi, La Grande Guerra, Un borghese piccolo piccolo), Dino Risi (Il segno di Venere, Il vedovo, Una vita difficile), Luigi Comencini (Tutti a casa), Alberto Lattuada (Mafioso), Gianluigi Polidoro (Il diavolo),Luigi Zampa (Il medico della mutua)”.
Tutto liscio per Sordi?
“Rivalità di set con altri attori ci sono ovviamente state in una carriera densa e lunga”.
Un esempio?
“Venti minuti de Il diavolo, dove appare Britt Eklund (poi Ekland), sono tagliati in montaggio, perché lei, a parere di Sordi, lo mette in ombre. La Eklund non l’ha dimenticato”.
Altri esempi?
“Gli attori stranieri sono disorientati quando Sordi cambia le battute. Capita con David Niven in I due nemici di Guy Hamilton;capita ancora con Bette Davis e Joseph Cotten ne Lo scopone scientifico di Comencini. Un inglese quasi romano (sua madre è una Carandini), Christopher Lee patisce, durante le riprese dell’Avaro di Tonino Cervi, l’insofferenza di Sordi quando non è davanti alla macchina da presa”.
Coi produttori e gli sceneggiatori Sordi ha più rispetto?
“Tra i produttori, Sordi è vicino a Dino De Laurentiis e lontano da Angelo Rizzoli. Tra gli sceneggiatori, è Sonego che ha da Sordi il meglio e il peggio. A incrinare la collaborazione, cominciata nel 1953 per Il seduttore di Franco Rossi, è il rifiuto di Sordi di un soggetto che, quindi, De Laurentiis cede a Mario Cecchi Gori. Da quel soggetto deriverà la sceneggiatura, firmata da Dino Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccari, de Il sorpasso. Il ruolo ideato per Sordi è andato però a Vittorio Gassman. “Mi hai rubato il personaggio” – gli rinfaccia Sordi. E non parlerà più”.
Il declino di Sordi, nella villa romana ora museo, è amaro.
“Lo è come quello di chi ha avuto una vita non tanto difficile. In vecchiaia Sordi ha rivisto in privato, in quella villa, tutti i suoi film, ricordando e ripetendo durante le proiezioni perfino le battute altrui. Ma, nella malattia, a farlo sorridere era: “Ma io so’ io e voi non siete un ca…”.
Bell’articolo. Impareggiabile interprete e divulgatore di virtù (poche) e di vizi italici, soprattutto romani (tanti). Il Sordi regista è un fallimento; grande attore quando diretto dai migliori registi della Commedia all’Italiana (cosiddetta). Il lato negativo è che lo stereotipo italiota negativo portato sugli schermi da Sordi (anche se non l’unico) ha spesso finito per diventare all’estero il ritratto riduttivo, ma generalizzato, dell’italiano… addirittura più infamante della saga dei Corleone del Padrino (comunque dignitosi, anche se criminali) o dei Soprano…
Diceva Luigi XIV del suo parente, Duca di Savoia e I re di Sardegna, Vittorio Amedeo II (tra l’altro antenato dell’attuale Re di Spagna): «i Savoia non terminano mai una guerra sotto la stessa bandiera con cui l’hanno iniziata». Conosciamo i seguiti della tradizione… nella quale in fondo entra pure, a modo suo, Alberto Sordi. I Savoia all’epoca non contraevano mai matrimonio con principesse italiane, considerandole di rango inferiore al proprio, eppure essi erano diventati italianissimi…