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Willy/3 (di G. Del Ninno). L’odio si nutre di ignoranza e malafede

Sentimenti violenti e rancorosi hanno animato la sinistra contro Almirante, Berlusconi e Salvini

by Giuseppe Del Ninno
11 Settembre 2020
in Cronache
0
Giustizia per Willy

Si può misurare l’odio? Certo che si può, e in particolare lo si può fare dalle conseguenze che provoca. L’11 settembre segna, ad esempio, uno dei massimi risultati in questa terribile scala di disvalori, e non solo per le conseguenze materiali e immediate di quell’odio. Quel feroce episodio ha un “prima” è un “dopo”, che ancora dura, sia pure in forme attenuate. E’ un po’ come il Covid, che continua a mietere morti, ma in misura minore, rispetto all’apogeo della pandemia: anche l’odio contro l’Occidente dei “Crociati” e la sua “matrice giudaica” produce ancora qualche accoltellamento qua e là, ma sembrano passate – per ora! – le stragi delle Twins e della stazione di Atocha, della metro di Londra e del Bataclan e, guarda caso, in concomitanza con la sconfitta militare dell’Isis. Insomma, il virus del terrorismo islamista appare meno virulento e sotto controllo, almeno nella nostra area geo-culturale.

Odio contro Berlusconi

L’odio però continua a circolare da noi e dalle cronache si trasmette per osmosi alla politica, con frequenti irruzioni nei media, per lo più col pretesto del “dovere di cronaca”. Per decenni, la manifestazione più evidente nel Bel Paese fu l’antiberlusconismo, e divenne fenomeno di massa. Chiariamo: l’odio è, purtroppo, fra gli elementi costitutivi della specie umana e della sua storia, anche se spesso si ammanta di ragioni ideali e  addirittura pseudosacrali, come, ad esempio, nel regicidio. In quei casi si colpisce il simbolo, s’individua il capro espiatorio, si attribuiscono all’oggetto di quell’impietoso astio responsabilità indipendenti dalle sue reali intenzioni. Fu il caso di regicidi come quello di Luigi XVI o di Umberto I.

Rancore

Ma qui stiamo parlando dell’odio che, nel passare da “potenza” in “atto”, diventa violenza; quando invece resta in circolo nelle vene del singolo o della società, diventa rancore e si fa più sottile il nesso causa-effetto fra quel sentimento e i comportamenti che ne derivano. Quando poi un simile modo di sentire – e di giudicare! – si diffonde nella società, si verifica un fenomeno complesso, qual è l’attribuzione a questo o quel gruppo, a questa o quella cultura, del Monopolio dell’odio, e si mette in moto quel meccanismo della psicologia di massa indagato specialmente da studiosi come Rene’ Girard e che riproduce le dinamiche del capro espiatorio. Berlusconi ne è stato l’esempio macroscopico negli anni passati, ma ne abbiamo registrato una recrudescenza in occasione del suo recente contagio, perfino ad opera non già del “popolaccio”, ma di personalità che dovrebbero essere esenti dagli eccessi di odiosa avversione verso un avversario politico.

Il corpo del Re

Del resto, il corpo del Re ha sempre rappresentato una tentazione di pseudo rivalsa per questo o quel terminale dell’odio: basti ricordare le uccisioni di Enrico IV a Parigi nel ‘600 e dello zar Alessandro II a San Pietroburgo nell’800, ma il fenomeno si è ripetuto anche in regimi repubblicani e democratici, come ci ricordano i casi dei presidenti americani Lincoln e Kennedy.

Il caso Salvini

A Berlusconi andò meglio, quando un esaltato, spinto dall’odio di massa – anche mediatico – lo colpì con una statuetta: ci rimise solo qualche dente. Anche a Salvini è andata bene, nella recente aggressione in Toscana ad opera di un’immigrata, ma nei suoi confronti si è manifestata, in quella terra, la stessa intolleranza di cui fu oggetto Almirante decenni orsono: a entrambi è stato – fu – opposto il rifiuto a servirli in un ristorante, per la loro veste di esponenti di un’idea politica odiosa e di capi di “non-umani”.

 

Il bello è che proprio le vittime di questo clima di odio vennero – vengono – additate come responsabili di quel clima. E poco conta che riesce difficile rintracciare in pubbliche dichiarazioni di quei soggetti incitazioni all’odio dell’avversario politico: prevale nei media, pubblici e privati, la “narrazione” che all’origine di quel sentimento, di quel clima vede il fascismo e i suoi (presunti e pretesi) epigoni. Perfino il gesto di uno o più  squilibrati, perfino quando non c’è alcun aggancio con formazioni politiche “di destra” , viene riferito ai capi dell’attuale opposizione.

 

Il discorso sulla cultura che fu alla base del Fascismo, sulla varietà di quegli orientamenti e sulla qualità dei suoi numerosi esponenti, sarebbe lungo; qui basterebbe ricordare, fra i suoi antecedenti, quella Carta del Carnaro, di cui in pochi hanno celebrato il centenario giorni fa, e che fu simbolo di un’apertura di orizzonti di cui avremmo tanto bisogno oggi. Perfino il preteso culto del corpo è stato frainteso, in un misto d’ignoranza e malafede, nel tentativo di bollare politicamente un recente, odioso episodio di cronaca nera: vorrei proprio capire come si fa a confondere il principio dell’antica Roma “mens sana in corpore sano” o quello più recente che si trova nelle pagine di Mishima con la moda dei palestrati, dei depilati e dei tatuati dei nostri sciagurati giorni.

Ma tant’è: chi possiede il passato possiede il futuro, si diceva; ora bisogna aggiungere: chi padroneggia i media, padroneggia le coscienze e le intelligenze.

@barbadilloit

Giuseppe Del Ninno

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Tags: almiranteBarbadilloBerlusconigiuseppe del ninnosalviniwilly

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